Lady Camorra ordinò «fate un bimbo per me»

Cronache Ad una coppia di coniugi napoletani Lady Camorra ordinò «late un bimbo per me» 77 neonato fu poi affidato alla figlia E' capo del potente clan «Cavallari» NAPOLI. Lei è una che comanda, una che sa farsi rispettare. E alla matriarca del clan non si può rifiutare nulla, neppure un nipote «commissionato» per regalarlo alla figlia che non riesce ad avere bambini. Anna Buonocchi, 58 anni, camorrista per i magistrati e madre di un boss emergente, è accusata di avere costretto una coppia a procreare un bimbo. Il piccolo serviva alla sua Concetta che al marito non è riuscita a dare un erede. E' nata Giulia, ora ha tre anni e non sa di essere frutto di un ricatto. La storia è venuta fuori quando la magistratura ha cominciato ad occuparsi della cosca dei «Cavallari», un'organizzazione criminale che ha imposto la sua legge a San Giorgio a Cremano, uno dei paesoni che si susseguono a Sud di Napoli. A capo della banda, c'è la famiglia Abate, con in testa Filippo, il primogenito di Anna Buonocchi. Anche lei aveva un ruolo di primo piano nel clan: dava ordini e consigli, prendeva decisioni e partecipava agli affari. Trentuno affiliati alla banda sono stati rinviati ieri a giudizio per una sfilza di reati. Ma per la madre del boss c'è un'ulteriore imputazione: violazione della legge sulle adozioni. Della stessa accusa, devono rispondere la figlia, Concetta, 37 anni, e i due coniugi che hanno accettato di concepire Giulia: Giovanni e Maria Tarallo, di 35 e 30 anni. I due vivono in casa di Anna Buonocchi: cameriera lei - descritta come una donna debole e del tutto soggiogata alla padrona - factotum lui. L'accordo risale al settembre del '90, quando la coppia concepì «su ordinazione» la piccola Giulia. A maggio nasce la bambina, viene subito consegnata alla datrice di lavoro che la regala alla figlia senza prole. «E' stata soltanto una buona azione - si è difesa la madre del boss -, loro erano poveri e non potevano mantenerla. Io l'ho presa per darle una famiglia». Ma la versione fornita agli inquirenti è stata smentita dalla vera mamma della bimba. «Era già stato deciso tutto. Mi ha detto che voleva dare un figlio a Concetta e che noi dovevamo farlo». Una vicenda che spiega più di tutte le altre prove raccolte dagli investigatori il potere d'intimidazione del clan. Lo scenario disegnato dal sostituto procuratore Armando D'Alterio e confermato dai rinvìi a giudizio decisi dal gip Luigi Esposito, è quello di lucrosi guadagni frutto di una ramificata organizzazione. A vertici e gregari della banda vengono contestati reati che vanno dall'associazione camorristica al traffico di droga, alle estorsioni. La «produzione» di bambini sulla spinta del ricatto è l'aspetto clamoroso di un sistema ben collaudato. Il fatturato del clan è stato valutato intorno ai 15 milioni al giorno, quello di un'azienda floridissima fondata sul malaffare. Ai «Cavallari», che gestivano anche decine di bische clandestine, viene attribuita tra l'altro un'estorsione agli imprenditori che hanno realizzato in paese il palazzetto dello sport un appalto di 3 miliardi e mez zo, grazie ai fondi stanziati per la ricostruzione del dopo-terre moto. Anche loro sono rimasti vittima del racket gestito dalla famiglia Abate. Mariella Cirillo

Persone citate: Abate, Anna Buonocchi, Armando D'alterio, Luigi Esposito, Maria Tarallo, Mariella Cirillo

Luoghi citati: Napoli, San Giorgio A Cremano