E l'eroe del Golfo rischiò di essere licenziato di Paolo Passarini

Biografia controcorrente di Schwarzkopf: collerico e vanesio USA Secondo il libro, «il segretario per la Difesa voleva sostituirlo, alla fine gli affiancò un altro generale» E l'eroe del Golfo rischiò di essere licenziato Biografia controcorrente di Schwarzkopf: collerico e vanesio WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Cantami, o diva, l'ira funesta di Norman Schwarzkopf...». Un'aggiornata ricostruzione dei retroscena della Guerra del Golfo, di prossima pubblicazione, dipinge il corpulento eroe del «Desert Storm» come un personaggio atrabiliare, dominato da vulcanici e incontrollabili scoppi di rabbia, tanto da gettare il suo stesso comando in uno stato di disperazione e da spingere l'allora segretario per la Difesa, Dick Cheney, a valutare l'ipotesi di una sua sostituzione. Cheney, comunque, decise di affiancare a «Stormin' Norman» un altro generale a tre stelle, che fungesse da cuscinetto tra il comandante in capo e il suo comando e così Schwarzkopf ebbe nella direzione della guerra un ruolo molto minore di quanto finora si pensasse. Il libro, intitolato «Crusade: the untold story of the Persian Gulf war» (Crociata: la storia mai raccontata della guerra nel Golfo Persico), è stato scritto da Rick Atkinson, giornalista del «Washington Post» già vincitore di un premio Pulitzer. Atkinson ha intervistato più volte tutti i principali protagonisti americani della guerra, a cominciare dallo stesso Schwarzkopf e con la sola esclusione dell'allora presidente George Bush, notoriamente molto riservato. Il ritratto del generalone che emerge dal libro è quello di un uomo che, a dispetto del soprannome di «Teddy Bear», orsacchiotto di peluche, terrorizzava tutti i suoi sottoposti. Infatti minacciò di degradare o deferire alla Corte Marziale, in rapida successione, il comandante dell'Esercito, quello della Marina, quello dell'Aviazione, il responsabile per l'individuazione degli obiettivi dei bombardamenti aerei e i comandanti dei reparti dell'esercito dislocati nel deserto. Al suo dispotismo, si accompagnava una discutibile propensione per la pompa e la pretesa di essere servito come un principe. Cheney, durante un volo da Washington al Golfo, rimase di stucco osservando che un colonnello era incaricato di fare la fila per la toilette per conto di Schwarzkopf, mentre un altro, in ginocchio, gli stirava a richiesta i pantaloni con le mani. Non che tutte le esplosioni di rabbia di «Stormin' Norman» fossero peraltro ingiustificate. Il vice ammiraglio Stanley Ar¬ thur, per esempio, venne minacciato di deferimento alla Corte Marziale dopo che, per errore, fece affondare una petroliera irachena (bersaglio proibito), dando luogo alla famosa dispersione di greggio che inquinò a lungo le acque del Golfo. D'altra parte, Atkinson dà atto a Schwarzkopf di non aver compiuto errori nella conduzione generale della guerra, oltre che di essere stato abilmen- te capace di controllare il suo mercuriale carattere nel sottile lavoro diplomatico che dovette compiere per tenere assieme la forza multinazionale. Carattere a parte, Schwarzkopf non esce male dal libro. Certo anche il generalone mentì alla stampa, quando, dopo aver annunciato la distruzione di sette rampe di lancio mobili per Scud iracheni, non si corresse, nonostante la Cia l'avesse informato quasi subito che non si era trattato di rampe ma di cisterne per il petrolio. Nel libro sono contenute altre rivelazioni. Il bombardamento del bunker di Amiriyah a Baghdad, che costò la vita a 204 civili, venne effettuato dietro segnalazioni di una spia irachena. In quel caso le bombe andarono a segno, ma, nei primi cinque giorni della guerra, ben 76 delle 167 bombe laser teleguidate lanciate dagli F-117A mancarono l'obiettivo per guasti o errori umani. Paolo Passarini Il generale Norman Schwarzkopf comandante delle truppe alleate nella guerra del Golfo

Luoghi citati: Baghdad, Washington