Nel Gulag segreto dei croati

Nel Gulag segreto dei croati Nel Gulag segreto dei croati «Anche Zagabria fa la sua pulizia etnica» ^^^^^^^ TRA I DEPORTATI MUSULMANI I CAPLJINA soldati croati bussarono alla porta di Husnija alle nove del mattino, chiedendo se c'erano uomini in casa. Soltanto mio marito, rispose lei, che è invalido e può camminare solo col bastone. Ciononostante lo tirarono fuori dal letto, lo caricarono su un camion, come tutti gli altri uomini musulmani di Capljina, e lo portarono via. «Avevano l'uniforme, e armi automatiche», dice Husnija con gli occhi pieni di lacrime. «Non ci sono notizie sicure ma abbiamo sentito dire che li stanno spostando altrove. Temo che li uccideranno tutti». Di Capljina non resta che una cittadina terrorizzata, etnicamente «ripulita» di tutta la popolazione maschile islamica fra i 18 e i 60, con le donne che si nascondono in casa per paura dei soldati di pattuglia per le strade, i negozi musulmani sistematicamente saccheggiati e le prime notizie di stupri che arrivano all'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. A una donna è stato riferito che sono cominciate le esecuzioni degli uomini detenuti nei campi. All'Alto commissariato dicono che questa spaventosa situazione «è la norma nella regione». L'atmosfera richiama quella delle città (ora esclusivamente serbe) di Prijedor e Banja Luka, durante la valanga di omicidi e deportazioni dello scorso anno. La purga a Capljina e in altre città, finora pacifiche, della Bosnia meridionale sotto controllo croato è parte di una radicale opera di «pulizia etnica» da parte dei croati, in vista di quella «Herzeg-Bosnia» che stanno creando a suon di fatti compiuti demografici. Il governo della Herzeg-Bosnia sostiene di deportare gli uomini musulmani per motivi di sicurezza, per evitare che vadano ad arruolarsi nell'armata islamica del Nord. Il programma è stato avviato dalle autorità locali ma poi sostenuto da Zagabria, che ha fatto sapere di voler cooperare fornendo visti di transito per i deportati. Gli uomini di Capljina (18% di musulmani) e di un'altra città, Stolac (islamici al 45%) sono trattenuti in due campi a Dretelj e Gabela; due lager della rete circostante Mostar in cui sono attualmente rinchiuse oltre 10 mila persone, mentre ne sono attese altre 50 mila. Il «go¬ verno» dell'Herzeg-Bosnia ha detto all'Alto commissariato in un incontro a Makarska, l'altra settimana, che intendeva deportarli tutti verso Paesi terzi facendoli passare per il campo della famigerata città ustascia di Ljibuski. Il ministro degli Esteri croato, Mate Granic, ha promesso di cooperare a questa deportazione in massa. Le agenzie internazionali sono in trappola: o cooperano, o lasciano i prigionieri a marcire in campi dai quali è bandita ogni ispezione. Il presidente dell'Herzeg-Bosnia, Mate Boban, ha ripetutamente vietato i lager alla Croce rossa e all'Alto commisariato per i rifugiati. Un portavoce di quest'ultimo ha detto che i campi non possono essere visitati perché «si trovano in zona di attività militare» - benché Dretelj sia a 15 km dal più vicino saliente musulmano e Gabela altri dieci chilometri più in qua, quasi al confine con la Croazia propriamente detta. Il portavoce lamenta che il mandato di Croce rossa e Alto commissariato «tende a trasformarsi in quello che loro vogliono; e se riuscissero a entrare nei campi che cosa farebbero?». Afferma che i prigionieri sono «soldati catturati in battaglia a Mostar, Kojnyc e su altri fronti». Ma la nostra visita a Capljina ci ha provato che ciò è falso. Ci avevano detto che non potevamo andare a Capljina. Una volta arrivati nella super-pattugliata città, comunque, scovare i musulmani non è stato facile. «Sono l'unico maschio adulto rimasto in città - mi dice l'imam Hossan Palic - perché sono un religioso». Una donna di 28 anni ci avverte di stare attenti ai soldati perché se ci trovano a parlare «non so che cosa potrebbe succedere». «Mio marito è un giocatore di calcio racconta -. Stava tirando calci con nostro figlio vicino allo stadio quando lo hanno preso». Un'altra donna, anziana, mi dice: «Guardi, io adesso non mi metterò a piangere o a strapparmi i capelli. Mi hanno preso quattro figli. Sono andata al campo e ho chiesto come stavano. Mi hanno risposto che avevano ucciso il mio secondogenito. E che sulla sua fossa avevano gettato ortiche». EdVulliamy Copyright «The Guardian» e per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: Hossan Palic, Mate Boban, Mate Granic

Luoghi citati: Bosnia, Croazia, Italia, Zagabria