Fabbri: una cosa è chiara non ci facciamo umiliare di Enrico Singer

Fabbri: una cosa è chiare non ci facciamo umiliare Fabbri: una cosa è chiare non ci facciamo umiliare LA REPUCA DELLA DB FESA Ministro Fabbri, non bastava Newsweek. Adesso rilancia anche l'ammiraglio Howe che non vuole il generale Loi e che preferirebbe vedere i soldati italiani fuori da Mogadiscio... «Il signor Howe pensi piuttosto a fare un bilancio del suo operato in Somalia come inviato speciale del segretario dell'Onu che non mi sembra davvero soddisfacente, visti i risultati. E lasci perdere i diktat. Posso capire che giù a Mogadiscio ci sia molto nervosismo. Stiamo ridiscutendo fini e mezzi dell'operazione. Anche i comportamenti dell'ammiraglio Jonathan Howe sono in discussione. Ma una cosa deve essere chiara: l'Italia è un Paese che non tollera di essere umiliato. Sul generale Loi il governo ha già risposto: non si tocca. Ieri anche Francia e Inghilterra ci hanno dato ragione: l'Onu non ha alcun mandato sui comandanti dei contingenti nazionali, tantomeno su misure da prendere nei loro confronti». Ma le parole di Howe arrivano a poche ore dall'articolo di Newsweek che ci lancia addosso il sospetto di essere dei traditori, di avere salvato il generale Aidid dall'incursione dei Cobra americani. Non le sembra troppo? «Troppo? Mi sembra offensivo, incredibile. Ma bisogna dare alla sortita di Newsweek il valore che merita. So che molti considerano quel settimanale una specie di portavoce del Dipartimento di Stato americano. Ma per me resta sempre un articolo a sensazione che non cita alcuna fonte certa e che non è sorretto nemmeno da prove logiche. Ci attribuiscono una colpa impossibile dal momento che gli americani non ci avevano avvertito dell'attacco del 12 luglio. E questo taglia le gambe a qualsiasi ipotesi: come potevamo avvertire Aidid di un'azione che ignoravamo? Ma co- me vecchio avvocato vorrei aggiungere una considerazione. Ammettiamo per assurdo che lo avessimo avvertito: perché Aidid avrebbe lasciato nella villa tutto il suo stato maggiore? Perché i suoi ministri e i suoi aiutanti non sarebbero fuggiti con lui?». Un caso di disinformazione, allora? Una manovra. Perché? «Quello di Newsweek è un siluro. Un sasso gettato contro il chiarimento che è in atto tra l'Italia e l'Onu. Questo chiarimento è necessario. C'è grande confusione. Un esempio per tutti: il 5 giugno ci fu l'eccidio dei caschi blu pachistani compiuto dai miliziani di Aidid. Il 10 giugno abbiamo fatto sapere al comando Onu che i nostri soldati avevano informazioni tali da permettere la cattura del generale. Ci fu risposto di soprassedere. Ancora il 15, quando ero a Mogadiscio, fu ripetuta la nostra offerta senza risultato. Poi, dopo pochi giorni, la città è stata messa a ferro e fuoco dall'aviazione americana. Ma come si fa a processare l'Italia? Perché non si affronta un bilancio di tutta la strategia seguita finora? Che cosa si è ottenuto con le maniere forti?». Adesso è lei che lancia accuse agli americani. «Non abbiamo bisogno di un foro che sentenzi le ragioni dell'Italia o le colpe altrui. Nessuno deve andare a Canossa: né noi, né l'Onu, né gli Usa. Bisogna trovare il giusto equilibrio. Bisogna affrontare il problema dei problemi: il rapporto tra il fine e i mezzi di questa missione. Se il fine è riportare la pace, è necessario dosare con attenzione la forza. Questo non significa escludere i mezzi militari, ma deve essere recuperato un equilibrio che si è rotto. Guai se il mezzo diventa fine a se stesso. Noi abbiamo posto una questione di carattere etico-politico e qualcuno ha replicato chiedendo la testa di Loi...». L'Italia si ritrova sola in questo confronto? «Mezzo mondo è d'accordo con noi. Che bisogna ridiscutere la missione in Somalia lo ha detto il Vaticano, lo ha detto la Cina, l'Inghilterra. Ma anche dal Palazzo di Vetro sono arrivati segnali positivi. Non dimentichiamoci che lo stesso Kofi Annan, dopo la strabiliante uscita contro Loi, ha detto che "in famiglia si può litigare, ma poi si ritrova l'armonia". Domani Annan incontrerà i rappresentanti dei Paesi impegnati nell'Unosom e il 27 Boutros Ghali parlerà con l'inviato italiano, ambasciatore Bottai. Speriamo che torni l'armonia: nelle strategie e sul terreno». Enrico Singer «Howe peasi a sé Finora non mi pare che abbia brillato» Il ministro della Difesa Fabbri e a fianco Jonathan Howe rappresentante di Ghali in Somalia [FOTO AFP]