A tarda sera è stato scarcerato Pino Berlini, tesoriere in Svizzera della famiglia Ferruzzi Altri 20 agenti per proteggere Garofano di Ugo Bertone

A tarda sera è stato scarcerato Pino Berlini, tesoriere in Svizzera della famiglia Ferruzzi A tarda sera è stato scarcerato Pino Berlini, tesoriere in Svizzera della famiglia Ferruzzi Altri 20 agenti per proteggere Garofano L'ex presidente Montedison interrogato per dieci ore MILANO. «Vogliono fare in fretta». Francesco Arata, avvocato di Carlo Sama, sintetizza così il senso di questa giornata interminabile. La prima, probabilmente, dedicata al capitolo Enimont. L'ultima, probabilmente, dedicata al mistero dei buchi di bilancio. Meno, comunque, dei mille miliardi ripresi dai quotidiani («voci senza fondamento» commenta secco l'avvocato Luca Mucci, legale di Garofano). Alla fine, pochi minuti prima delle dieci di sera, esce da Opera Pino Berlini, la mente svizzera della famiglia Ferruzzi. Il suo avvocato lo scorta in Mercedes fuori dal carcere di massima sicurezza. Probabilmente agli arresti domiciliari. Per gli altri la partita continua. Tutti sotto pressione. Ad oltranza. Verifiche interrogatori incrociati, conferme sulle piste che portano all'estero e rinviano, come un boomerang, ad interessi italiani. E la partita di Enimont, probabilmente, è ancora solo sullo sfondo. Tacciono, per ora, i giocatori: gli avvocati e anche i magistrati che lasciano il carcere ben dopo le otto di sera. Giuseppe Garofano, per la quinta volta in dieci giorni, ha affrontato il fuoco di fila dei magistrati: Antonio Di Pietro, Francesco Greco, Gherardo Colombo. Più di dieci ore di interrogatorio, una sola pausa per consumare un panino. Non è ancora scattata, per lui, l'ora dell'uscita dal carcere. E, pochi metri più in là, nel pomeriggio ò toccato a Carlo Sama. Per lui è stata la prima volta anche se, qualche mese fa, lui era già stato sentito da Di Pietro. Ma allora lui era un potente a piede libero... Sergio Cusani, infine. L'esecutore delle trame di Foro Buonaparte, soprattutto ai tempi di Gardini, è stato invece trasferito a San Vittore, in mezzo ad altri detenuti. Almeno lui, per ora, è fuori dal giro delle verifiche. E non sembra un buon segno... Resta in buona parte segreto, quindi, il bilancio di una giornata intensa, l'ennesima domenica di lavoro sul fronte delle «Mani Pulite». Antonio Di Pietro e Francesco Greco hanno varcato la soglia del carcere di massima sicurezza pochi minuti dopo le dieci. Solo alle cinque di pomeriggio dal portone di Opera è sbucato Di Pietro assieme ad alcuni agenti della scorta. Interrogatorio finito? No, il magistrato si è concessa soltanto una breve pausa in paese, il tempo per acquistare due panini e tornare da Garofano. Intanto, erano sfilati davanti al bivacco di cronisti e teleoperatori altri protagonisti dell'in¬ chiesta. Alle tre arriva Gherardo Colombo. Anche lui per Garofano? Oppure tocca a Carlo Sama, l'ex braccio destro di Raul Gardini, l'ultimo amministratore delegato della Montedison targata Ferruzzi? La curiosità cresce quando arriva, alle 16 e quaranta, il giudice per le indagini preliminari Italo Ghitti. S'avvicina la libertà per Garofano? La tensione sale poco dopo le otto quando un agente della scorta di Antonio Di Pietro sposta dentro il carcere la Mercedes di un avvocato. Ma la buona notizia riguarda Berlini. Per Garofano c'è tempo, anche quello per scovare nuovi particolari sulla detenzione degli indagati eccellenti. Una detenzione, finora, tranquilla. Ma, tanto per non correr rischi, sono arrivati i rinforzi: venti agenti in più per un penitenziario che ospita 960 detenuti (50 sono donne) controllati in epoca normale da 620 agenti (ma un centinaio sono in attualmente in ferie). E la sistemazione dei vip? Carlo Sama è stato sistemato in questi giorni in una cella singola. Come, del resto, Giuseppe Garofano, rinchiuso nell'ala che in futuro verrà adibita a clinica per tutti gli ospiti del carcere. «Sama è arrivato da poco e certo l'impatto con il carcere per chi non ci è abituato è sempre duro». Aldo Fabozzi, direttore del carcere, sta attento e vigila. «Sama - prosegue - sabato non ha voluto uscire ed è stato tutto il giorno in cella. Garofano, che sta qui da dieci giorni, si è ormai ambientato». Ha retto bene, finora, il cardinale quegli interrogatori tecnici, pieni di finanza. E' toccato a lui, prima di Berlini, spiegare i buchi di bilancio e le raffinatezze lecite e misteriose dell'alta finanza. No, sottolinea il suo avvocato Mucci, il buco non è di mille miliardi, ma solo di 300 e qualcosa in più. Spesso, spiega il legale, la Ferruzzi si indebitava solo per coprire le operazioni importanti delle società operative che poi, ad affare concluso, restituivano il prezzo. E lo schermo serviva a mascherare le vere intenzioni del gruppo agli occhi della concorrenza. A blitz ultimato, però, tornavano i conti. E così è stata comprata la spagnola Elosua oppure l'Heracles, società cementifera greca. Il debito, insomma, saliva per poi scendere ad affare concluso. Tutte cose spiegate e rispiegate tante volte, in questi giorni. E che i magistrati, probabilmente, avevano già ricostruito con i documenti. Ma ieri si sono aperti capitoli nuovi. Tanta segretezza non è casuale. Ugo Bertone Sotto torchio anche Carlo Sama «I giudici vogliono fare in fretta» Nella foto grande, a sinistra: Giuseppe Garofano Sopra: Carlo Sama, uomo forte del gruppo Ferruzzi

Luoghi citati: Milano, Svizzera