Genova, lei è bianca, lui marocchino, costretti a vedersi solo di nascosto L'amore proibito tra i carrugi di Pierangelo Sapegno

Genova, lei è bianca, lui marocchino, costretti a vedersi solo di nascosto Genova, lei è bianca, lui marocchino, costretti a vedersi solo di nascosto l'amore proibito tra i (arrogi Abdel e Cristina isolati dagli amici SENTIMENTI VITTIME DEL RAZZISMO GENOVA _ DAL NOSTRO INVIATO Il segreto di Hamissaoui Abdel Malek ò così banale che non lo conosce nessuno in tutta Genova. All'inizio sembrava una favola. Ma le favole a Settat o a Casablanca si raccontano nelle piazze e nei bar. Il segreto di Abdel invece non si può raccontare neppure agli amici di vicolo dei Macelli di Soziglia o a quelli della piazzetta del Ferro, a Hadj o a Mohamed che vivono con lui da cinque anni. «Non mi capirebbero, sembrerei un debole», dice. Hamissaoui ama una donna che non può amare, ai tempi del razzismo, della violenza nel centro storico, della guerra fra bianchi e neri. Cristina ha la pelle bianca c i capelli biondi. Anche Aicha aveva i capelli biondi, ma faceva la hostess e aveva lasciato Casablanca per andare a vivere a Parigi. Cristina però ha gli occhi grigi come la strada e occhi così in Marocco non ci sono. Pure lei è costretta a nascondere il suo amore, un po' per pudore e un po' per paura, perché ci sono dei giorni in cui le passioni possono diventare peggio di un peccato, una regola diversa che può far male a tutti, non solo a se stessi. Tutt'e due vivono a pochi passi l'una dall'altra, in case dove se allunghi la mano dalla finestra sfiori il davanzale di fronte, tanto stretti sono i vicoli che le separano. In una via tranquilla come una strada di provincia, con il sole da un lato e l'ombra dall'altro, due cani che si annusano nel silenzio del pomeriggio, una massaia che canta dietro la finestra aperta e tre suore che salgono con le ampie sottane e le ali del copricapo che fremono come uccelli. Cristina e Abdel si incontrano tutte le mattine in questa via, sotto gli spicchi di cielo fra i tetti delle case, e si salutano quasi di nascosto. Se non c'è nessuno che vede, lui le regala un fiore, uno di quelli che va a vendere a Voltri, ma glielo porge ridendo, come se scherzasse. Così nessuno parlerà male. Lui le portò un tappeto, un giorno, che le vendette per due- centomila lire dopo averci scherzato insieme una mattina. Aveva ghirigori e disegni su uno sfondo celeste e lei lo srotolò nel corridoio girandoci attorno per ammirarlo. Forse non fece un affare, ma da quella volta Cristina gli sorrise sempre mentre lo incontrava che andava a Voltri per vendere i fiori, vestito con i suoi calzoni stropicciati da sembrare troppo larghi, la maglietta bianca e blu e quei sandali che porta ancora adesso mentre mi parla. Sono gli stessi sandali che aveva la prima volta che sbarcò a Genova, nel 1985. In otto anni, Abdel ha imparato a dire belin, ha imparato che il maestrale dura tre giorni e che «a Genova tutto succede dietro le persiane». Poi ha imparato ad amare questo angolo della città, con i vicoli che salgono e scendono in faccia al mare, stretti fra due ali di case antiche. Magari, ci sarà qualcosa di Settat, fra queste mura, o magari Settat è appena una croce sulla mappa, una radura di capanne circondate dalla sabbia. E chissà perché Abdel porta i sandali nei piedi scalzi anche quand'è gennaio e va fino a Voltri. Glieli ha regalati sua sorella, Malika, che è più vecchia di lui di due anni. Ha quattro sorelle più grandi in casa e suo padre avrebbe continuato a far figli sino alla fine dei suoi giorni se non arrivava un maschio, «perché un padre che non fa maschi ha sprecato la sua vita». Qui, se dici una cosa così ti prendono tutti in giro, sei un «abelinato», sta zitto cammello, «ma un po' lo pensano anche loro». In fondo, dice Abdel, tutto il mondo è paese. Che importa se non è vero. Dev'essere anche questo un modo per convincersi che è così. In realtà, vivere può essere difficile dovunque. I primi anni che era a Genova, il padrone di casa passava tutte le mattine, in via Macelli di Soziglia, contava la gente che c'era, chiedeva diecimila lire a testa e tutte le volte che qualcuno faceva per chiacchierare, lui troncava subito: «Svelti, ho da