Genova, l'omicida ha litigato con il vicino, poi è salito in casa a prendere l'arma Accoltellato dopo la rissa per un pannolino

Genova, l'omicida ha litigato con il vicino, poi è salito in casa a prendere l'arma Genova, l'omicida ha litigato con il vicino, poi è salito in casa a prendere l'arma Accoltellato dopo la rissa per un pannolino «Mi sporcava la biancheria» GENOVA. La violenza da condominio, quella che esplode nelle afose sere d'estate per una televisione a volume troppo alto, per le incomprensioni e i «razzismi» che si accumulano nella convivenza porta a porta, ha ucciso ancora una volta in un quartiere popolare di Genova, al Lagaccio. Un operaio di 43 anni, Antonio Carchidi, è stato accoltellato nella notte fra sabato e domenica scorsi da un vicino di casa, Fulvio Dusmanovich, 28 anni, un giovane con piccoli precedenti penali. Forse la lite è scoppiata per un pannolino che sarebbe caduto dall'appartamento dell'omicida ed è andato a sporcare la biancheria che la moglie di Carchidi aveva appena steso. Sono state 15 le coltellate che hanno ferito mortalmente l'operaio. La furia di Dusmanovich si è placata soltanto quando ha visto cadere a terra il suo antagonista. Un fendente gli aveva squarciato l'addome. Carchidi ha avuto ancora la forza di gridare: «Aiuto, mi stanno ammazzando». Poi, è svenuto mentre l'omicida si rifugiava nel proprio appartamento. Lì ha atteso la polizia e quando gli agenti sono arrivati, chiamati dagli altri condomini, è rimasto tranquillo. Si è fatto ammanettare e portare in questura. Ora è accusato di omicidio volontario. L'operaio ferito non è riuscito a superare la notte. E' deceduto ieri mattina. Lascia la moglie e una figlia di 18 anni. Dusmanovich ha un passato turbolento alle spalle. Il giovane, quattro anni fa, era finito un'altra volta nei guai con la legge per aver picchiato a sangue la convivente. Adesso dice: «Non volevo ammazzarlo. Mi sono dovuto difendere». Mentre è seduto su una panca della questura, in attesa di essere interrogato dal magistrato, gira lo sguardo attorno. E' smarrito. Non riesce ancora a comprendere del tutto il dramma che si è abbattuto su di lui, le conseguenze che dovrà sopportare, la morte assurda del suo vicino di casa. Alza gli occhi verso un agente e gli dice: «Lui era grande e grosso. Come facevo? Come potevo fare?». La lite è deflagrata perché già in passato fra i due erano sorti forti contrasti. Sempre per banali questioni di vicinato. Carchidi e Dusmanovich, poco a poco, hanno cominciato a non sopportarsi più, quasi a odiarsi in un crescendo di aggressività che è sfociato nelle coltellate. L'operaio abitava al terzo piano di via Adamo Centurione, al numero 27. Sopra di lui è la famiglia di Dusmanovich. I due si sono incontrati poco prima delle 21 nelle scale di fronte all'appartamento di Carchidi al terzo piano, dove in un altro piccolo appartamento vivono il fratello e la cognata dell'operaio. Appena Anto¬ nio e Fulvio si trovano faccia a faccia il diverbio ha inizio con estrema virulenza. Tutto a causa di quel maledetto pannolino che poche ore prima aveva sporcato la biancheria fresca di bucato. Forse, se fra l'operaio e il suo antagonista, in altre occasioni, non ci fossero già state delle discussioni anche violente la lite sarebbe finita lì. Magari con un insulto pesante, ma senza il coltello che poi Dusmanovich è corso a prendere, sopraffatto dalla forza dell'altro. Invece il litigio è degenerato nell'assassinio. Dusmanovich ha raccontato agli agenti che, a un certo punto, avrebbe visto anche il fratello di Carchidi avvicinarsi a lui. Allora quasi impazzito dalla paura si è divincolato, è riuscito a fuggire nel proprio appartamento. E in quei pochi secondi deve essere maturata in lui la decisione di prendere il coltello e di ritornare per «vendicarsi» dei pugni e delle botte subite. Giunto nella sua abitazione il giovane quasi ha travolto la culla dove stava dormendo un bimbo di pochi mesi, affidato alla sua convivente che di tanto in tanto fa la baby sitter. Dusmanovich in cucina ha trovato un grosso coltello, con quello è ridisceso al terzo piano, folle di rabbia. Un unico pensiero deve averlo spinto a scagliarsi contro l'antagonista: l'operaio non poteva cavarsela così a buon mercato dopo che lo aveva umiliato picchiandolo. Dusmanovich è ormai fuori di sé. A questo punto nessuno può avere la forza di fermarlo. La sua è un'ira repressa decine di volte che quando sale alla superficie cuventa incontenibile. Il coltello affonda una prima volta nel braccio di Carchidi che cerca di difendersi. La lama penetra più volte nella schiena dell'operaio mentre tenta un'inutile via di scampo. Poi, ancora alle braccia, al torace e infine, l'ultimo fendente gli squarcia l'addome e l'uomo grande e grosso cade a terra comprimendosi la vasta ferita. Ora il ballatoio e la scala del terzo piano sono sporche di sangue. Una scia rossa che diventa una visione terrificante sui gradini di marmo bianco. E' il sangue di un uomo che di lì a poco morirà per una stupida lite di condominio. I vicini di casa, dopo che Dusmanovich è corso a rifugiarsi nel proprio appartamento, hanno chiamato un'ambulanza e la questura. I volontari del Soccorso hanno trasportato l'operaio ferito all'ospedale Galliera. Le sue condizioni sono apparse subito gravissime. La lama del coltello aveva provocato danni irreversibili al fegato e agli intestini. L'uomo è entrato in coma. All'alba la morte. Una vita umana falciata dalla furia incomprimibile di un «vicino di casa». Attilio Lugli L'assassino è stato subito arrestato «Lui era grande e grosso. Come potevo fare? Ho dovuto difendermi da calci e pugni» Antonio Carchidi, 43 anni, è stato ucciso con 15 coltellate L'assassino Fulvio Dusmanovich, 28 anni

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