Rai voci di dimissioni tra i «saggi» di Maria Grazia Bruzzone

Oggi il vertice decide la nomina del direttore generale. In corsa Milano, Locatelli e Glisenti Oggi il vertice decide la nomina del direttore generale. In corsa Milano, Locatelli e Glisenti Rai, voci di dimissioni tra i «saggi» ROMA. Milano, Locatelli, Glisenti: i nomi in ballo per la nomina del nuovo direttore generale della Rai si sono ridotti a tre. Ma nel giorno della nomina, un imprevisto che rischia di aprire una nuova crisi al vertice della tv di Stato: Feliciano Benvenuti, uno dei cinque «saggi», potrebbe dimettersi dal consiglio d'amministrazione. Non lo avrebbe fatto perché pregato dai due presidenti delle Camere di riflettere e di aspettare almeno l'insediamento del direttore generale. Ma l'assenza di Benvenuti dalle prime riunioni di questi giorni del consiglio dimostra che il professore, in un primo tempo indicato come presidente, avrebbe deciso di disimpegnarsi. Per la poltronissima di direttore generale è arrivato il gran giorno. Tre i nomi, tre giornalisti, due dei quali alla fine sono quelli della prima ora, tirati fuori prima ancora che il nuovo consiglio di amministrazione «delottizzato» non solo si insediasse ma venisse finanche scelto dai Presidenti delle Camere. Due cattolici: l'esterno Gianni Locatelli, il direttore del Sole 240re, amico di Martinazzoli e di Prodi che l'altro ieri sembrava aver perso quota, subissato dalle richieste degli aziendalisti, del sindacato giornalisti e da tutte le opposizioni, dalla Lega a Rifondazione; e l'interno-esterno Emmanuele Milano, una carriera alla Rai, da giornalista ai tempi di Fabiano Fabiani fino alla poltrona di vicedirettore generale per il coordinamento delle Reti, prima di passare a Telemontecarlo come direttore generale prima, poi da presidente. Terzo candidato un altro esterno, il laico Paolo Glisenti, giornalista dell'Ansa e del Corsera, poi dirigente della Montedison, oggi amministrato- re delegato della Rcs Video, figlio di quel Giuseppe Glisenti che da direttore generale tentò riforme radicali nella Rai degli anni '70. Un'esperienza durata pochi mesi. Stamattina il consiglio di amministrazione si riunisce per la nomina, e «in parallelo» quello dell'Ili darà il suo gradimento, come previsto dalla-nuova legge. Ma ieri fino a tarda sera, infuriavano ancora polemiche e prese di posizioni da parte di vari esponenti politici, mentre il neopresidente Demattè smentiva di aver mai firmato l'appello per Pillitteri sindaco. Serpeggia la paura di un direttore (qirivatizzatore-liquidatore» della Rai, mentre l'associazione in difesa dei consumatori e utenti minaccia lo sciopero del canone se il direttore non sarà scelto in base a specifiche competenze. Andrea Borri, per anni presidente della Commissione parlamentare di vigilanza, chiede sì una maggiore «autonomia della Rai», ma anche un direttore generale «che sappia condurre l'azienda nel segno della novità ma anche della continuità». Un altro de, Carlo Fracanzani, polemizza coi tecnocrati, ricordando «la volontà di riformare profondamente il servizio pubblico, non di commissariarlo per arrivare a un suo drastico ridimensionamento». Il pds Bassolino teme invece la persistente influenza dei partiti. «Non vorremmo che le vecchie forze, spinte fuori dalla Rai dal senso della legge, rientrassero dalla finestra grazie a trasformismi». Diffidenze vecchie e nuove che spingono il presidente della Camera Giorgio Napolitano a non disturbare i manovratori. «Lasciamo lavorare in pace i consiglieri pacatamente, non sollevia¬ mo polemiche pregiudiziali o personalizzate», esorta Napolitano, che dalla nomina del direttore prende le distanze: «Si tratta di una nomina molto importante sulla quale però io e il presidente Spadolini non abbiamo avuto da dire nemmeno una parola, come su quella del presidente». E i consiglieri fino a oggi hanno lavorato eccome. Anche ieri, dopo le audizioni-fiume, si sono riuniti approvando un documento di principi, una sorta di «tavole della legge» del nuovo consiglio pieno di «buone intenzioni» che dovrebbero tranquillizzare gli aziendali. Al punto 1 il proposito di «rinnovare e rilanciare la funzione di servizio pubblico della Rai in dialettica con la società civile e il rigoroso riferimento alla Commissione Parlamentare». Al punto 2, si ricorda che, secondo la nuova legge, fine del consiglio è «superare la cosidddetta lottizzazione, ovvero l'uso di parte del servizio pubblico». Unico piccolo screzio, quello fra il consigliere Sellerio e il direttore del Tg3 Curzi che ha dettato alle agenzie di averla incontrata alla Camera per illustrarle le sue idee sul direttore generale. Niente affatto vero, spiegava Sellerio. Che alla Camera aveva visto Napolitano col presidente Demattè. E Curzi lo aveva incontrato per caso, mentre andava a salutare un amico giornalista alla sala Stampa. Maria Grazia Bruzzone Malumori e aria di crisi nel vertice appena nominato Benvenuti forse lascia il consiglio di amministrazione Spadolini e Napolitano frenano le polemiche: «Fate lavorare i consiglieri» Claudio Demattè. In basso Emmanuele Milano candidato con Locateli'! e Glisenti alla direzione Rai

Luoghi citati: Milano, Rifondazione, Roma, Telemontecarlo