«Questa legge è da cambiare» di Augusto Minzolini
«Questa legge è da cambiare» «Questa legge è da cambiare» Ciampi: rivediamo il carcere preventivo LA NOTIZIA AL PALAZZO LROMA A notizia del suicidio dell'ex presidente dell'Eni, Gabriele Cagliari, gli è stata comunicata intorno alle 9 di ieri e Carlo Azeglio Ciampi ci ha rimuginato sopra per tutta la mattinata, passata seguendo un dibattito parlamentare al Senato. Poi, all'uscita dall'aula di Palazzo Madama, il capo del governo ha dettato alle agenzie di stampa una frase di cordoglio: «Si tratta di un doloroso evento». Un attimo dopo, prima di uscire dal portone del Senato, Ciampi è andato oltre e ha posto la stessa questione che Scalfaro sollevò non più di dieci giorni fa, quella sull'uso abnorme della carcerazione preventiva. «Credo - ha detto - che questa vicenda dolorosa induca ad una riflessione anche sulla carcerazione preventiva. C'è un problema umano da non sottovalutare. Io non sono uno specialista della materia, ma parlerò con qualcuno che si intende di questi argomenti». Se Scalfaro aveva meditato la sua presa di posizione per mesi, quelle parole il capo del governo le ha pronunciate sull'onda emotiva di un «suicidio», o supposto tale, che ha scosso i nervi dei palazzi romani. La notizia della morte di Cagliari, le modalità del- la morte di un boiardo di Stato di quel calibro, l'idea di quella testa avvolta in una busta di plastica e l'immagine di quel corpo coperto dal solo accappatoio riverso sul pavimento sporco di una cella, hanno sconvolto gli abitanti di quella terra dannata che è diventata la politica italiana. E quel senso di angoscia non ha risparmiato nessuno: ha insinuato qualche dubbio nelle menti dei cosiddetti «nuovisti», ha scoperto l'humor nero dei leghisti, ha gettato nella disperazione gli inquisiti, ha suscitato lo sdegno dei pochi «normali». Certo c'è chi, come Giuseppe Ayala, da ex magistrato, ha subito detto che i giudici non si toccano. O chi, invece, sia pure da posizioni diverse, ha azzardato del¬ le congetture ancor più dirompenti, come quella di un «suicidio» alla Sindona che nel vocabolario deH'«oscuro» può essere tradotto in omicidio «camuffato» di un testimone eccellente. «Ho il sospetto che si tratti di un altro "caso" Sindona - ha detto il'capogruppo della Lega, Roberto Maroni, che coerente con la logica del suo movimento ha additato a colpevoli gli uomini del sistema probabilmente stava per parlare e qualcuno lo ha zittito per sempre». Una tesi che torna anche nei discorsi del socialista Biagio Marzo che, senza dirlo, guarda però a ben altri mandanti. «Io Gabriele lo conoscevo bene - ha spiegato -, era uno che aveva fatto la Resistenza, non era insomma tipo da suicidarsi. Del resto, anche sulla morte di Sergio Castellari non si sa granché. Eppoi qualcuno sui giornali di questi giorni ha ipotizzato un "rischio Sindona" sul ritorno di Garofano. Un rischio che a quanto pare incombeva anche su Cagliari. Io mi limito solo ad una constatazione: ci sono stati più morti' in Tangentopoli che durante l'ascesa del fascismo o del nazismo». Tolti gli interessi di parte e le congetture nei palazzi della politica, la morte di Cagliari ha suscitato soprattutto sentimenti di frustrazione, di paura e, in fondo in fondo, un gran bisogno di .ribellione contro quella voglia di ghigliottina che incombe. Una rabbia rivolta contro tanti: contro i magistrati; contro chi affronta i problemi della giustizia con un occhio ai propri interessi elettorali; contro i giornali. Insomma, contro tutti quelli che hanno creato questa atmosfera nella quale può succedere di tutto. Può succedere, ad