sesso sintetico

||l W il tormentone. Gli eroi del ballo che terrorizzava le madri e cambiava la vita delle figlie sesso sintetico EE strade sono piene di donne... uh... uguali a te». Estate 1962. Dando senza tanti complimenti della puttana all'amata, Adriano Celentano vinceva la prima edizione del Cantagiro, straordinaria carovana musicale che per otto anni attraverserà l'Italia festaiola spargendo nelle piazze note e mode, divismo e inchiostro d'autografi. La canzone si intitolava Stai lontana da me, titolo originale Tower of strength (forte rocca, cioè fondamento, sostegno), tradotta o, meglio, reinventata, da Mogol sull'originale di Bob Hilliard e Burt Bacharach. Era un twist, il ballo tormentone di più estati Anni 60, made in Usa, firmato dal musicista nero Chubby Checker e ripreso in tutto il mondo. Il signor Bacharach non aveva fatto altro che salire, portandoci il suo gusto raffinato, su uno dei treni più fortunati di tante stagioni musicali. E, con una versione ben più rozza, conquistava l'Italia, proprio lui che poco prima (ricorda Gianfranco Manfredi nel suo libro su Celentano) si era presentato alla Ricordi con una pila di spartiti, molte speranze, talento e umiltà. Lo giudicarono mediocre e lo cacciarono. Tutto nasceva lì, al giro di boa fra Anni 50 e 60. Chubby Checker se n'era venuto fuori con quel ballo fatto di torsioni del busto e del sedere, corpi che si avvitavano a terra e si rialzavano, ballerini che si chinavano sulla compagna piegata all'indietro, bacini che si allontanavano e si reincontravano. «Sesso sintetico», tuonarono i puritani eruditi d'America. Non erano bastate le movenze di Elvis Presley? Ci mancavano le allusioni, le «impurità», i «gesti demoniaci» del twist? Ce n'era abbastanza perché funzionasse. Nel '61 l'Italia era molto twist. Nel '62 era esasperatamente twist. Peppino Di Capri sbalordì da un giorno all'altro il suo pubblico romantico, incidendo Let's twist again. Racconta Peppino Di Capri: «Oggi tutto viene trasmesso nel mondo in contemporanea, ma allora scoprivi le novità per caso e te le portavi a casa. Ricordo che stavo guardando la "Settimana Incom". A un certo punto dalla Francia arrivò quella musica. Telefonai a Parigi, a Gerry dei Brutos, quello con i dentini, e gli chiesi di mandarmi quel che trovava in materia. Lo imparai e lo suonai per la prima volta alla Sala Danze Arlecchino di Torino. Fu un successo. In un clima di voglia di cambiare, di divertirsi, veniva il momento della gente che faceva i gesti che voleva. C'era terreno fertile e il twist era la manna dal cielo». L'altro padre del twist italiano è Teddy Reno. Era in America a darsi da fare per «importare» Paul Anka, ragazzotto che là aveva trascinato le folle: «Mi ritrovai in pieno exploit di Chubby Checker». Intanto mandava avanti in Italia il concorso di Ariccia per voci nuove. E lì arrivò da Torino una certa Rita Pavone, piccola e determinata, che cantava nelle balere per mille lire a sera. Parlò chiaro: «Io non ho soldi e non posso stare qui a lungo, facciamo il provino e via». Teddy Reno l'accontentò: «Fece un pezzo di Paul Anka, muovendosi a tempo di twist. Vinse. Era il luglio '62». A dire il vero, prima di quell'estate lei ci aveva già provato col twist, negli spettacoli in balera. Racconta: «Avevo una partitura di Checker e la diedi all'orchestra: dissero di no, non se ne faceva niente, era sorpassato. La verità è che erano vecchi come Cartagine, non erano capaci di suonarlo». Lei non mollò. Dopo il concorso di Ariccia incise Amore twist, poi II ballo del mattone, una trovata di Bruno Canfora e Dino Verde dove la protagonista si dà al twist con tutti i presenti, salvo poi perfidamente consolare l'innamorato dicendogli: «Con te che sei la mia passione io ballo il ballo