l'Europa appesa al capriccio inglese di Fabio Galvano

Nella notte i franchi tiratori affondano la mozione del governo su Maastricht con 324 voti contro 316 Nella notte i franchi tiratori affondano la mozione del governo su Maastricht con 324 voti contro 316 l'Europa appesa al capriccio inglese Major sconfitto costretto a porre la fiducia LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE John Major è stato sconfitto sull'Europa, oggi dovrà porre la fiducia per ottenere la ratifica del trattato di Maastricht. «Un'alleanza di diversi partiti con interessi diversi, che votano la stessa cosa per diversi motivi», aveva accusato il primo ministro. Ma neppure il suo ultimo appello è valso a dare via libera alla ratifica britannica del trattato di Maastricht. L'ultimo ostacolo era rappresentato da un manipolo di conservatori ribelli, decisi a schierarsi con i laburisti anche senza condividerne le ragioni - pur di mettere i bastoni fra le ruote della politica europea del governo. E così è stato. Sul primo dei due voti - un emendamento laburista che chiedeva l'accettazione del capitolo sociale in contemporanea alla ratifica, c'è stata una parità: 317 a 317. Soltanto il voto dello speaker dei Comuni, Betty Boothroyd, ha salvato il governo. E quando poi si è votato sulla mozione del governo, quella che semplicemente prende atto dell'opzione britannica di autoescludersi dal capitolo sociale, Major è stato duramente sconfitto: 324 a 316. E' l'impasse per il governo. Proprio la decisione dei tories presa ad aprile - di scindere il capitolo sociale dal testo del trattato imponeva una decisio- ne. E decisione, con i voti di ieri, non c'è stata. In questo momento Londra non può quindi ratificare Maastricht e Major si è visto costretto, immediatamente, a porre la fiducia. I Comuni saranno chiamati oggi a discutere e a votare; e già il leader laburista John Smith, spalleggiato dai ribelli conservatori, ha promesso un altro emendamento in favore della carta sociale, quindi un'altra battaglia. Quello di ieri è stato, in effetti, un rigurgito di antieuropeismo; ma tale da bloccare un iter già concluso. Il trattato di Maastricht era stato approvato dai Comuni e poi dai Lord (nonostante gli infuocati interventi di Lady Thatcher); e martedì c'era stato l'«assenso reale», cioè la promulgazione. Ma ieri le ultime resistenze si sono ancorate all'emendamento laburista sul capitolo sociale, che secondo il governo è «una carta per la distruzione dei posti di lavoro». E' stato uno scontro infuocato, degna conclusione di un crescendo che da più di una settimana teneva banco nel panorama politico britannico. «Un voto cinico e senza scrupoli», ha detto Major ai suoi ribelli: «Un voto che non rappresenta il vero vo¬ lere dei Comuni». Che fosse un voto obliquo, nessuno lo nascondeva. Né i laburisti, che al capitolo sociale credono davvero ma non disponevano delle forze sufficienti per imporlo; né i ribelli conservatori, che non lo vogliono come non lo vuole Major, ma non vedevano altro modo per frenare o bloccare la marcia verso l'Europa; né gli unionisti irlandesi, che fino all'ultimo hanno contrattato il loro appoggio al governo in cambio di concessioni per l'Ulster. E' finita, paradossalmente, che l'intero processo per l'unificazione politica e monetaria europea - già al cen- tro dei referendum danesi e della tempesta francese - messo in un temporaneo limbo dal voto ai Comuni su un non-problema. A Maastricht, infatti, Major aveva ottenuto l'esenzione britannica dal capitolo sociale; ed è il tentativo laburista di forzargli la mano, facendoglielo accettare fin d'ora, che i ribelli antieuropei hanno cavalcato nella loro ultima battaglia (ma c'è anche un'azione legale, avviata nei giorni scorsi, per far dichiarare incostituzionale il trattato di Maastricht in quanto trasferisce poteri dal Parlamento a un'autorità esterna: la Cee). Tutto que- sto spiega l'acredine del confronto, la durezza del dibattito. «Spero - ha detto ieri Major - che riflettiate sul cinismo di questo voto e sul danno per il Paese». Se la Gran Bretagna si defilasse da un ruolo trascinante in Europa, ha aggiunto, «sarebbe una follia per la quale pagheremmo per anni un prezzo salato». Il suo è stato un intervento appassionato. Ostentando calma e sicurezza, come già aveva fatto domenica in una lunga intervista televisiva durante la quale aveva tuttavia rifiutato di precisare la sua condotta in caso di sconfitta, il primo ministro ha invitato tutti a «riflettere prima di votare». Il dibattito sul capitolo sociale, ha detto, «è un tentativo di frustrare la volontà già espressa dal Parlamento». Il leader dell'opposizione, John Smith, aveva un compito più facile. Ha accusato Major di avere attuato «una deliberata campagna di disinformazione», di avere «travisato» la natura di un capitolo sociale che «gode altrove di diffusi sostegni». E lo ha sfidato a non ignorare la volontà dei Comuni: «Andrebbe oltre i poteri della sua carica». Fabio Galvano «Se l'Inghilterra perderà il treno Cee molti posti di lavoro andranno in fumo» Ìl LABIRINTO-MAASTRICHT DI MAJOR EMENDAMENTO DEI LABORISTI IL GOVERNO DI SUA MAESTÀ' NON DEVE RATIFICARE IL TRATTATO DI MAASTRICHT SENZA ALLEGARVI LA CARTA SOCIALE SI VOTA SULLA MOZIONE DEL GOVERNO I IL GOVERNO PUÒ' RATIFICARE CI VUOLE UN'ALTRA RISOLUZIONE SENTENZA DELL'ALTA CORTE SUL RICORSO PER INCOSTITUZIONALITÀ' PRESENTATO DALL'EX DIRETTORE DEL TIMES LORD REES - MOGG John Major. A destra quelli che erano i possibili percorsi del voto di ieri sera, approdato con i due «no» alla risoluzione odierna sul voto di fiducia

Persone citate: Betty Boothroyd, John Major, John Smith, Lord Rees

Luoghi citati: Europa, Gran Bretagna, Inghilterra, Londra, Maastricht, Ulster