la Camera fa lo sgambetto ai magistrali di Fabio Martini

Passa un emendamento de: giudici e giornalisti per candidarsi dovranno essersi dimessi un anno prima Passa un emendamento de: giudici e giornalisti per candidarsi dovranno essersi dimessi un anno prima la Camera fa lo sgambetto ai magistrali //pds contro D'Onofrio ROMA. Si sbraccia, si danna, si angoscia il buon Ciso Gitti, grande amico di Martinazzoli: «Ma che fate? Siete matti? Dovete votare contro, contro!». E si agita anche un altro democristiano, il senese Enzo Balocchi, che indica ai suoi il pollice verso, voto contrario. Tutto inutile, non c'è nulla da fare, nell'aula di Montecitorio c'è una eccitazione speciale: quell'emendamento contro i magistrati e contro i giornalisti è un'occasione troppo ghiotta per dare finalmente una lezione ai nemici dei politici. E così, all'ora di pranzo, si materializza l'ennesimo votosbarleffo, un voto liberatorio: è approvato, con una pingue maggioranza (242 sì, 143 no) l'emendamento del democristiano Francesco D'Onofrio che introduce una regola nuova di zecca: magistrati, direttori di giornale e di telegiornale, alti burocrati dello Stato, poliziotti e militari se si vogliono candidare al Parlamento, devono dimettersi almeno un anno prima dal proprio incarico, anche in caso di elezioni anticipate. Lo spirito della nuova regola è quello di esaltare «la separazione dei poteri», ma di fatto si traduce in uno sbarramento, in una saracinesca per le ambizioni politiche di coloro che, per la Costituzione, non si possono iscrivere ai partiti, oltreché per i direttori dei gior- nali «in quanto potere reale». Ma nel «mirino» ci sono soprattutto i magistrati, vero obiettivo del voto di ieri, che ha visto coalizzato deputati del vecchio pentapartito, leghisti e una parte di missini. «Tutte queste categorie - dice Rino Piscitello della Rete - non potranno più entrare in Parlamento, perché dovrebbero dimettersi un anno prima. Ma come si fa a sapere quando finisce una legislatura?». Un voto a sorpresa che ha colto in contropiede i partiti (pds, Rete, pri) che più di altri difendono la lobby dei magistrati e infatti subito dopo il Transatlantico si è trasformato in un ring. «Quel D'Onofrio è un provocatore!», tuona il pidiessino Claudio Petruccioli. Il relatore della legge elettorale Sergio Mattarella è più cereo dei solito: «C'è un andamento schizoide nel legiferare». Ecco Piscitello, che incrocia proprio D'Onofrio: «Terribile quel tuo emendamento. Tu magari non volevi colpire quelle categorie...». D'Onofrio ride: «Lo dici tu...». Di nuovo Piscitello: «Lo sai cosa è successo poco fa in aula? Che ogni deputato aveva la sua nuvoletta a fianco. Pensava ai magistrati e nella nuvoletta gli compariva Di Pietro, pensava ai giornalisti e nella nuvoletta gli compariva Scal¬ fari...». Ma la teoria delle «nuvolette» fa sbellicare dalle risate l'«eroe» della giornata Francesco D'Onofrio, il costituzionalista che è diventato il Masaniello di Montecitorio, l'interprete più sensibile degli umori della base parlamentare. I colpi di cesoia che arrivano dal pds non lo impensieriscono: «Se un magistrato non fa in tempo a dimettersi perché c'è lo scioglimento delle Camera che succede? Salta un turno, fa altre cose, mica casca il mondo! La verità è che è stata approvata una norma anti-Tarzan, che impedisce di passare con disinvoltura da un ruolo all'altro, utiliz- zando il proprio potere precedente». E a chi gli chiede se l'emendamento lo ha scritto il suo grande amico Cossiga, D'Onofrio scherza: «Certo, l'ha scritto lui e infatti i massoni non sono ineleggibili!». Ora D'Onofrio ci scherza sopra, ma in realtà il suo blitz di ieri, l'ennesimo, non è un frutto di improvvisazione, ma di un accordo stipulato due notti fa col capogruppo della Lega Maroni. E il primo a intuire il vantaggio incassato dal Carroccio è Guido Bodrato, che incrociando D'Onofrio in Transatlantico, gli dice: «La Lega ha votato il tuo emendamento che taglia fuori gli alti dirigenti dello Stato, perché in questo modo è ancora più esaltato il ruolo della imprenditoria privata media e piccola». Ieri la Camera ha approvato la nuova legge elettorale per il Senato. L'unica modifica riguarda il voto degli italiani all'estero: niente più circoscrizioni estere (che tante polemiche avevano suscitato), ma si voterà per posta, per candidati e liste presenti nell'ultimo comune di residenza. Anche stavolta de e missini hanno votato assieme, mettendo in minoranza il governo e il relatore de Mattarella. Fabio Martini La regola sarà valida anche per poliziotti, militari e dirigenti dello Stato

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