IL PRESIDENTE IL SEGRETARIO E IL GENERALE di Gaetano Scardocchia
Il procuratore: ho riportato quanto risultava dalle carte sulla Massoneria IL PRESIDENTE, IL SEGRETARIO E IL GENERALE mento del generale Loi. I rapporti da Mogadiscio descrivevano l'ufficiale italiano come recalcitrante alle istruzioni del comando Onu, ossequiente alle direttive «compromissorie» del governo di Roma, ed incline a parlare troppo, anche di cose politiche sulle quali un militare dovrebbe tacere. Loi insomma incarnava tutto ciò che impedirebbe all'Orni di essere un «pacificatore» forte e temuto. Terzo. La crisi avrebbe potuto essere forse evitata se Boutros Ghali non avesse un carattere irascibile ed imperioso. Sia chiaro: la maggior parte degli osservatori ritengono che il generale Loi (e più di lui il governo italiano) abbia sbagliato nel sottrarsi vistosamente al comando dell'Onu. Così come pensa¬ no che il Segretario generale, in quanto esecutore delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza ed in forza di una prassi quarantennale, abbia il diritto di chiedere la rimozione di un ufficiale posto ai suoi ordini. Altrimenti nessuna operazione militare sarebbe possibile. Tutti concordano però nel riconoscere che la delicatezza di un simile provvedimento avrebbe dovuto suggerire l'uso della diplomazia e della riservatezza, oltre che della prudenza. La tradizione vuole che in questi casi «tutti devono salvare la faccia». Boutros Ghali ha invece agito d'impulso, chiedendo a Kofi Annan (il funzionario dell'Onu incaricato delle missioni di pace) di fare una pubblica dichiarazione contro Loi, e questa mossa ha co¬ stretto il governo italiano a prendere le difese dell'ufficiale più di quanto egli meritasse e le circostanze giustificassero. Quarto. Questi errori e queste sconnessioni derivano in parte dal fatto che in Somalia, per la prima volta e sia pure a fini umanitari l'Onu guida di fatto un'operazione bellica che prevede atti offensivi. L'Onu aveva intrapreso altre guerre (Corea, Iraq), ma per interposta persona, ossia autorizzando coalizioni di Stati, guidate dall'America, a combatterle a suo nome. Ora combatte in proprio, ma senza avere i mezzi necessari per farlo: di qui, ancora una volta, la posizione privilegiata delle forze armate Usa nella struttura logistica ed operativa del comando dell'Onu. E senza che si possa far sempre riferimento a regole scritte e collaudate. Queste regole non esistono. Qualcuna deve essere inventata sul campo. L'incidente, dunque, fa par¬ te della sperimentazione. Quinto. Il governo italiano ha tutti i diritti di chiedere di essere consultato sulle modalità dell'azione militare in Somalia, ed anche di ridiscuterne i fini, purché ciò avvenga nella giuste sedi istituzionali. Per intenderci: qui al Palazzo di Vetro di New York, con i nostri rappresentanti diplomatici, e non a Mogadiscio con gli ufficiali sul campo. In altre parole, la vertenza aperta dall'Italia ha due aspetti: uno che riguarda il generale Loi, nel quale il nostro Paese si è venuto a trovare piuttosto isolato, e l'altro che riguarda la necessità di restituire all'intervento in Somalia una prospettiva politica che oggi sembra offuscata e distorta dalle esplosioni dei missili. Questa seconda esigenza trova molti consensi. Tenere separati i due aspetti è molto importante se si vuole davvero riaggiustare i cocci. Dignitosamente. Gaetano Scardocchia
Persone citate: Boutros Ghali, Kofi Annan, Loi
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