Il Congresso si ribella: Clinton salva Sarajevo

Altre bombe sulle macerie della capitale; tregua annunciata per domani, i musulmani non s'illudono BOSNIA Altre bombe sulle macerie della capitale; tregua annunciata per domani, i musulmani non s'illudono Il Congresso si ribella: Clinton salva Sarajevo Chiesto l'intervento armato ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO In una lettera aperta a Clinton 78 parlamentari americani chiedono l'intervento militare per salvare Sarajevo dalla catastrofe. E' la prima volta che un gruppo così consistente di parlamentari chiede al presidente di ricorrere alla forza «per salvare 380 mila abitanti di Sarajevo da un disastro di immense proporzioni». Il gruppo, costituito da repubblicani e da democratici, propone a Clinton un piano dettagliato, a cominciare da un ultimatum alle forze serbe che assediano la capitale bosniaca. Nel giro di 72 ore i serbi dovrebbero cessare il fuoco, ritirarsi dalle posizioni sulle colline che sovrastano la città e smantellare tutti i blocchi stradali che impediscono l'accesso a Sarajevo e il passaggio dei convogli umanitari. Se non lo faranno le forze di pace dell'Onu devono intraprendere un'azione militare determinata, compreso il bombardamento con gli aerei della Nato delle posizioni serbe sulle montagne attorno alla capitale. «Sarajevo diventerà il simbolo del completo fallimento della comunità internazionale a mantenere fede all'impegno di fornire aiuto umanitario a chi si trova in disperato bisogno» affermano i parlamentari americani nella loro lettera a Clinton. Dopo l'intervento militare contro i serbi che assediano la capitale bosniaca i Caschi blu prenderebbero il controllo dei servizi pubblici in città. L'Unprofor dovrebbe dare ordine a tutti i convogli umanitari organizzati dall'Onu di rifiutare di cedere alle forze serbe che bloccano il libero passaggio dei soccorsi. Dovrebbe inoltre ammonire il governo croato e le sue truppe perché collabori all'azione umanitaria, o altrimenti dovrà far fronte alle conseguenze proporzionate ai problemi che provocano. Nel frattempo a Sarajevo è stato annunciato un nuovo cessate il fuoco. Il comandante in capo dei Caschi blu stazionati in Bosnia, il generale belga Briquemont ha dichiarato ieri di aver raggiunto un accordo di tregua con il generale Mladic che comanda le forze serbe, e con il presidente bosniaco Izetbegovic. Alle 10 di stamane dovrebbero cessare i combattimenti nella capitale. Anche il generale Petkovic che comanda le forze croate bosniache ha dato ordine ai suoi uomini di non sparare. «Si tratta di un primo risultato», ha detto il generale Briquemont, sottolineando che in breve tempo dovrebbero riunirsi i comandanti militari delle tre parti. «Intanto cesseranno gli attacchi dell'artiglieria pesante serba che bombarda la città, nonché di quella musulmana che risponde. In pratica verrà fermata l'offensiva contro Sarajevo, che è più facile da ottenere del cessate il fuoco generico». Il presidente Izetbegovic ha chiesto ai Caschi blu di farsi garanti della nuova tregua, a Sarajevo, ma anche a Brcko e a Mostar. Continua infatti l'offensiva delle truppe serbe contro Brcko, che vogliono conquistare questa città della Bosnia nord-orientale per aprire il corridoio tra la Serbia e i territori occupati in Bosnia occidentale e in Croazia. Diecimila proiettili di vario calibro sono stati sparati ieri contro Brcko. Il tragico bilancio delle vittime è di 23 morti, per lo più donne, vecchi e bambini, e una sessantina di feriti. L'artiglieria serba ha sparato contro due elicotteri dell'Unprofor, costringendoli a un atterraggio d'emergenza perché uno dei due è stato colpito. Due Caschi blu canadesi sono stati feriti da una granata vicino a Srebrenica, una delle enclave musulmane protette dall'Onu. E in Bosnia centrale le forze musulmane continuano ad attaccare Bugojno e le altre città a maggioranza croata. Ingrid Badurina Un momento dei violenti scontri in corso attorno alla città di Brcko tra serbi (nella foto) e musulmani

Persone citate: Clinton, Ingrid Badurina, Izetbegovic, Mladic, Petkovic