La mano degli esterni sullo scudo di Augusto Minzolini

La mano degli esterni sullo scudo La mano degli esterni sullo scudo Ma i «vecchi» si ribellano: non portano voti I NUOVI PROTAGONISTI ROMA A il volto pensoso Franco Marini quando esce dal forno in cui si è trasformata la grande sala del Palazzo dei congressi dell'Eur. Padre Sorge ha appena finito il suo intervento all'assemblea costituente e l'ex-segretario della Cisl ne è rimasto colpito. «Mi ha impressionato - dice -. Io l'ho sentito parlare in passato col tono del professore o del sacerdote. Oggi, invece, è intervenuto con il piglio del dirigente politico». Due passi più in là, è lo stesso interessato, Padre Sorge, a confermare i sospetti di Marini. «Mi sono fatto prendere la mano - ammette -, ma dobbiamo convincerci che questa volta è in gioco il Paese. Non possiamo rimanere su posizioni ambigue, dobbiamo impegnarci in prima persona». Padre Sorge, ma anche Raffaele Cananzi, Alberto Monticene, Rocco Buttiglione, Enrico Balboni e tanti altri tra i quali, naturalmente, Rosy Bindi: c'è un esercito di professori, leader dell'associazionismo, intellettuali dell'area cattolica che si prepara a contendere a esponenti, vecchi e nuovi, della de la leadership del partito popolare. Basta assistere un poco al dibattito dell'assemblea per scoprirlo. Sta avvenendo un vero assalto: te ne accorgi dalla sicurezza con cui questi personaggi da sempre considerati degli estranei salgono sul palco, dalla perizia con cui sollecitano l'applauso, dalla logica squisitamente politica che muove le loro mosse. Se un tempo si accontentavano di essere i fiori all'occhiello dei convegni, o, al massimo, di fare la comparsa in una delle innumerevoli edizioni dell'assemblea de, questa volta i cosidetti «esterni» hanno ben altre ambizioni. Vogliono essere, o almeno ci provano, i veri registi della costituente. Del resto in quella assemblea si trovano sicuramente a più agio degli altri, cioè dei democristiani: se una volta, infatti, gli «esterni» erano del tutto in balia delle «claque» dei boss de, oggi sono loro ad avere un gruppo mezzo organizzato che applaude i beniamini e fischia gli avversari. E fa una certa impressione sentire un Pierferdinando Casini mettere nel conto qualche «bordata» durante il suo intervento. «Che volete - spiega con savoir fair Sandro Fontana, anche lui bersaglio di qualche fischio -: una volta avevamo un partito blindato, ora l'abbiamo "bindato"». Sì, sta cambiando tutto. Una volta gli ospiti d'onore delle riunioni notturne delle correnti de erano Forlani e Gava. L'altro ieri, invece, i superstiti del ventre molle de pendevano dalle labbra del filosofo Rocco Buttiglione in una delle tante sale del ristorante Picar all'Eur. Un tempo durante i grandi appuntamenti democristiani i conventi a Roma erano occupati dalle riunioni del «gotha» del partito che discuteva in quelle stanze ovattate i piani più segreti. Oggi, invece, in quegli stessi luoghi puoi trovare la Bindi dire con discrezione ai suoi intimi quello che pensa davvero («Martinazzoli ha fatto un discorso da rifondazione de e l'assembea sembra un congresso») o incontrare Cananzi e Balboni che concordano il testo del documento da proporre. E la preminenza del ruolo degli esterni non lo si registra solo nello schieramento "rivoluzionario" dell'assemblea costituente, ma anche in quello "conservatore": ad esempio, l'intervento più deciso nella difesa del passato e nel rifiuto delle grandi "epurazioni" lo ha fatto il leader del Movimento Popolare, Giancarlo Cesana. Lui ha potuto dire cose che Mastella o Casini non si sono potuti permettere. «Non possiamo ha spiegato Cesana - permetterci di perdere tutti i nostri capi, rischiamo di mettere su uno staio maggiore composto da ufficiali subalterni e da cadetti che non hanno mai fatto la guerra». Gli ex-esterni lanciano ultimatum e dettano condizioni. Si considerano i veri fondatori del nuovo partito, quelli che possono decidere chi deve entrarci o no. Cananzi sul palco dice che nel partito popolare non c'è posto per «inquisiti, riciclati, rigenerati» della vecchia de e sotto il palco, senza batter ciglio, entra nel merito: «I nomi? Faccio un esempio, oltre a Gava, che era il capocorrente, non possono venire nel nuovo partito neanche quelli che hanno fatto gli assessori o sono stati in direzione per suo conto. De Mita? Superati i guai che ha può rimanere. Mastella? Per risolvere questo problema basta applicare con severità il tetto dei tre mandati parlamentari». Gli altri, i de, quelli che potrebbero essere accantonati, hanno fiutato il pericolo e sono guardinghi. I vecchi cominciano a contestare la «novità degli assalitori. «Guardate - avverte Piccoli - che io avrei detto le stesse cose della Bindi». De Mita, invece, ne fa risaltare l'ina¬ deguatezza sul piano politico. «Se una macchina fotografica potesse ritrarre le idee - spiega - sono sicuro che molte delle foto di quelli che parlano sul palco verrebbero vuote, senza soggetto. Ossicini è stato il più bravo. La Bindi? Concettualmente non mi è piaciuta. Se il partito della Bindi può essere quello di Martinazzoli? No, Mino è un uomo e l'altra no». Ma l'accusa maggiore e l'autodifesa più efficace, quella che i de ripetono più spesso, riguarda l'incapacità degli esterni «di portar voti». «Monticone - ironizza Casini - ha fatto un buon intervento per un partito del 2%». «Possono prendersi quest'assemblea - spiega Gargani ma non il partito. Uno può prendersi un'automobile, ma se non la sa guidare dove va?». Mastella, invece, sul palco ha preso a modello l'esperienza di Nicolò Lipari per dimostrare quanto ci rimetterebbe il nuovo partito se decidesse di affidarsi a "quelli": «Intanto Lipari non è esterno - ha detto - perchè è stato per tanti anni nel consiglio d'amministrazione della Rai e ha fatto il senatore della de. Eppoi nelle ultime elezioni nel suo collegio sicuro è riuscito nella difficile impresa di perdere il 30% dei voti». E Martinazzoli? Lui non sceglie, ma non prende per oro colato quello che gli viene da Bindi e company. «Nessuno può decidere chi deve salire o scendere dall'autobus. Nel nuovo partito la classe dirigente sarà selezioinata in modo diverso; in ogni caso, visto che l'unità del partito la rappresento io, comando io». Augusto Minzolini E il gesuita padre Sorge tuona: finiamola con le ambiguità Amintore Fanfani legge l'intervento all'assemblea costituente della de

Luoghi citati: Cesana, Lipari, Roma