Ecco a voi il «giornalismo virtuale»

il caso. Il fotomontaggio è la moda del momento: dove porterà? il caso. Il fotomontaggio è la moda del momento: dove porterà? Ecco a voi il «giornalismo virtuale» Dalle nozze della Schiffer a Di Pietro in manette CCHI tristi, fissi verso l'obiettivo, spalle curve, camicia sbottonata. Ai polsi le manette. Due carabinieri inespressivi ai lati. L'ultimo tangentomane caduto nelle reti di Mani pulite? No, l'uomo dimesso, piegato, che L'Espresso di questa settimana spara su una pagina e mezza, è proprio lui, è l'angelo vendicatore di Tangentopoli, il gran pescatore Di Pietro. Possibile, ha abboccato anche lui? La fotografia è sovrastata dal titolo: «Operazione Mani Legate». Occhiello: «Giochi d'estate. La grande offensiva contro Di Pietro». Il testo di Giampaolo Pansa comincia con queste parole: «Li vogliono così» (a volere sono loro, «quei poveri cristi dei politici, degli imprenditori, dei burocrati» stufi di finire sotto le unghie del giudice di ferro). Tutto chiaro: è un fotomontaggio. Impeccabile, di sicuro effetto. Come quell'altro, uscito in aprile sempre sullo stesso settimanale. Era appena scoppiato lo scandalo Marramao, per le presunte avance del filosofo verso la scrittrice Angela Scarparo: e sulla copertina dell'Espresso ecco i due vicini, in atteggiamento confidenziale, lei con un braccio sulla spalla di lui, sorridente, lui impassibile, un vero macho. Nelle pagine interne, il tocco finale: la Scarparo seduta su un muretto, spalla a spalla con la moglie di Marramao, entrambe sorridenti, atteggiamento vezzoso, come due vecchie amiche. Tutto naturalmente, rigorosamente, virtuoslsticamente falso. Un altro caso, recente anche questo: sul mensile Moda escono le foto esclusive del matrimonio del principe Alberto di Monaco con la top model Claudia Schiffer. Lo scoop dell'anno? Avete già capito. Allora, invece, ai lettori ci volle un po' di più a capire: giusto il tempo di sfogliare qualche pagina, e l'arcano veniva chiarito. Uno scherzo, niente di più. Divertente. Ma che succede: siamo di fronte al nuovo fenomeno, alla nascita del «giornalismo virtuale»? L'invenzione della notizia, per poi ricamarci su e infine smentirla, è l'ultima frontiera della comunicazione? E dove può portare? . «Il giornalismo virtuale c'è sempre stato» osserva Gianfranco Bettetini, cattedra di Teoria e tecnica della comunicazione alla Cattolica di Milano. ((Anche con le parole è possibile far pronunciare discorsi mai detti, stabilire rapporti inesistenti. Ma con l'immagine le cose peggiorano: hanno una maggiore incidenza per il loro forte realismo e per la loro intensa portata metaforica. I lettori dell'Espresso sono sufficientemente smaliziati per non essere turbati dall'immagine di Di Pietro in catene. Ma per chi sfoglia il giornale distrattamente quella foto può dare il via a un'interpretazione fuorviante. Dunque attenzione: i fotomontaggi vanno bene, però molto dipende dal contesto e dall'impaginazione. Un'altra avvertenza: Di Pietro incatenato è ammissibile, perché palesemente paradossale, lontano dalla realtà. Tutto il contrario se si rappresentasse in quelle condizioni un indagato». Sergio Zavoli, fresco di nomina come direttore del Mattino, a lungo presidente della Rai, è un altro che di immagini se ne intende. «Roland Barthes ci ha preceduto: il segno con cui dai primi graffiti a oggi si era convenuto di rappresentare la realtà presto non basterà più. Sarà la tv a invecchiarlo, riducendolo a qualcosa di oggettivo, neutrale, e quindi inefficace. Voleva dire che per ricevere la realtà, ormai, occorre un di più di comunicazione; e ciò corrisponde, fatalmente, a un di più di artificio. Oggi ciò che bisogna capire va prima di tutto visto e poi, possibilmente, deve emozionarci. Non c'è linguaggio