La tragedia a San Vittore Cagliari suicida

L'ex presidente Eni si era chiuso dentro il bagno. Inutili i 20 minuti di massaggio cardiaco L'ex presidente Eni si era chiuso dentro il bagno. Inutili i 20 minuti di massaggio cardiaco La tragedia a San Vittore, Cagliari suicida Al collo un sacchetto di plastica legato con un laccio MILANO. Riverso a terra nel bagno della cella, un sacchetto di plastica in testa. E' morto così Gabriele Cagliari, 67 anni, ex presidente dell'Eni. Si è ucciso dopo quattro mesi e mezzo di carcerazione preventiva; dopo che il pubblico ministero Fabio De Pasquale, che indaga sul contratto di assicurazione Eni-Sai, aveva dato ancora una volta parere negativo alla sua libertà. Ha lasciato alcune lettere per spiegare il suo gesto, «da cui - dice il procuratore capo Borrelli -. emerge un proposito di suicidio ben preciso». Prima di ieri mattina, però, Cagliari non aveva manifestato in nessun modo la sua intenzione. «Certo la decisione del pm lo aveva scosso. Quello stesso magistrato, infatti, gli aveva detto che lo avrebbe fatto uscire, e Cagliari si era visto schiudere le porte del carcere. Poi, invece... Però sembrava ancora psicologicamente lucido, forte». Dice così Luigi Gianzi, collaboratore di Vittorio D'Aiello, avvocato di Cagliari. Era lui che lo andava a trovare tutti i giorni in carcere: «L'ho visto lunedì pomeriggio - racconta - Ci siano lasciati con una stretta di mano molto vigorosa. E poi un 'Arrivederci a domani'». Ma Gianzi l'indomani non vedrà Cagliari: sarà lui a farne scoprire la morte. «Sono arrivato in carcere poco dopo le 9,30 e l'ho fatto chiamare in sala colloqui. Di solito Cagliari compariva dopo pochi minuti. Invece, dopo un quarto d'ora non era ancora arrivato. Ho sollecitato le guardie: dopo un altro quarto d'ora è arrivato Veiante, il responsabile della sala colloqui, sempre sensibile e gentile. Si è rivolto a me con un'espressione ferale e mi ha chiesto di seguirlo. Ho capito che doveva essere successo qualcosa di veramente grave...». Era successo questo, secondo la ricostruzione fatta dal ministro Conso. Alle 8,45 Cagliari, assieme ai suoi due compagni di cella va a fare la doccia; venti minuti dopo torna. I compagni escono, uno in cortile, l'altro in sala pittura. Cagliari, solo, resta dentro; nessuno lo ha più visto. Cosa abbia fatto in quel momento, il preciso susseguirsi dei suoi gesti nessuno lo sa. Certo è che prima lo va a cercare un altro detenuto, per chiedergli lo zucchero, e non ottiene risposta. Poi viene chiamato in sala collo¬ qui: ancora silenzio. A questo punto intervengono due guardie: aprono il cancello della cella; è vuota. Poi aprono la porta del bagno ma devono forzarla, perché è chiusa dall'interno con un pezzo di legno. Cagliari è lì, a terra, con ancora in testa un sacchetto di plastica trasparente, di quelli usati per contenere cibi; intorno al collo un laccio per scarpe da ginnastica. Gli tolgono il sacchetto, chiamano il medico di guardia che «constata l'assenza di parametri vitale». Per venti minuti tentano ugualmente massaggio cardiaco e respirazione artificiale. Non c'è nulla da fare: alle 10,05 il medico stila il certificato di morte; alle 10,15 il cappellano, don Giorgio Caniato, benedice la salma. Mario Pagano, direttore del carcere, ha saputo di quanto stava accadendo alle 9,50. Ed è lui, assieme ad alcuni ufficiali delle guardie carcerarie, a comunicare a Gianzi, poco dopo, la morte di Cagliari. «Erano tutti sconvolti», dice il legale. Lui, da parte sua, chiama immediatamente l'avvocato D'Aiello. Che a sua volta chiama il procuratore Borrelli: «Erano le 10,30. Non ha fatto commenti, anche se ho capito che era scosso. Mi ha detto solo che avrebbe immediatamente inviato a S. Vittore il sostituto di turno». Invece Borrelli decide di affidare l'indagine ad uno dei pubblici ministeri dell'inchiesta tangenti, Gherardo Colombo. Ieri mattina era nel carcere di Opera, per Garofano. Nello stesso carcere, per altri interrogatori c'era il gip Maurizio Grigo, quello che doveva decidere se scarcerare o meno Gabriele Cagliari. «Non avevo ancora scritto il provvedimento - dice - lo avrei fatto alle 13». Assieme a Colombo, Grigo va a San Vittore, dove cominciano le formalità del caso: l'esame del corpo; l'interrogatorio dei testimoni; la perquisizione della cella. Ed è qui che vengono trovate le lettere, racchiuse in tre plichi. Ce ne sono due per i suoi legali, che vengono ringraziati per il loro impegno. Una è per i compagni di cella, un attestato di «affetto ed amicizia», ma anche una dichiarazione perchè nessuno di loro possa essere minimamente ritenuto responsabile per la sua morte. E infine i messaggi per i familiari: poesie e un biglietto per la moglie, una lettera ai figli; il suo testamento spirituale, la spiegazione del suo gesto, la richiesta di essere cremato. Anche se, al momento, non ci sono dubbi sul suicidio, prassi vuole che si indaghi «in tutte le direzioni». Stamattina ci sarà l'autopsia, poi Cagliari tornerà alla famiglia e al suo privato dolore. Susanna Marzolla VI raggio In quest'ala del carcere i detenuti di tangentop V raggio Cagliari aveva scelto di stare con i delinquenti comuni 9,35 L' Gii i DOCCE LSp9csm9Ln1Id L'avvocato Gianzi arriva a S. Vittore e chiede di parlare con Cagliari 9,38 secondini arrivano alla cella per portare Cagliari in sala colloqui e lo trovano morente 9,40 L'ex presidente ENI giunge nell'infermeria del carcere 10,05 Il medico firma il certificato di morte