«Tradisco Rai 3, ma non per soldi»

«Tradisco Rai % ma non per soldi» «Tradisco Rai % ma non per soldi» «Quella rete morirà, io trionferò ancora» IL PRINCIPE DELLO «SGUP» AMILANO MICO carissimo...». Aldo Biscardi smonterebbe anche il Corvo di Palermo. Puoi scrivere che mangia i bambini e lui sempre «amico». Carissimo lo è davvero. Ha appena firmato un contratto da centravanti - un miliardo all'anno per tre anni con «obzione» per altri tre - con Tele + 2, la pay tv che ufficialmente non è di Silvio Berlusconi, ultimo e maggior critico dell'«incivile, ignobile» Processo del Lunedì. Aldo Biscardi, grande incassatore, ufficialmente se ne frega. L'uomo Biscardi ha 62 anni, molte ne ha viste e ne ha fatte vedere. La maschera è invece eterna. Si trovano tracce del Biscardo già nelle corti medievali, poi nella commedia dell'arte, durante l'occupazione napoleonica «amicissimo» di Vincenzo Monti - e lungo il regno di Francesco II Borbone. Ma restiamo alla cronaca. L'ha convinta Berlusconi a passare a Tele+2? «Non lo sento da quella famosa, oserei dire storica, puntata del Processo». Berlusconi dice che le hanno fatto uno scherzo telefonico «Sì, uno che imitava la sua voce. Sulle prime c'ero cascato. Ma poi s'è messo a dire parole non da Berlusconi e a sbagliare la sintassi...». Non mi dica che l'ha beccato sui congiuntivi. «Quasi. .Insomma, ho mangiato la foglia. Gli ho dato spago per un po' e poi gli ho detto: passami quel fesso di Luciano, va'. Era un amico di Moggi (direttore sportivo, ndr)». Anche al Dottore, quella volta, ha dato spago, come dice lei? «Sì, pure allora pensavo: sta a, vede' che questo è un imitatore. Invece era proprio Berlusconi» Non le pareva vero, eh? «Una puntata stupenda. Guglielmi gongolava: sei immenso, mi ha detto alla fine». Guglielmi, un amicissimo. Per non parlare di Curzi: un fratello. Come ha potuto abbandonarli per soli sei miliardi? «Tu ci scherzi, ma io ci ho perso le notti. L'offerta mi è arrivata tre mesi fa. Ghirardelli (Ghilardelli, dirigente di Tele + , ndr) m'aveva detto che avrebbero avuto il posticipo di serie A e gli serviva una figura popolare per completare il rilancio della rete. Non ho pensato ai soldi, ma all'evento». Ma tre mesi fa tutti, dalla Rai alla Lega, smentivano fieramente di voler lasciare le partite alla pay tv. Come facevano i dirigenti di Tele + a essere così sicuri? «E che ne so io? Comunque, non sottilizziamo...» Va bene. I soldi, diceva. «Io soldi ne ho sempre guadagnati tanti, modestamente, lavorando come una bestia. A 25 anni giravo con la Spider, ero già caporedattore a Paese Sera e collaboravo con una dozzina di giornali, vuoi l'elenco? No? Beh, allora ti dico che nell'85 Biagio Agnes mi propose: sai che facciamo? tu, Aldo, rinunci alla vicédirezione, produci il Processo da esterno e io ti faccio avere 800 milioni l'anno. Ma rifiutai. Mi accontentai di un aumento di 20-30 milioni, sempre all'anno» Briciole. Per amore del mestieraccio di giornalista? «Libero di non crederci, ma è così. Faccio un altro esempio?» Prego. «Da tre anni respingo le imbardate per andare da Berlusconi. Vuoi un altro esempio?» Mi arrendo. Se non per soldi, perché? Lei era la colonna di Raitre, oltre che di Blob. «E' verissimo. Se esiste Raitre è grazie a me. Per anni, prima dell'arrivo di Guglielmi, era un ca¬ daverino: c'era solo il Processo. Ma adesso il clima è cambiato. Guglielmi sta per andare in pensione, Curzi a ottobre lo cambiano. Santoro, un mio pupillo, forse molla pure lui per Berlusconi. Io stesso sarei andato in pensione il 26 novembre del '95 e chissà se per allora c'era ancora Raitre». Non mi sembra ottimista sulla riforma della Rai. «Al contrario, io sono per il nuovo. Ma sarà poi nuovo quello che avanza? Mah». Che le pare del neo presidente Demattè? «Simpatico. Un