che non sia rimasto influenzato da questo nuovo modo di dare e fruire la realtà. Il fotomontaggio non è perverso in sé, bisogna vedere se è messo al servizio di una comunicazione corretta o scorretta». Il discorso si sposta sul piano dei valori: e quindi di un'etica a cui attenersi, anche nella manipolazione dell'immagine. La fotografa Paola Agosti è recisa: «Il fotomontaggio è un uso scorretto dell'immagine. Ma in Italia l'uso della fotografia è sempre stato scorretto, inutile adesso gridare alla novità: basta guardare i giornali di cronaca rosa per capire come abbiano sempre usato l'immagine. Ma è scorretto anche il giornale più serio: non occorre che trucchi una foto, basta che la tagli in un certo modo». Severo il fotografo Tano D'Amico: «Non esistono regole. Tutto sta nel buon gusto del giornale. Di Pietro in manette è un'immagine molto rozza, a senso unico: dice una cosa sola, non invita a riflettere. Ben altri esempi di fotomontaggi si potrebbero citare, come quelli di Hartfield che nella Germania nazista se ne servì per mettere in ridicolo Hitler e Goebbels. Non è questione di immagini vere o false, ma di messaggi più o meno intelligenti». E Oliviero Toscani, il maestro di fotografie sempre discusse per il loro forte impatto? Lui non si pone troppi problemi: «Forzare la realtà per passare un messaggio è del tutto lecito, anzi ben venga se, come in questo caso, si difende un giudice e le sue sacrosante indagini. E' un modo espressivo e creativo come un altro, non vedo perché faccia scandalo: qualcuno mi spieghi come mai sulla pittura, sulle vignette nessuno trova mai nulla da ridire». Già, perché? A spiegarlo ci prova Sergio Romano, prefatore di un recente libro di Alain Jaubert uscito dal Corbaccio: Commissariato degli archivi. Le fotografìe che falsificano la storia. «Le vignette di Forattini e compagni sono caricature, tendono al grottesco. Come le fotogra fie di Hartfield, come i disegni di Daumier, come il Di Pietro in manette. Diverse finalità, ma identica intenzione: c'è un messaggio da trasmettere, e lo si dà con una invenzione grafica. Non sono dei falsi, Il caso delle fotografie del libro di Jaubert è diverso: qui ci sono im magmi manipolate che pretendono di essere lette come vere». La paróla a due manipolatori professionali delle immagini e dell'immaginario. Il pubblicitario Sii vio Saffirio sorride: «Francamente non riesco a mdign'armi: quando si diventa famosi, bisogna anche ac cettare di vedere la propria imma gine manipolata. L'Espresso ha usato Di Pietro esattamente come l'etichetta di un prodotto, guardando alla forza di impatto. E' un'immagi ne molto espressiva e come pubblicitario posso trarne una sola con clusione: farà vendere». Ma questa non è una ragione sufficiente per Silvano Guidone, direttore creativo dell'Armando Testa: «E' un'immagine imbecille, anche se "golosa" Le immagini forti vanno bene quando possiedono ironia, e si ri volgono a un pubblico avvertito. In questo modo, invece, non si aiuta la gente a capire. Per fare uno scoop si tradisce la notizia, rendendo tutto uguale al suo contrario, con il risul tato che non si crede più a nulla Siamo nell'Italia delle degenerazio ni e delle esagerazioni: si esagera nel condannare e nell'assolvere, si esagererà nel dimenticare. Non solo cattivo gusto: è una colpa rivi le». Maurizio Assalto Raffaella Silipo Bettetini: «Il giudice incatenato va bene perché paradossale. Trucco inammissibile con gli indagati» Fotografi e pubblicitari divisi Paola Agosti: «Una scorrettezza» Toscani: «Ben venga» A sinistra Claudia Schiffer e Alberto di Monaco (anche con la fede al dito), sposati per scherzo dal mensile «Moda». Sotto: la Scarparo con la sua «rivale», la moglie del filosofo Marramao

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