del mattone», con immediato stacco musicale sul lento del «guancia a guancia». Proprio nel gruppo che scalzava la coppia era il segreto. Edoardo Vianello - che descrisse la danza nel testo «guarda come dondolo con le gambe ad angolo» - dice oggi: «E' stato, dopo il cha cha cha, il primo ballo che ha staccato le coppie. Ma il cha cha cha era schematico. Nel twist ognuno era autonomo, faceva quel che gli pareva e non aveva nemmeno bisogno di una compagna. Andavi sulla pista e ti univi a chi c'era». Una sorta di innocente ammucchiata danzante. Non a caso - ricorda Rita Pavone - madri atterrite mettevano in guardia le figlie: dal tenero «fa male alla schiena» al terrificante «fa perdere la verginità». Celentano, Pavone, Di Capri, Vianello, un fanciullesco Morandi con l'improbabile Go-kart twist, Dorelli alle prese con Speedy Gonzales lanciata negli Usa da Pat Boone. Questa era l'Italia tormentata e beata dal twist, ragazzine e commendato- ri, bagnini e matrone, ragazzi e ragazze foruncolosi o no, bamboccioni con la prima sigaretta che li faceva tossire e arrossire, tutti sulla stessa rotonda di spiaggia. L'altra faccia, quella politica, economica, sociale, viveva i primi cenni di benessere dopo gli anni del dopoguerra. Intanto l'Alto Adige era sconvolto dagli attentati dinamitardi per rivendicare l'autonomia della popolazione di lingua tedesca. Si apriva il Concilio Vaticano II, Fanfani formava il primo governo di centro-sinistra e l'energia elettrica veniva nazionalizzata. Nel '63 l'Italia, in lutto per la morte di Papa Giovanni XXIII, pianse il disastro della diga del Vajont: più di duemila morti. Nelle balere, sulle spiagge, a cerchio intorno ai juke box, si ripeteva contorcendosi: «Sarà perché io dondolo, saranno gli occhi tuoi che brillano, ma vedo mille mille mille lucciole». Commenta il coreografo Don Lurio: «Non era nulla di rivoluzionario, ma era un movimento che funzionava». D'accordo, ma perché funzionò tanto da diventare un tormentone, guai a chi non provava almeno una volta? «Perché esisteva ancora la novità. Ora vedi le cose in tv appena nascono, le fai tue e dopo due ore sono morte, ne vedi nascere un'altra in diretta. Allora, si espandevano e rimanevano finché non si diffondeva la moda nuova. I tre balli rimasti di quell'epoca sono cha cha cha, twist e hully gully, che era il più giusto, quello più da febbre del sabato notte». Dei tre, quello di Chubby Che- cker ha gli onori maggiori, come il revival che gli dedica ora il Festival del Cinema di Taormina (27 luglio-2 agosto) con «Twist», documentario del canadese Ron Mann, pieno di ritmo, interviste a protagonisti dell'epoca, vecchi spezzoni cinematografici e televisivi. E Mann non è un vecchio nostalgico, ha 35 anni.Ai tempi di Twist again era poco più di un neonato. E bambina era Lidia Ravera: «Il mio è un ricordo infantile e completamente omosessuale. Ogni dieci o venti buone note, la maestra ci dava, a scelta, una medaglia o un disco, così mi feci un gruzzolo di dischi: Twist twist, ho pensato a te. Ma si ballava con le compagne di scuola. Poi è venuta la contestazione e ballare era di destra. Così questa voglia mi è rimasta. I miei amici sono intellettuali e mi guardano come fossi pazza. Durante una vacanza recente, amando io le terme, ho trascinato il mio compagno e degli amici ad Abano. La sera in albergo, con tedeschi di età media sui settant'anni, l'orchestra suonava polke e mazurke. Il capoorchestra ha ammiccato a noi e ha detto: facciamo per i giovani Twist again. E' stato commovente e grottesco». Perché tanto successo per un ballo? «Nell'affermarsi di questi balli si cercano sempre ragioni sociologiche, si fa dell'enfasi sulla giovinezza. Semplicemente, tutti i balli veloci hanno una carica liberatoria. Quanto ai