Magadiscio ultimatum Onu a Loi di Angelo Conti

Howe: prendete il pastificio, se no lo faremo noi. Il generale furioso con Newsweek Howe: prendete il pastificio, se no lo faremo noi. Il generale furioso con Newsweek Mogadiscio, ultimatum Onu a Loi Fabbri: basta con i blitz MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Il generale Loi rompe il silenzio a colazione, ieri mattina alle 6, davanti ad un cornetto e ad un bicchiere di succo d'arancia. «Il 10 giugno potevamo prendere Aidid, ma Unosom non ha voluto. Gli abbiamo chiesto un ordine scritto, loro hanno prima risposto di sì, che lo stavano preparando, ma poi ce lo hanno negato». Loi fa anche riferimento allo scoop di Newsweek, secondo il quale gli italiani hanno avvertito Aidid del recente attacco ai vertici della sua organizzazione, salvandogli la vita: «Di quell'attacco - puntualizza - abbiamo avuto notizia tre minuti dopo che era cominciato. E non può essere stato nessun altro: sono arcisicuro di controllare completamente il contingente». Poi il comandante della Folgore è partito in elicottero, con i giornalisti e l'ambasciatore Maurizio Moreno, in un lungo giro a Belet Huen, Buio Burti, Giohar e Balad, tutti gli avamposti italiani. In quest'ultima località ci sono uomini della Folgore, Granatieri di Sardegna e Lancieri di Montebello. Controllano, fra l'altro, lo «strongpoint» di Pasta, una località di cui sentiremo presto di nuovo parlare. La fabbrica della pasta, in somalo, si chiama uerscedda bastada. E' già costata la vita a tre giovani militari italiani, resta il cruccio più grande per il generale Bruno Loi che vorrebbe occuparla per eliminare la più fastidiosa spina nel fianco del nostro schieramento. Sta diventando un problema grosso anche per l'Onu con l'ammiraglio Jonathan Howe che lunedì è stato perentorio: «Quella zona ci interessa. Potremmo decidere un'azione militare per occuparla con la forza». Costruita nel '77 con soldi della Cee, la fabbrica ha dato lavoro per dodici anni a circa 600 somali. Ha chiuso per la recessione economica dell'89, ma molti degli spaghetti (collosi) che si consumano ancora oggi a Mogadiscio sono usciti da lì. Si compone di tre capannoni centrali, affiancati, e di due silos, uno dei quali diroccato. Perché è tanto importante il pastificio? Per comprenderlo occorre acquisire qualche nozione sulla vecchia strada imperiale che collega la capitale somala ai centri del Nord-Est: Giohar, Buio Burti, Belet Huen, e poi i lontani Galcaio, Burao, Hergisa, sino a Berbera, sul Golfo di Aden, non lontano da Gibuti. I primi 320 chilometri di questa strada, sino a Belet Huen (sul confine con l'Etiopia), sono affidati ai militari italiani, che cercano di garantirne l'agibilità. Ma se da Balad in poi non ci sono problemi (le tribù dell'interno, quasi tutte vicine ad Ali Mahdi, non hanno mai mostrato ostilità verso le forze dell'Onu, che permettono loro di sopravvivere, attraverso gli aiuti alimentari), i primi quindici chilometri sono un inferno, anche perché sotto il controllo del generale Aidid. E' nostro impegno tenere aperta la via di uscita da Mogadiscio. Per fare questo sono stati sistemati alcuni checkpoint, posti di controllo quasi sempre bunkerizzati: uno praticamente in centro, uno nel quartiere Ferro, il terzo a Pasta, il quarto a Demonio, ultimo punto presidiato prima di Balad, dove c'è un nostro campo. Circa un chilometro dopo Ferro e quattrocento metri prima di Pasta (punto chiave anche per via dell'incrocio con Huen) c'è la località Pozzanghera. E' una vera e propria pozza d'acqua limacciosa, profonda sino a 20-30 centimetri, che copre la strada. E' esattamente il punto nel quale sono cominciati i tragici scontri del 2 luglio (con la morte dei nostri militari). Poche decine di metri verso l'esterno città sorge il pastificio. Intorno alla struttura, che è cadente ma in qualche modo abitabile, sono stati sistemati una ventina di container, alcuni adibiti ad abitazione, altri a miseri negozi. Strategicamente tutto il blocco è importantissimo. E' dal pastificio che è partito l'attacco del 2 luglio contro i nostri, è dal pastificio che i cecchini spesso esplodono colpi d'arma da fuoco contro italiani ed americani. Inoltre nella Struttura pare abbiano trovato ospitalità almeno 40 guerriglieri della fazione di Aidid, e forse tengono qui il loro arsenale. Angelo Conti