Finalmente in una squadra ambiziosa, il «mago dei poveri» non cambia sistema La Roma provinciale di Mazzone di Franco Badolato

Finalmente in una squadra ambi2iosa, il «mago dei poveri» non cambia sistema j Una risposta ai dubbi della Covisoc ill Finalmente in una squadra ambi2iosa, il «mago dei poveri» non cambia sistema j La Roma provinciale di Mozzone «Ho il cuore di Trastevere» LAVATONE DAL NOSTRO INVIATO Aveva 19 anni il ragazzo trasteverino che un giorno del lontano '55 mise le scarpette bullonate nella borsa e, lasciato il natio quartiere romano, cominciò a girovagare attraverso l'Italia: Ferrara, Siena, Ascoli. Qui, Carletto Mazzone, complice un infortunio che ne fermò precocemente l'attività di calciatore, intraprese la carriera di tecnico, convinto dal neo presidente Costantino Rozzi a diventare responsabile delle giovanili ascolane. Cominciò così la nuova avventura per il neo-allenatore che, Ascoli a parte dove ottenne sempre il massimo, non è mai riuscito ad approdare al grande calcio pur avendo avuto la possibilità di farlo, ad esempio con la Fiorentina. Certo, Mazzone ha lasciato buoni ricordi sia a Lecce che a Catanzaro, a Bologna e ad Ascoli dove è sempre tornato come il figliol prodigo. Nelle Marche, del resto, ha stabilito la propria residenza. Ma è stato in questo inizio di Armi 90, con il Cagliari portato alla conquista della zona Uefa, a distanza di quattro lustri dall'ultima volta, che Carletto Mazzone soprannominato «Magara» per il suo intercalare romanesco, ha visto decollare le proprie quotazioni. Così, ormai non lontano dalla sessantina, ecco il nostro uomo tornare finalmente nella Capitale concretizzando il sogno, da sempre coltivato, di allenare la squadra delle prime passioni giovanili. «Ho tradito Cagliari - sorride Mazzone - ma spero che i tifosi sardi abbiano capito. Ho portato la squadra in Uefa, il presidente Cellino avrebbe potuto impuntarsi visto che avevo un contratto fino al '94. Ma è stato un signore e come lui, tutti i tifosi rossoblu hanno capito che tradivo solo per amore. Radice saprà proseguire al meglio il mio lavoro sia in campionato che in Europa. Ho lasciato la Sardegna con grande tristezza avviandomi nello stesso tempo con l'entusiasmo di un ragazzino verso l'esperienza finora mancata. Sento la responsabilità di dover guidare dalla panchina una grande squadra ma non ne sarò condizionato. Devo contraccambiare l'affetto e la stima di tutti i romanisti e perfino le attese del popolo laziale, a Roma non ho nemici neppure tra i biancazzurri, almeno credo che sarà così fino al derby, dopo mi odieranno tutti visto che torneremo a vincerlo». Nel passato di Mazzone si ricordano molti episodi di gusto discutibile. La rabbia agonistica l'ha spesso portato a uscire fuori dalle righe, e non solo sul campo. «E' vero, ammetto le mie manchevolezze ma nessuno mi ha mai concesso attenuanti. Nessuno ha pensato perché un allenatore come me arrivava a reagire così malamente. La verità è che tutte le mie partite sono state decisive; c'era sempre da strappare il punto salvezza, ogni gara una finale. Le mie tensioni sono state superiori a quelle di qualunque altro mio collega». Passando dai campi di provincia alla Capitale, dalla paura di perdere agli agi di un posto al sole, non c'è il timore che l'uomo-Mazzone perda i connotati di trascinatore e metta le pantofole dopo aver raggiunto il traguardo tanto ambito? «Guardi, andavo a Trigona da Ascoli per il raduno e mi sono detto: vengo da 25 anni di carriera, di risultati e di stima presso tutto l'ambiente perché sono sempre rimasto fedele a me stesso, a una certa etichetta. Se vuoi far bene a Roma non devi cambiare, me lo sono imposto. Lo spirito rimarrà quello degli anni passati, altrimenti sarei un bluff. E ho subito trasmesso a me stesso quell'entusiasmo che sto cercando di infondere nei miei nuovi ragazzi in giallorosso. Il dottor Sensi e il commendator Mezzaroma mi hanno chiesto di ridare un'immagine di serietà a questa società, fuori e dentro il campo». Quali sono gli obiettivi della Roma? «Siamo competitivi per raggiungere la zona-Uefa. Milan e Inter per lo scudetto, poi il Parma che ormai non è più una sorpresa, Juve e Lazio in terza fascia, infine noi e la Samp a lottare per l'Uefa. So che per conquistarla non basterà vincere, all'Olimpico bisogna anche saper divertire la gente. Abbiamo 80 mila tifosi, forse i più caldi d'Italia, sicuramente quelli che sanno soffrire sempre senza mai contestare. Anche in questo momento di crisi, il calcio per i tifosi della Roma resta una cosa in cui credere. Non posso sbagliare. Sono stato profeta ad Ascoli, spero di riuscirci anche a Roma, la mia prima o seconda città, ormai non ci capisco più nulla nemmeno io. Sono felicemente confuso». Franco Badolato A quasi 60 anni, Mazzone ha realizzato il sogno di lavorare per i colori del cuore