primi Anni 60, c'era la mistica del godimento, poi rivista in versione banalizzata negli Anni 80. Allora era reale». Voglia di vivere, costruire e divertirsi. Erano soltanto questo gli anni del twist? «Era anche il momento di grandi esplosioni di possibilità», ammette Giovanni Minoli, che nel '62 aveva 16 anni, figlio della borghesia intellettuale torinese: «Rispetto al dopoguerra si vedevano i primi cenni di benessere che offrivano sviluppo per tutto». Anche lui ballò il twist, «e con passione», ma riflette: «In realtà lo scontro sociale era forte, basti pensare alle resistenze al centro-sinistra che si poneva come la grande speranza di coniugare sviluppo e giustizia. C'era la rivolta del costume, la prima ridiscussione del ruolo femminile». L'euforia, forse, vista col senno di poi, era come un utile lenzuolo: «Abbiamo poi scoperto che nascevano le storture. Quanto c'era di basi occulte dei prossimi stragismi di Stato? Si poteva già pensare a un altro Stato, più nascosto e segreto, ai poteri occulti?». Gli Anni 60 si sarebbero chiusi con la strage alla Banca dell'Agricoltura a Milano. Ma allora, in discoteca, si vivevano i «begli anni». Dice la Pavone: «Forse, sotto la tranquillità, si ponevano le basi della sporcizia, ma l'impressione era di grande tranquillità. Sembrava, a noi che attraversavamo l'Italia in carovana con il Cantagiro, che tutto fosse lavorare, andare al mare vicino a casa, divertirsi, sempre basando il passo sulla propria gamba. Noi sentivamo un brano straniero e subito lo ripetevamo, incidendolo alla buona, senza le tecnologie di oggi. E lo stesso avveniva all'estero. Noi avevamo importato il twist dagli Stati Uniti? Violeta Rivas lo portava in Argentina traducendo il mio Ballo del mattone». Commenta Edoardo Sanguineti: «Nel consumo della musica di intrattenimento, in fondo, era segnata una svolta che trovava analogie con quanto c'era di sperimentale, di volontà di rinnovamento, nella musica classica, nella letteratura, nel cinema. A partire dagli Anni 50 in ogni campo avveniva qualcosa: nouvelle vague, pop art, nouveau roman, i testi del Gruppo '63, la musica di Berio, Boulez, Stockhausen, Nono. Finiva la cultura del dopoguerra». Ma non era un periodo felice: «Il mondo prendeva coscienza delle divisioni, dei blocchi. La felicità è un luogo comune. C'era uno stacco rispetto alla vecchia Europa, che la guerra aveva spaccato in due». Solgenicyn pubblicava Una giornata di Ivan Denisovic, Antony Burgess scriveva Un'arancia a orologeria (poi film di Kubrick col titolo L'arancia meccanica), Marilyn Monroe moriva nel mistero di un suicidio rimasto un giallo buono per ogni stagione. In Italia era il tempo del Giardino dei Fimi Contini di Bassani, del Giorno della civetta di Sciascia. Dario Fo presentava Settimo, ruba un po' meno. E la sera, a Studio 1, Rita Pavone, sostituendo Mina, cantava, accompagnata dal gruppo dei "collettoni": Abbiamo 16 anni, abbiamo Cicerone. A tempo di twist. Poco prima, ricorda Peppino Di Capri, la censura si era abbattuta su un bendidio di gambe e sederi in calzamaglia che si agitavano negli stessi movimenti. Poi il twist s'è addormentato, senza andarsene, ripescato dalle voglie di revival. Dice Peppino: «Io tornai al melodico, ma di Twist again non mi pento. Era un momento di follie. E io ho fatto la mia parte». Edoardo Vianello: «E' stata la prima danza che ha staccato le coppie» Un mito con tre re-. Celentano, Peppino di Capri e Teddy Reno. E una regina scatenata, Rita Pavone, Funzionò, e lo provarono tutti ||l Wm m s II Sopra, Paul Anka. A sinistra, dall'alto in basso, Rita Pavone con Teddy Reno; lo scrittore Edoardo Sanguineti; Caterina Caselli al Cantagiro Peppino di Capri balla il twist assieme alla moglie. Accanto al titolo, Edoardo Vianello