«In cella a fianco dell'ingegnere»

«In cella a fianco dell'ingegnere» A San Vittore subito dopo l'annuncio. I giudici accolti da un grido: «e' colpa vostra» «In cella a fianco dell'ingegnere» / compagni: pianse quando uno di noi fu rilasciato SI era chiuso nel bagno della sua cella, bloccando la porta con un bastoncino di legno. Quando le guardie hanno sfondato, l'hanno trovato seduto, ancora con l'accappatoio addosso, con in testa un sacchetto del supermarket, stretto al collo da una corda ricavata da una striscia di lenzuolo». San Vittore, quinto raggio. Sono passate poche ore dal suicidio dell'ingegner Gabriele Cagliari. I suoi compagni di detenzione sono commossi. E' Vito Riondino, cella n. 125, di fronte a quella dove è morto l'ex presidente dell'Eni, a raccontare gli ultimi momenti di vita di Cagliari. Un detenuto modello lo potrebbe definire la burocrazia carceraria. Per i detenuti un uomo forte e affabile, che insegnava a giocare a bridge a rapinatori e trafficanti di droga, che mangiava volentieri lo spezzatino da loro cucinato, che non chiedeva e non voleva privilegi di sorta. Andrea Trovato, un catanese imputato di rapina (dopo i primi sei mesi di custodia cautelare, il magistrato ha chiesto la proroga di altri sei) sta nella cella n. 103, accanto a quella di Cagliari, oggi sprangata per disposizione della procura. «Abbiamo fatto la doccia insieme, alle 8,45 - racconta L'acqua era bollente, come sempre al mattino. L'ho avvertito: 'Ingegnere stia attento'. Lui ha scrollato le spalle: 'Fa niente', ha detto. Allora gliel'ho fatta regolare da un altro. Lui era solo, perché i suoi due compagni di cella, il pittore e il napoletano, erano fuori, uno al laboratorio e l'altro all'aria. Ha fatto la doccia, si è messo l'accappatoio tirandosi su il cappuccio sulla testa, ha preso il suo secchio dove teneva la saponetta e lo shampoo, e se n'è andato senza salutare. Non l'aveva mai fatto». Trovato parla sottovoce, quasi un'ulteriore forma di rispetto per una persona nei cui confronti lui, come Saverio Fornello, come Luigi Tacca, come i tanti che occupano le 25 celle al quinto raggio, ha avuto rispetto. Anzi «riguardo», come dicono loro. «Quando è arrivato, l'ingegnere aveva l'aria un po' spaesata, era intimidito. E' stato allora che gli ho offerto il mio spezzatino, sono un bravo cuoco, sa? Lui ha ricambiato la cortesia mandandomi ogni giorno i suoi giornali, guardi, li ho ancora qui tutti. Noi cercavamo di metterlo a suo agio, anche perché era più anziano di noi, gli volevamo dare la precedenza alla doccia, ma lui non voleva, aspettava sempre il suo turno. Parlavamo tanto, per questo ci ha colpiti il suo silenzio di stamattina». Commozione, ma anche tensione. Molti agenti di custodia nel corridoio quasi silenzioso del quinto raggio, i detenuti paiono rannicchiati nelle loro celle. Ma di mattina, quando il suicidio è esploso come una bomba, il corridoio si è riempito di grida. E il magistrato arrivato di corsa è stato sommerso: «L'avete ammazzato, l'avete ammazzato voi...». «Lui è passato senza dire niente e senza guardarci - ricorda Riondino - se avesse detto qualcosa sarebbe stato ricoperto di urla». Le urla diventa¬ no poi silenzio. E infine battitura sulle sbarre, alla sera. Una parola vorrebbero dirla tutti, per salutare il detenuto Cagliari. Si fanno lucidi gli occhi nel ricordare che lui aveva anche pianto, quando il detenuto Carlo Cicinelli, cella 125, amico dell'ex presidente dell'Eni, era stato scarcerato. I due amici si erano salutati, Cagliari era scoppiato in sin¬ ghiozzi. «Era giù di corda fin da venerdì - ricordano Vito Riondino e Italo Fischietti - e noi ce ne siamo accorti subito. Perché lui con noi era molto disponibile ed avevamo imparato a capirlo. La morte della nuora, un mese fa, lo aveva molto colpito. Ma non l'avevamo mai visto così abbattuto come ora. Perché è successo che il magistrato lo aveva chiamato al mattino e quando Cagliari è tornato al raggio ha parlato con Cicinelli e gli ha detto che sarebbe andato a casa. Invece poi nel pomeriggio il magistrato lo ha chiamato ancora e quando è tornato era molto abbattuto e ha detto "Qui si mette male". E poi ha saputo dalla radio che De Pasquale aveva dato parere negativo, dopo avergli promesso la scarcerazione». Parlano e guardano quel buco nero che è il blindato chiuso sulla cella 102. Il corpo di Cagliari è stato portato via, il pittore e il napoletano, suoi compagni di detenzione, sono dal magistrato. Ma c'è rassegnazione: «Abbiamo deciso di intitolare all'ingegner Cagliari il nostro torneo di calcio». Non c'è rassegnazione, ma si legge il doloie nei loro occhi, anche in quelli celesti di Pollini, che incontro più tardi, ammutolito nel suo nuovo lavoro di postino. Ma nel corridoio rimbomba un grido: «lo hanno ammazzato!». E la spiegazione: «Ogni suicidio in carcere è un omicidio». Tiziana Maiolo «Fin da venerdì era giù di morale Dalla radio ha saputo che non sarebbe stato scarcerato» Un detenuto: lui mi mandava i giornali io gli preparavo lo spezzatino «Parlavamo tanto ma ieri mattina uno strano silenzio» l i EEEBDT Sotto, Renato Pollini (pds) L'interno di S. Vittore (foto grande) L'onorevole Tiziana Maiolo, del gruppo Misto, giornalista è vice-presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. E' stata la prima parlamentare ad entrare nel carcere milanese di San Vittore ieri pomeriggio, dopo il suicidio di Gabriele Cagliari. Ecco il suo racconto. A sinistra, veduta aerea del carcere milanese di San Vittore Nella foto piccola, l'onorevole Tiziana Maiolo

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