esempio, quello che Mino Martinazzoli ha raccontato ieri ai cronisti davanti a piazza del Gesù: «Stiamo ricevendo dei fax in continuazione inviati da ignoti nei quali c'è scritto che sperano che ci suicidiamo tutti e che hanno voglia di godere». Il fatto nuovo, però, è che questa protesta, magari pronunciata usando un linguaggio equilibrato, non è venuta solo dagli «inquisiti» ma anche dagli «angeli»: L'Osservatore Romano ha fatto sentire la sua voce in difesa dei diritti della persona e stessa cosa ha fatto quel profeta disarmato che è Pietro Ingrao. «Il garantismo - ha spiegato - va tutelato a qualunque costo». Stesso copione alla Camera e al Senato dove si sono ribellati pure i politici che non sono nel mirino dei giudici. Giorgio Napolitano ha fatto un commento amaro dell'accaduto. «Mi domando se, per caso - ha detto invece il prof. De Rosa, presidente dei senatori de -, questo ricorso alla carcerazione cautelare non sia applicato senza tener conto dei profili umani e psichici dell'imputato». «Ormai - ha spie¬ gato il de Bodrato - finire in carcere in questo momento è peggio dell'ergastolo. Si va alla gogna, si è additati al ludibrio di tutti, si perde tutto l'onore. E la vergogna più grossa è quella di chi affronta questioni di diritto pensando alle proprie fortune elettorali». Sì, il «calcolo» con cui si guarda anche alle questioni del diritto. Ieri a Montecitorio più di qualcuno ha puntato l'indice accusatore verso leghisti, missini e pds. Al vertice di Botteghe Oscure molti hanno rimproverato il voltafaccia della scorsa settimana sul provvedimento sulla custodia cautelare dovuto al timore di Occhietto di dare uno spunto aua Lega per fare una campagna contro il pds. Se la settimana scorsa l'unico a ribellarsi a quella decisione fu il presentatore della proposta, il pidiessino Correnti («è stato tutto deciso - denunciò allora dalla corrente dei giudici che condiziona il pds»), il suicidio di Cagliari ha ridato la voce ad altri dissidenti pidiessini. «Io non ho simpatia per i boiardi di Stato ha mezzo gridato Fabio Mussi in mezzo al Transatlantico di Montecitorio - ma non si può reclamare lo Stato di diritto soltanto per i propri affini. Senza contare che accanto alla cella in cui era Cagliari, c'è Pollini malato di tumore e con due infarti alle spal¬ le». E gli inquisiti? Anche loro si sono fatti sentire. Andreotti, con una battuta caustica, pronunciata quando ancora non si sapeva del suicidio: «A Roma l'infarto si chiama crepacuore». E Craxi, dalla Tunisia, ha fatto sapere che «Cagliari è un'altra vittima dell'uso violento del potere giudiziario». Ma i più hanno guardato quel dramma pensando alle loro paure. «Tra di noi - ha spiegato Giulio Di Donato - c'è molta disperazione. C'è gente che sta andando fuori di testa, che potrebbe fare qualche gesto... Io ogni volta che incontro Angelo Cresco cerco di tirarlo su dalla prostrazione in cui sta. Anche De Lorenzo, che a me non è simpatico, è al limite. Non parliamo di quelli che stanno in carcere. Ma vi immaginate, stare in cella con quattro sconosciuti e con un cesso in un angolo? Gente che non conosci e dalla quale ti dividono anche le abitudini igieniche. Per non parlare delle umiliazioni. Un vecchio imprenditore di Napoli, Zecchina, si è inventato di tutto per lasciare il carcere. Per colpa di un secondino che gli ha dato uno schiaffo perché non si levava il cappello, ha avuto una crisi di nervi ed è ancora in ospedale». Augusto Minzolini Il socialista Marzo «L'ascesa del fascismo ha fatto meno morti» Ciampi e Martinazzoli (da sin.); a destra Di Donato
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