«Miria ecco come potrai sopravvìvere alle catene»

Da Dori Ghezzi (sequestrata nel 79) un messaggio alla rapita di Olbia Da Dori Ghezzi (sequestrata nel 79) un messaggio alla rapita di Olbia «Miria, ecco come potrai sopravvìvere alle catene» L'EX OSTAGGIO CONSIGLIA SANTA TERESA PI GALLURA DAL NOSTRO INVIATO «A Mina dico di stare tranquilla e, se può, serena. C'è tanta gente che sta lavorando per lei in queste ore. Non faccia colpi di testa, segua con scrupolo le indicazioni che le danno, esegua gli ordini e, se ce la fa, cerchi di farsi amici i rapitori, o almeno entri in confidenza con uno di loro. Noi ce l'abbiamo fatta, sono sicura che ci riuscirà anche lei». Parla Dori Ghezzi. Nella casa che ha acquistato quasi vent'anni fa con Fabrizio De André (i due cantanti dividono la loro giornata fra qui e la cascina di Tempio Pausania), lancia messaggi alla moglie del notaio Giuliani rapita giovedì a Olbia e racconta la sua prigionia. Dori Ghezzi e Fabrizio De André furono rapiti la sera di lunedì 27 agosto 1979 e rilasciati quasi 4 mesi dopo, sui boschi tra Oschiri, Pattara e Buddusò, nel Supramonte. «Posti incantevoli, boschi bellissimi - dice la cantante - se visti senza la maschera e con mani e piedi slegati». Lei ha scritto una lettera aperta a Miria Furlanetto per darle coraggio. Riuscirà a raggiungere il destinatario il suo messaggio? «Non posso saperlo con certezza, ma io spero di sì. Spero che i banditi che la tengono in ostaggio non facciano come hanno fatto con me e Fabrizio. Noi non potevamo leggere né un libro né un giornale, forse per evitare che conoscessimo il reale andamento delle trattative con la nostra famiglia per il riscatto». Una delle tante violenze psicologiche che avete subito... «Forse l'unica, o quantomeno la più grave. Per il resto con noi i banditi sono stati "gentili" ». Lei non subì alcun tipo di violenza? «Nemmeno uno schiaffo o uno spintone. Mi chiamavano "signora" e non mi hanno torto un capello. Spero che facciano lo stesso con la moglie del notaio». Di che cosa si sente più bisogno in quella situazione? «Riuscire in qualche modo a comunicare con il mondo che ti è caro. Mandare a dire a parenti ed amici che si sta bene, che il morale non è poi tanto basso, insomma che si riesce a sopravvivere, nonostante tutto, anche incappucciati e legati con le catene». E' diffìcile tenere un rapporto civile con i rapitori? «Fortunatamente per noi non è stato complicato. Ma credo che ogni sequestro abbia una storia diversa dall'altra. Noi parlavamo spesso con loro, di tutto». £ loro in quei momenti hanno paura? «Credo di sì, anche perché chi sta con il rapito è in genere un manovale della banda. Io e Fabrizio fummo subito incappucciati, e solo dopo quattro giorni acconsentirono a farci rivedere la luce del sole. Fu il momento più difficile. Ci legarono mani e piedi e nascosero il loro volto con i passamontagna. Ecco, l'imprudenza più grande che un sequestrato può commettere è tentare di togliersi il cappuccio per vedere in faccia i banditi. Credo si possa rischiare la vita per questo». Lei però è stata rapita assieme al suo compagno. Un vantaggio, vero? «Sì, e non da poco. Per questo dico a Miria di farsi tanto coraggio. Io almeno potevo parlare con Fabrizio, anche se comunicare incappucciati è molto difficile. Io e lui, sfruttando il cartoncino delle scatolette di fiammiferi che portavano ogni giorno per accendere le sigarette, ci eravamo costruiti delle piccole carte da gioco e un mini calendario. Quando ci toglievano il cappuccio, potevamo giocare e tenere il conto del tempo. Miria, forse, non può fare neanche questo, e 24 ore sono in¬ terminabili in quelle condizioni». Che cosa ricorda con maggior angoscia adesso? «Il momento del sequestro e il processo. Il primo per lo spavento enorme che provai. Ricordo che persi molti chili e un bandito dopo una settimana disse che sembravo una vecchia di ottant'anni. Ma poi, col tempo, recuperai. Quella sera io e Fabrizio entrammo in casa da soli, e loro erano già dentro ad aspettarci. Fu facile bloccarci e portarci via. Poi il processo: rivederli, riconoscerli dai capelli o dal tono della voce, e vedere le parti invertite, loro in gabbia e noi liberi. Una sensazione che non riesco a descrivere. Io non giustificherò mai una persona che ne rapisce un'altra, qui in Sardegna però comprendo che qualcuno possa essere costretto a farlo». Nella tragedia, ci sono anche momenti che ora ricorda con meno paura? «Sì, dopo settimane i banditi ci accontentarono e andarono a prendere un paio di bombole di gas per cucinarci la pasta. Non ne potevamo più di tonno, simmenthal, salame e formaggi. Corsero un grave rischio, perché se i carabinieri avessero trovato un pastore con le bombole alle pendici del Supramonte avrebbero capito tutto. Lo fecero una volta sola, purtroppo. Un giorno invece l'aria cambiò: arrivò un tizio che parlava molto bene in italiano e minacciò di mutilarci perché, diceva, le nostre famiglie rifiutavano la trattativa. Ci consolammo quando se ne andò, perché sapevamo che non era vero. Purtroppo, capisco che Miria non è nella stessa situazione e spero che la pressione psicologica di questo tipo non venga usata». Ora lei parla con distacco della vicenda, in quanto l'ha «assorbita»? «Non ci ho messo molto, e pochi mesi dopo la liberazione già giravo da sola di notte in auto per la Sardegna. Il problema è più che altro fisico, biologico. Bisogna riprendere i ritmi normali di vita, e superare lo choc fisico. Per capir¬ lo basta guardare le foto che mi hanno scattato appena tornata a casa: si vede che il mio fisico aveva sofferto molto, la mente forse un po' meno. Stia tranquilla Miria, anche lei, vista l'età, ha il carattere già segnato e recupererà presto. Da questo punto di vista temo di più per Farouk». Ha più saputo nulla dei suoi rapitori? «No, so che gli irriducibili sono ancora in carcere e alcuni pentiti invece sono liberi. Questi ci hanno mandato dei segnali attraverso i loro avvocati, chiedendo scusa. Ripeto, mi fanno pena, ma non ho nulla da dire loro». Flavio Corazza «Non devi fare colpi di testa e cerca di instaurare un buon rapporto coi carcerieri» Dori Ghezzi e Fabrizio De André nel 1979, dopo il sequestro. Sopra, una recente immagine della cantante

Persone citate: Dori Ghezzi, Fabrizio De André, Flavio Corazza, Giuliani, Miria Furlanetto

Luoghi citati: Buddusò, Olbia, Oschiri, Pattara, Sardegna, Tempio Pausania