Kandinskij color fiaba

Grande mostra a Verona: le prime incisioni annunciano un mito Grande mostra a Verona: le prime incisioni annunciano un mito Kandinskij color fiaba E poi le «sfide» con Klee e Chagall 7*1 VERONA 11 UESTO «Tutto Kandin11 skij» a Palazzo Forti, fino 11 al 14 novembre, catalogo -VjMazzotta, suscita consiV derazioni complesse sulla trasformazione, in bene e in male, dei modi di comunicazione e di informazione dell'arte, soprattutto contemporanea, con un velo di melanconia e di nostalgia. Dedicata ad uno dei colossi e dei miti del secolo - ma, si badi, riconosciuto universalmente come tale solo nella seconda metà; la grande monografia di Grohmann è del 1958 -, è una mostra elegante, didascalicamente valida, basata sui tre fondi collezionistici essenziali, quello monacense del Lenbachhaus donato dalla seconda donna dell'artista, Gabriele Mùnter, quello moscovita della Galleria Tret'jakov, e quello parigino del Centre Pompidou donato dalla vedova e terza donna, Nina Andreevskaja. Su questo versante, questa veronese è certo lontana dalla casualità della mostra fiorentina, appena chiusa a Palazzo Strozzi, Kandinskij fra Oriente e Occidente, ennesimo esempio dello sfruttamento indiscriminato e acritico delle occasioni offerte dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica. Ma la sua eleganza è quella del parente povero, nel senso letterale del termine. Nel momento in cui un grande capolavoro di Kandinskij dell'ultimo periodo, quello parigino, Centro accompagnato del 1937, ha raggiunto all'asta di Sotheby's di Londra del 22 giugno la quotazione di quasi sette miliardi (gli è affine a Verona il piccolo delizioso Verso il blu del 1939), la mostra è costretta a illustrare il primo periodo monacense del primo decennio del secolo, prevalentemente con le pur bellissime incisioni colorate di fiabesco simbolismo, medioevalistico e russo. Vi campeggia anche il Ritratto di Gabriele Mùnter, così vicino alla cultura e al gusto secessionistici italiani, dagli esordi di Severini e Boccioni fino a Casorati. Quando più sopra scrivevo di melanconia e nostalgia, pensavo al fatto che cinque delle opere giovanili qui esposte erano illustrate nel piccolo catalogo in bianco e nero - un solo colore in copertina - che accompagnava nel 1957 la grande donazione Mùnter alla Civica Galleria monacense al Lenbachhaus. Un confronto. Centro accompagnato, allora ancora di proprietà Maeght, era esposto nell'ultima delle tre colossali mostre itineranti organizzate nel 1982-85 dalla Fondazione Guggenheim, che qui ha concesso solamente Paesaggio con macchie rosse II del 1913, dalla sede veneziana, quella dedicata al periodo parigino, approdata anche in Italia al Palazzo Reale di Milano, con cento opere del solo Kandinskij e quasi altrettante di astrattisti a confronto. La Galleria Maeght ha anch'essa contribuito alla mostra veronese: una raffinata vetrina verso la fine ospita un'ottima scelta di 8 disegni a china dal 1923 al 1939, esemplari di quella rigorosa organizzazione progettuale della vita dello spirito che è la caratteristica di fondo dell'opera di Kandinskij soprattutto nel terzo decennio, durante la docenza al Bauhaus, come premessa alla liberazione e vibrazione fantastica offerta dalle misteriose alchimie cromatiche. E' questo il momento di più acuto, problematico confronto con Klee, ben evidente in un piccolo capolavoro come Cooperazione del 1929; così come è evidente, nella fantasia scenica ad acquerello e inchiostro L'uccello di fuoco del 1916, dopo il ritorno da Parigi in Russia, il rapporto d'immagine con Cha¬ gall e con il primo Lissitzky, ma entro quei celebri ritmi a turbine cromatico musical-visionario, spiritualistico, inaugurati con le Improvvisazioni del 1910 e che sono alla radice di ogni futuro espressionismo astratto. Le tappe della grande svolta sono ben scandite con opere importanti, Gita in barca del 1910, Quadro con linee bianche del 1913, Improvvisazione con forme fredde del 1914. Un esempio nodale del trapasso da questi ritmi del fantastico, da questi turbini dello spirito, all'ordine magico nel contesto del Bauhaus è rappresentato dalle 12 litografie a colori, puntesecche, xilografie Piccoli mondi, edite a Berlino nel 1922. Da una parte il parallelo album di 14 incisioni, edito a Potsdam nel 1921, dei maestri del Bauhaus, Feininger, Itten, Klee, Marks, Muche, Schlemmer, Schreyer, dall'altra i lavori degli allievi di Kandinskij concessi dal Bauhaus-Archiv di Berlino, configurano un quadro del tutto valido, per confronto di questa fase dell'artista. E' veramente il caso di dire senza alcuna ironia che la «povertà» aguzza il gusto e l'ingegno. Di questi tempi, se vado a riguardare il catalogo della mostra milanese con una introduzione del sindaco Tognoli, sto dalla parte di Verona. Marco Rosei Un capolavoro su tutti: il «Ritratto di Gabriele Mùnter» vicino al gusto secessionistico italiano, da Severini a Casorati Qui accanto: Kandinskij In alto a sinistra: «La giovane coppia» (1904) Foto grande: «Mosca I, 1916»