I penalisti da Scalfaro di Ruggero Conteduca
I penalisti da Scalfari» I penalisti da Scalfari» Chiusane: sono troppi i suicidi nell'inchiesta su Tangentopoli ROMA. «Un momento di religioso silenzio» e «un nuovo luttuoso episodio su cui riflettere», così come aveva ammonito appena 10 giorni fa parlando a deputati e giuristi nell'auletta di Montecitorio. Oscar Luigi Scalfaro aveva tuonato contro le manette facili usate e forse abusate nell'inchiesta su Tangentopoli e ieri, ironia del destino, si è dovuto improvvisare portavoce della tragica notizia del suicidio a San Vittore del presidente dell'Eni, Gabriele Cagliari, presso una delegazione di avvocati capeggiata dal presidente delle camere penali, Vittorio Chiusano, che aveva appena finito di esternare al Presidente della Repubblica la propria preoccupazione per l'uso eccessivo della carcerazione preventiva da parte dei giudici. Una tragica coincidenza, perché l'incontro al Quirinale, fissato in un primo momento per fine giugno, era in seguito slittato per gli impegni del Capo dello Stato. I penalisti guidati da Chiusano, però, sapevano bene di ricevere calorosa accoglienza e benevola comprensione dal Presidente. Giovedì 8 luglio Scalfaro, leggendo i pochi appunti dinanzi ad una platea di politici e giuristi e dopo aver premesso di «averci pensato mesi», aveva sorpreso non pochi ammonendo i giudici contro gli arresti facili. «La carcerazione preventiva - aveva detto - quando serve a far confessare un inquisito, viola i diritti dell'uomo». «Essa - aveva aggiunto - è un'eccezione motivata, non può diventare regola». E quasi con le stesse parole e con le stesse motivazioni giuridiche, ieri mattina, Chiusano e gli altri presidenti regionali delle Camere penali avevano avanzato la loro rispettosa protesta nei confronti dei giudici alla massima autorità dello Stato. Da Scalfaro hanno ricevuto comprensione e incoraggiamento, sia pure sul piano dei principi e delle regole generali. Il Presidente non è sceso in casi particolari, ma ha sottolineato ed elogiato l'importanza dell'avvocatura nel processo. Sull'onda di un clima sereno anche se drammatico, a Scalfaro i penalisti hanno esposto anche altre preoccupazioni: per lo stato della giurisdizione penale in Italia, per le concrete possibilità di esercizio del mandato difensivo e per le carenze delle strutture tecniche che dovrebbero supportare il processo penale così come prevede il nuovo codice. La parità tra accusa e difesa, come detta il nuovo rito, esiste in realtà - denunciano gli avvocati - solo in teoria. La prova, che dovrebbe formarsi in dibattimento, prende corpo invece solo nelle segrete stanze dei pubblici ministeri che hanno a disposizione mezzi investigativi che i difensori non possiedono. Ma c'è di più. Dicono i penalisti: «Ci pare di scorgere una tendenza verso una riduzione della fase dibattimentale:, un momento quasi residuale anziché centrale del processo». «Essa invece - dice Chiusano - dovrebbe essere riportata a quella che secondo noi e secondo il codice dovrebbe essere: un fatto eccezionale». «La morte di Cagliari - commenta - è un suicidio che va ad aggiungersi a quelli che hanno inanellato questo processo. L'idea che un cittadino muore nelle carceri mentre sta aspettando la decisione del giudice è una cosa che non può che lasciarci interdetti». Ruggero Conteduca
Persone citate: Chiusano, Gabriele Cagliari, Oscar Luigi Scalfaro, Scalfari, Scalfaro, Vittorio Chiusano
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