Milano perde l'inchiesta sulle frequenze tv di S. Mar.
Milano perde l'inchiesta sulle frequenze tv «Mani pulite» deve cedere le indagini che coinvolgono Fininvest, Olivetti e l'ex ministro Mammì Milano perde l'inchiesta sulle frequenze tv La Cassazione: «Se ne devono occupare i magistrati di Roma» MILANO. Va a Roma l'inchiesta su telefonia e frequenze televisive: 10 ha deciso la procura generale della Cassazione. Vanno a Roma cioè tutte le indagini su legge tv e tangenti miliardarie al ministero delle Poste. Per la procura di Milano è un brutto colpo. Non solo perché perde un filone d'indagine importante. Basti pensare alle aziende e ai personaggi coinvolti, dalla Fininvest all'ex ministro Oscar Mammì, dall'Olivetti a Giuseppe Parrella, ex direttore generale dei telefoni di Stato; e ai partiti beneficiari delle tangenti: de, psi, pri. C'è anche una questione di «immagine»: al sostituto procuratore romano Maria Cordova, che chiedeva gli atti dell'inchiesta, la procura di Milano rispose con un rifiuto netto e quasi seccato; ora deve spedirle tutto. Quello su tv e telefonia era stato 11 primo «contrasto» (ne sono seguiti altri, su cui la Cassazione de¬ ve ancora decidere) tra Milano e Roma. I milanesi hanno ih seguito proposto una divisione delle inchieste più o meno con questo criterio: a Roma i politici e gli amministratori locali; le grandi aziende e le segreterie di partito a Milano. I romani hanno risposto di no, mandando copia del loro documento alla procura generale della Cassazione. Che proprio ieri ha deciso, in base ad una motivazione di «competenza territoriale» che, se utilizzata anche in futuro, rischia di far perdere alla procura milanese anche le altre inchieste contese, come quella sull'Intermetro. Infatti, secondo il pg Bruno Frangini, che ha preso la decisione, le indagini spettano a Roma perché qui, nell'ufficio di Parrella, sono stati presi gli accordi per il pagamento delle tangenti. Dalla procura di Milano solo la reazione di Di Pietro, che resta convinto delle ragioni di Milano: «Non me lo aspettavo ma era un'eventualità; può sempre accadere di tutto». Il collega incaricato con lui dell'indagine, Paolo Ielo, aveva intanto convocato Fedele Confalonieri, amministratore delegato della Fininvest. Però non per le frequenze tv, bensì per un confronto con Giorgio Medri, ex responsabile della segreteria pri. Tema del confronto, durato quasi un'ora, un contributo che Medri assicura di aver ricevuto e Confalonieri, invece, nega. L'esponente repubblicano aveva infatti raccontato di una busta a lui consegnata da Confalonieri e contenente 300 milioni, da dividere tra il suo partito e i liberali. Curiosa la circostanza dell'incontro: l'indomani della partita di Coppa dei campioni tra il Milan e lo Steaua di Bucarest, svoltasi il 24 maggio '89. Ma proprio sui particolari di questa circostanza Confalonieri ha respinto l'accusa. Sostiene infatti (e ha portato relativa documentazione) che quel giorno partì da Barcellona alle 13 e arrivò a Milano: non avrebbe potuto quindi trovarsi a Roma alle dieci del mattino, come sostiene invece Medri. Il quale ha comunque ribadito la sua versione, senza perarltro voler fornire altri particolari, come il nome dell'esponente liberale a cui avrebbe dovuto consegnare parte della somma. «Sono indagini che lascio fare ai magistrati. Adesso non voglio fare nomi; credo di aver già pagato abbastanza per questa vicenda», ha dichiarato Medri, che è già stato due volte in carcere. In quanto a Confalonieri, sembrava più che altro seccato di trovarsi nuovamente in tribunale per un episodio che potrebbe finire in nulla: quel pagamento, se mai avvenne, fu prima dell'ottobre '89 quando è scattata l'amnistia per il reato di violazione della legge sul finanziamento ai partiti, [s. mar.]
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