«Anche il pci lottizzava...» di Fabio Martini

«Anche il pei lottizzava—» «Anche il pei lottizzava—» Mastella: in casa di Tato si fecero mille riunioni per scegliere i nomi ROMA. Clemente Mastella è un esemplare raro, è un lottizzatore che non rinnega il suo passato: «No, non mi scandalizzo della grande spartizione che ci fu in Rai negli Anni Ottanta, mi scandalizzo di chi fa finta di scandalizzarsi. Ci sono tanti camaleonti in giro, democristiani, pidiessini, socialisti. Mi fanno una rabbia, una rabbia che è difficile a dirsi...». Mastella, pupillo di De Mita negli anni d'oro di Ciriaco, sa quel che dice. Era capo ufficio stampa e responsabile dell'Informazione per la de negli Anni Ottanta e nomine, promozioni, pressioni passavano quasi tutte dal suo telefono. Erano anche gli anni dello sbarco del pei in viale Mazzini. Il direttore del Tg3 Curzi non si dimette perché dice che lui non appartiene alla partitocrazia. Può dirlo? «Curzi fu scelto non perché era bravo, ma perché era comunista ed era funzionale al sistema. Poi ha fatto una televisione brillante, ma questo è un altro discorso. Però lui andò lì con lo stesso meccanismo dei giornalisti assunti sul conto della de e e del psi». D'Alema sostiene che il pei non ha mai partecipato alla lottizzazione... «Questo non è vero, questo D'Alema lo può dire alle Feste dell'Unità...». D'Alema ha in mano un asso. Dice: noi abbiamo persino votato contro la nomina di Curzi a direttore delTg3... «Ma era tutto studiato a tavolino! C'erano centomila riunioni a casa di Tonino Tato (l'ex capo ufficio stampa e braccio destro di Berlinguer, ndr) per studiare le nomine. E a tavolino si studiò anche il voto contrario del pei...». Chi andava a casa Tato? «Biagio Agnes, Walter Veltroni, in qualche occasione anche Achille Occhetto». Quel è vera storia dell'ingresso in forze del pei in Rai? «Il pei entra in forze nel periodo De Mita, quando, per contrastare Craxi, furono associati anche i comunisti. Fu una scelta politica opportuna». Ma è il trionfo delia lottizzazione. «Se c'è stata una storia di regime questa è la storia della Rai. Se c'è stato un consociativismo vero, questo c'è stato alla Rai, con l'associazione del secondo partito italiano». In quei tempi il rapporto di De Mita col Tgl era di ferro. «Cose forsennate o stravaganti, pressioni rispetto ai tele- Clemente Maste Tonino Tato la (in alto) giornali non ne furono mai atte». Suvvia, Mastella a questa immagine idillica non ci crede nessuno... Ma è così. Dentro il partito c'era chi diceva che il Tgl, nel nostro periodo, era troppo poco democristiano». Chi faceva queste accuse a De Mita? «Per esempio Piccoli. Ma sempre con molta tolleranza. Mi ricordo che l'unica riunione con i giornalisti democristiani ci fu prima delle elezioni del 1987 per valutare se De Mita dovesse andare in tv e quali personaggi dovessero andare n video. Tutto qui. Il direttore del Tgl di quegli anni, Nuccio Fava, può confermare». Certo che può confermare, Fava lo ha voluto De Mita. Piuttosto, Craxi: allora era potentissimo. Cercò di bloccare la nomina di Fava? «E' strano. Essere stato dell'Unuri, l'associazione degli universitari, lo avvantaggiò...». Come? «Sì, Craxi lo accettò umanamente come vecchio componente dell'Unuri. E' incredibile ma è così. E poi Craxi era nella logica della spartizione, quello che non toccava a lui, lo interessava fino a un certo punto». E i laici come lottizzavano? La Malfa ha sempre detto che lui non ha mai sponsarizzato nessuno in Rai. Vero? «E' vero che di queste cose non si occupava il segretario del pri. Magari se ne occupava il vice o un incaricato di La Malfa. Di questo tipo di problemi allora si occupava Giorgio Bogi». Mastella, nel democristianissimo Tgl oggi non si trova più un democristiano. Curioso, no? «Curioso sì, perché, a parte alcuni di quelli che entrarono nell'era Bernabei, gli altri sono tutti entrati nei tg con la casacca. Quando c'era il pieno regime democristiano le spartizioni avvenivano tra correnti de, dopo sono arrivati i socialisti, i laici e, dopo, quelli targati pei. Compresi molti giornalisti dell'Unità. Io dico: il prodotto non era male, il sistema non era del tutto sbagliato, ma nessuno può dire "io non c'ero"...». E da lottizzatore non pentito che futuro vede per la Rai? «Fra tante privatizzazioni, l'unica possibile e reale, quella della Rai, in realtà non viene posta all'attenzione dei cittadini. Forse è arrivato il momento che il canone sia abolito. Prima che di questo tema si impossessi qualcun altro». Fabio Martini Clemente Mastella (in alto) e Tonino Tato

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