lavorare». Uno così pagava trecentomila lire al mese, ma lui ne incassava un bel po' di più. Loro, però, Abdel e i suoi amici, si sentivano meglio se erano in tanti. Così, la nostalgia è meno forte e la paura si vince. Poi, molti hanno preso la loro strada. Adesso stanno in cinque e per mangiare posano un'asse di legno su quattro sedie nella camera di Ahmed. E anche al bar, non ci è quasi mai andato da solo. Lo prendevano in giro per i sandali e lui non capiva. Ma la padrona era simpatica e gentile, e loro si sono abituati a chiamarla «mamma». Ogni tanto, gli offrono pure il caffè e allora lui passa fra i tavolini a pulire i portacenere con un piccolo straccio. Bisogna sempre rispettare chi è più forte di te. «Da noi si dice che se non puoi tagliare la mano del nemico devi imparare a baciarla». Ma se Allah vuole, la mamma del caffè non è un nemico. Anzi. «In quel bar si sta bene, ti chiedono del Marocco e poi stai a sentire le loro storie». E le storie sono come le favole, danno piacere, fanno sognare. Lui ne ha imparate tante. Quando non conosceva ancora Cristina, qualche volta Abdel andava a puttane. Una è quella lì seduta sulla cassetta della frutta vuota, con gli stivali di gomma nera anche se a luglio nei vicoli fa un caldo che ti soffoca. Avrà più di 50 anni. Era una bella donna e lo è ancora nonostante l'età l'abbia sfiorita. Quand'era giovanissima, degli studenti goliardi le portarono per scherzo una scatola di cioccolatini lassativi. Lei li lasciò al suo bambino che se li mangiò tutti e poco dopo morì. E' rimasta un po' svanita da allora, con quegli occhi sempre persi nel vuoto. «Io andavo da lei e ci facevamo un piacere in due». Ad Abdel questa storia l'hanno raccontata al bar Corona di Ferro nel vicolo Inferiore del Ferro, e lui giura che è vera. Devono essere tutte vere le storie che raccontano. Solo la sua non può raccontarla a nessuno. Una volta, ridendo, gli dissero di Perla, una prostituta che batte qui vicino, e che tiranneggia un vecchio signore che s'è innamorato di lei. «Anch'io l'ho vista, un giorno, ed è tutto vero. C'è un tipo che arriva con un cappello in testa, e che se lo leva e fa buongiorno signora. Poi si siede sul gradino e la sta a guardare per oro intere». Una volta al mese, Perla gli si concede e gli prende tutta la pensione. Poi gli dice ridendo, «che cosa stai a far lì? Vai a casa». Ma lui le sorride e resta sul gradino e se ne va via solo quando lei finisce, togliendosi di nuovo il cappello, accennando l'ossequio: «Buongiorno signora». In fondo, tutte le storie qui sono come delle leggende. Anche quella di Giovanni Battista Parodi detto Giamba, il miliardario dell'acqua, che tutte le sere rincasava in via Garibaldi con la sua Cinquecento blu, dopo aver fatto il giro degli uffici per controllare che avessero spento le luci. Che cosa c'è di più genovese? 0 come quella del vecchio portuale che continua a vendere le stecche di sigarette di contrabbando, mentre tutt'attorno i marocchini e i tunisini spacciano la droga. Quel portuale è diventato un simbolo per tutti quelli che rimpiangono la vecchia Genova, prima dell'invasione nel centro storico. Forse, anche la storia di Abdel e Cristina diventerà una leggenda. Quando tutto sarà finito, e magari lui sarà tornato a Settat dalle quattro sorelle, con un paio di mocassini nuovi e i calzoni con la piega perfetta. Adesso sono cinque giorni che non si vedono, neanche nel vicolo, al mattino, per salutarsi come due amici. Se Allah lo vuole. Ma quel giorno, quel giorno se lo ricorda, quando lei guardò l'orologio e pensò che era ora di tornare indietro. E domani? «Ci vediamo, se non scoppia il finimondo», disse lei. A Genova è scoppiato il finimondo, bianchi contro neri. E questa sera lui ha regalato l'ultimo fiore all'autista del bus che ha fatto scattare la portiera ammiccando: «Hai visto che ti aspetto sempre? E poi dicono che siamo razzisti». Andiamo.. Mamma a quest'ora ha già chiuso il bar. Pierangelo Sapegno «Dopo gli scontri delle scorse notti la nostra paura è aumentata» Vecchie case del centro storico. A fianco, alcuni dei poliziotti intervenuti nella rivolta dei giorni scorsi

Persone citate: Abdel Malek, Aicha, Giovanni Battista, Malika

Luoghi citati: Genova, Marocco, Parigi