po' chiacchierone». Insomma, ha fatto bene Curzi a rifiutarsi di dare le dimissioni? «Questa è bella. Ma perché Curzi si deve dimettere? Ha quintuplicato gli ascolti del Tg3. Demattè finora ha quintuplicato soltanto le parole». Al partito che si dice? «Quale partito?» Andiamo, su. «Io vita di sezione non ne ho mai fatta. Ho sempre fatto il giornalista. Certo, ho votato pei e pds, è reato?». Torniamo al Processo. Il programma più odiato dagli italiani, il più criticato nella storia della tv. E lei, stoico, non ha cambiato una virgola in 13 anni. «Me l'hanno imitato tutti. Oppure facevano Tanti Processo, ma sempre con quel modello in testa, andando incontro a morte certa e rapida. Perché avrei dovuto cambiare? Per far contenti quattro fessi di pedagoghi, qualche collega sportivo invidioso del mio successo, i professorini dell'accademia dell'acqua casta e altri pretoni? Totò diceva: ma mi faccia il piacere... Io non sono Frajese, a me piace la televisione vivente» E la storia dell'italiano da battaglia? Per favore, non tiri fuori il fratello preside... «Mio fratello intanto è super provveditore a Campobasso. Io ho pubblicato un libro su papa Giovanni Paolo II tradotto in 19 lingue, una storia del giornalismo sportivo adottata nelle Università...». Va bene, ma gli sgup? «Che c'entra, quella è la cadenza molisana. Ce l'ha anche Di Pietro, ma nessuno fiata. A proposito di Di Pietro...». Ha rivelazioni anche lei? «No, io tifo per lui. Volevo soltanto smentire che la sua apparizione a "Un giorno in pretura", con sette milioni di ascolto, sia stata il record della rete. I primi otto posti erano miei, col Processo ai Mondiali». Come farà a vivere senza Auditel? «Beh, un po' mi divertivo, lo confesso». Non ha un pentimento, uno solo? Va di moda. «Uno sì, quell'appostamento sotto la sede della Federcalcio. Lì ho esagerato. Però mi avevano detto che c'era casino». Capisco. E un vanto? Uno solo, per favore. «Una parola. Da me sono passati tutti. Perfino Sandro.Pertini. Mi collegai con Selva di Val Gardena. Doveva essere una cosa di cinque minuti, ma il Presidente non se ne andava più. Rimase un'ora e mezzo. A un certo punto scoppiò perfino la telecamera e Pertini aspettò che venisse riparata. Poi fece la cronaca della discesa di un gruppo di alpini». Senta, e quando Blob la inquadrava mentre incitava sotto banco gli ospiti alla rissa? «Ma no, Ghezzi e Giusti sono amici carissimi. Qualche espediente l'ho usato, si capisce. Come tutti, da Costanzo a Santoro a Funari. Il talk show si fa così. A me mi fanno ridere quelli tutti compitini, tra lo scaccino e il curato, che vogliono fare la discussione pacata e rispettosa. Lei lo vede Donat-Cattin?». Mai. Chi le ha dato l'idea del Processo? «Non ci crederai, Gianni Rodari. Nella prefazione alla mia storia del giornalismo sportivo da Roghi a Brera, scrisse: Biscardi parla di calcio come a un processo». Per la strada, che cosa le dicono? «Mi abbracciano tutti». Davvero? Ha provato ad andare a Livorno? «Ho sentito che raccolgono le firme per "abrogarmi". Ma i livornesi, si sa, son mattacchioni. Io alla fine mi capisco con tutti». E la rivolta della redazione di Tele+? «Ci siamo parlati, tutto a posto». Provo a indovinare: si è trattato di un confronto dialettico serrato e a volte asperrimo, ma sempre nel segno precipuo del reciproco rispetto? «Esatto» Grazzie. «Brego». Curzio Maltese «Io faccio televisione vivente Curzi ha quintuplicato gli ascolti Demattè finora solo le parole» Aldo Biscardi, il re del «Processo del lunedì», trasmissione dall'audience record su Rai Tre A fianco Gianni Brera, il giornalista scomparso a cui Biscardi ha dedicato un libro A fianco Sandro Curzi, sopra da sinistra Sandro Pertini e Carmelo Bene, già ospiti del «Processo»

Luoghi citati: Campobasso, Livorno, Palermo, Selva Di Val Gardena