« Lo scudocrociato non si tocca »

Martinazzoli: cambiare nome, non simbolo Mezza democrazia cristiana insorge contro la proposta di Rosy Bindi « Lo scudocrocioto non si tocco » Martinazzoli: cambiare nome, non simbolo IL FUTURO DEL BIANCOFIORE ROMA. Seduto su un divano di Montecitorio Ciriaco De Mita parla di Rosy Bindi e della sua capacità di mettere in subbuglio il partito ogni volta che apre bocca. Anche l'ultima uscita della pasionaria democristiana, la proposta di mettere in soffitta non solo il nome ma anche il simbolo dello scudo crociato, ha provocato, infatti, un vespaio di polemiche. Del personaggio del giorno, De Mita, parla con il distacco di chi ne ha viste tante: «Oggi racconta - ho parlato con Rosy e le ho detto di stare attenta. Lei mi ha dato ragione e io le ho spiegato che spesso non conta quello che si dice ma come viene capito dagli altri. "Ad esempio - le ho detto - tu dici cazzate ma vengono interpretate come cose serie. Io, invece, da una vita dico cose serie e vengono interpretate sempre come cazzate"». Se De Mita esprime con una battuta il suo «no» sull'idea di cambiare simbolo, nella democrazia cristiana la sortita della Bindi ha fatto insorgere tutti i difensori della memoria storica democristiana. C'è stata una grande valanga di «no»: da quello di Luigi Granelli a quello di Ombretta Fumagalli, da ,quello di Pierferdinando Casini a quello di Clemente Mastella. In più a dimostrare quanto sia impopolare nel partito una proposta di quel tipo ci hanno pensato anche le prime indiscrezioni sui risultati del sondaggio che II Popolo ha promosso tra i militanti della democrazia cristiana. Se sul nome, infatti, il nuovo «partito popolare» batte di misura il vecchio «democrazia cristiana», sul simbolo non c'è nessun tentennamento: la stragrande maggioranza della base democristiana vuole che sia mantenuto lo scudo crociato con la scritta «libertas». Forse proprio tenendo conto di questa indicazione e per evitare ulteriori polemiche ieri sera lo stesso Martinazzoli ha deciso di chiudere il discorso sul simbolo. In un'intervista televisiva il segretario demoersitiano senza farsi pregare due volte ha detto che è d'accordo sul cambiamento del nome («ma deve essere una decisione di molti e non di pochi»), mentre ha escluso decisamente una modifica del simbolo del partito. «Bisogna tener conto - ha spiegato - che è il segno della continuità e il suo valore "semantico" non è per nulla offuscato». Ma in questa vigilia di assemblea costituente sembra che nella democrazia cristiana le polemiche non finiscano mai. E' quasi automatico che su ogni argomento e su ogni punto si creino nel partito due posizioni contrastanti. Ieri, ad esempio, un'altra questione che ha fatto discutere è stata quella che riguarda la nomina del comitato che affiancherà il segretario nella gestione del nuovo partito nella fase che va dalla costituente al congresso. Ancora una volta è stata la Bindi a mandare su tutte le furie Gerardo Bianco e gli altri, proponendo che sia la stessa assemblea (dove i parlamentari hanno un'esigua rappresentanza) ad eleggere l'organismo. Anche qui per evitare la rissa è intervenuto Martinazzoli che ha avocato a sé il potere di nomina del comitato. Una soluzione che ha trovato l'accordo di tutti. Solo che questo moltiplicarsi di argomenti di divisione è il segnale più significativo di quello che potrà succedere in assemblea. Del resto non passa giorno che nel partito non nasca una nuova iniziativa. Ieri, ad esempio, un'ottantina di deputati e una trentina di senatori hanno firmato un documento di appoggio incondizionato a Martinazzoli al grido «né con Rosy Bindi né con Pierferdinando Casini». Per oggi, invece, nello studio a Montecitorio di Clemente Mastella è prevista una riunione di tutti i rappresentanti delle correnti del dissenso democristiano: ci saranno gli uomini della democrazia cristiana del Sud e i cosiddetti «cento», il gruppo che si è formato intorno a Sandro Fontana e Pierferdinando Casini. Questo per non parlare di quel drappello di parlamentari o di esponenti del partito che, da posizioni diverse, difendono il nome democrazia cristiana ripetendo un itinerario politico che sembra ricordare quello che nel pds porto alla nascita di Rifondazione comunista. Dentro ques'ultimo gruppo c'è un Granelli che ogni giorno, sistematicamente,» fa una dichiarazione in cui difende la storia della democrazia cristiana, e c'è un Publio Fiori che ha già inviato un esposto ai garanti dello statuto del partito chiedendo che dichiarino illegittima l'assemblea costituente. Sono tutti segnali preoccupanti che impongono una domanda: la democrazia cristiana si dividerà o no? «Io risponde De Mita - credo che alla fine verrà fuori un solo partito. Tutti alla fine si convinceranno del fatto che o si rimane uniti o non ci sarà futuro per nessuno». [au. min.] Prima dell'assemblea costituente si moltiplicano le scissioni Oggi i «dissidenti» da Mastella A sinistra Martinazzoli insieme con De Mita A sinistra Mastella. Sotto Ferdinando Casini

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