Nella città sotto choc schierata col suo Raul di Francesco Manacorda

«Si è sacrificato per gli altri E' stato un gesto d'orgoglio» Nella città sotto choc schierata col suo Raul UN REGNO SENZA PIÙ' Lm RAVENNA * HAI saputo del Raul?», «Hai sentito del Raul?». Alle dieci del mattino si ingrossa la fila in costume davanti ai telefoni a gettone dei bagni Martuba, a Marina di Ravenna. La radio ha appena dato la notizia del suicidio e la città ancora non crede al suo risveglio senza più un re. Si chiamano gli amici, i parenti. C'è chi dubita: «Forse è uno scherzo», c'è chi chiede una conferma che non vorrebbe, c'è chi addirittura chiama la Croce Rossa per sapere qualcosa di più. E poi la piazza, Piazza del Popolo, affollata di gente che tira tardi a colazione in questo giorno festivo - è Sant'Apollinare, patrono della città - che all'improvviso lascia l'amaro in bocca. C'è chi piange a Piazza del Popolo, si cammina muti, a piccoli gruppi. E si ricorda. Chiunque abbia abbastanza anni ha qualcosa da raccontare: quella volta che ha visto Raul, quel giorno che ha pedalato con lui da ragazzino, quell'occasione in cui lo ha salutato, ha scambiato una battuta. Ora Ravenna si interroga su questa morte che tutto era tranne che annunciata. Si scava tra i ricordi alla ricerca di una parola, di un'espressione. Ma è inutile. Nulla - giurano in mille - lasciava supporre la bomba del suicidio, nulla faceva presagire questa fine tragica. «Raul aveva la fama, l'aspetto, il comportamento, dell'uomo invincibile, di quello che non si sarebbe spezzato mai», commenta un amico. «Ero con lui a San Diego, per la Coppa America e anche in California dove nessuno in teoria lo avrebbe dovuto conoscere, emanava lo stesso fascino, aveva lo stesso comportamento con la gente. Questa sua morte è stata un gesto di orgoglio». Alle «Tre spade», il ristorante dove Gardini e i Ferruzzi erano di casa fino alla separazione, e poi hanno un po' diradato le visite, c'è Matteo, il padrone, che conosceva Raul «dalla nascita, sempre in spiaggia insieme»: «Lui era un uomo libero, la libertà è sempre stata il suo valore massimo. Al pensiero di perdere la libertà ha preferito farla finita. E anche il suicidio per sai- vare altri dalie responsabilità è nel suo stile. Era uno così, generoso, grandioso, sempre pronto a dividere con gli altri i suoi successi. Mi ricordo quando concluse l'affare Montedison: Aveva prenotato per tutta la famiglia, arrivò con le braccia alzate, urlando "Ce l'ho fatta", poi champagne per tutti». Al circolo velico, palazzina bianca e blu a due passi dal porto, c'è ancora all'ormeggio il Moro di Venezia II, domenica era al largo e sopra c'era anche lui, Raul. Ieri mattina c'era solo Angelo Vianello, l'amico del cuore, il marinaio fedelissimo. L'hanno avvertito per telefono, lui ha preso la cornetta in mano ed è scoppiato a piangere. «Raul veniva la domenica mattina alle 10, usciva con la barca, tornava verso le cinque - racconta Paolo Randi, che del circolo è consigliere -. Sì, negli ultimi tempi l'avevo visto un po' dispiaciuto perché non avrebbe potuto fare la Coppa America. Comunque sia questa è una storia di Ravenna che finisce». «Anche come velista era co- me negli affari, andava sempre all'attacco», chiosa Marco Minardi, segretario del circolo. Sì, una storia di Ravenna è finita. Ma del perché è finita poco importa. I miasmi della chimica, i misteri dell'oscuro crogiuolo di Enimont non hanno diritto di cittadinanza da queste parti. Pochi capiscono quei giochi finanziari, quei buchi nei bilanci. Nessuno dà giudizi sul merito, nessuno condanna. E «nessuna ombra è tale da rendere comprensibile per noi il suo gesto»,-dice il sindaco pidiessino, Pier Paolo D'Attorre. La città non piange gli errori del suo re, ma la morte del suo re. Quello che con il Moro di Venezia aveva portato Ravenna in prima pagina sui giornali, quello che soprannominato «il Contadino» aveva dato al mondo intero una nuova immagine del capitalismo italiano, provinciale e senza frontiere al tempo stesso. I torpedoni di giornalisti che allora erano calati su Ravenna per raccontare quel miracolo ora sono qui per suggellare la morte del re e del suo impero. E la famiglia? Inutile andare in via D'Azeglio 10. Casa Gardini è chiusa, il portone sbarrato, le tende tirate a ogni finestra. Lì non c'è nessuno. Le ore del dolore e dei rimpianti si consumano a venti metri dal mare, nelle stanze del Park Hotel, piccolo paradiso delle vacanze familiari trasformato in un inferno chiuso a doppia mandata. Al secondo piano, nell'ala dell'albergo che ogni estate, da decenni, la famiglia occupa per due mesi interi, dietro le persiane a mezz'asta e le spalle delle guardie del corpo piangono Idina, la vedova di Raul, e la suocera Elisa. E' proprio la nonna Isa, 81 anni compiuti, che ancora una volta raccoglie intorno a sé la famiglia, o quel che resta, non ancora spazzato via dagli arresti. In mattinata arriva Arturo in elicottero, si precipita all'albergo e piangendo abbraccia la sorella maggiore Idina. Accanto a lui la sua ex moglie, Emanuela Serena Monghini, l'unica che si lasci scappare una battuta: «Isa l'ha presa malissimo, sapevamo che era molto attaccata a Raul ma ora si sente davvero come una madre quando perde il figlio». Per il resto non parlano, i Gardini e i Ferruzzi, di nuovo uniti dal dolore, mentre davanti ..Ile colonne dell'albergo arrivano amici con gli occhiali scuri, grandi macchine targate Roma o Milano. Arriva Franca Ferruzzi. Poi entrano i figli di Arturo, Massimiliano e Desideria, anche loro arrivano per stare accanto alla cugina Maria Speranza, la figlia più piccola di Raul. Per un attimo Maria Speranza, in famiglia la chiamano Coquette, si affaccia alla finestra in lacrime. Ma è solo un istante, mani amiche la riportano dentro. Idina è arrivata qui giovedì notte. «Ha cenato a casa con il marito, il dottor Gardini ero andato io a prenderlo a piazzale Belgioioso - racconta uno degli autisti di casa - poi ho caricato la signora sulla Mercedes e l'ho accompagnata qui. Siamo partiti alle dieci da Milano, prima dell'una era in albergo». Senza sospettare nulla. Francesco Manacorda «Si è sacrificato per gli altri E' stato un gesto d'orgoglio» Un'immagine di Ravenna e la suocera di Gardini, Elisa Sopra, il sindaco pds di Ravenna Pier Paolo D'Attorre