Se l'inflazione cala l'oro torna a brillare di Mario Salvatorelli

r I NOSTRI SOLO! Se l'inflazione cala Voto torna a brillare E posso farle un rimprovero, trovo che lei ha l'abitudine, anzi, la brutta abitudine, di toccare argomenti di vivo interesse, e di abbandonarli, poi, al loro destino, disinteressandosene. Per esempio, osservava nella sua rubrica di lunedì 3 maggio che «solo l'oro rischiara la notte della lira», e precisava che «in Italia, negli ultimi 12 mesi, non c'è stato investimento che si sia dimostrato più redditizio dell'oro, che ha realizzato in questi 12 mesi un aumento del 27% in lire italiane al grammo (da 13.501 a 17.150). Anche se questo aumento rispecchia la svalutazione della nostra moneta sui mercati dei cambi, nulla ci vieta d'interpretarla come una luce di speranza». Poi, più nulla sull'argomento che pur interessa milioni di persone. Perché?». Potrei rispondere al lettore Vittorio Ciamponi, di Torino, che per me è spesso sufficiente indicare gli oggetti e i momenti più interessanti di un eventuale investimento, e lasciarne agli altri lo sfruttamento. Oppure che, considerando la percentuale dei capitali investiti in oro rispetto ai miliardi investiti in titoli di Stato, l'avere scritto una volta sull'oro equivale a 100 volte l'aver trattato l'argomento «debito pubblico». La verità, come sempre, sta nel mezzo, ma sono lieto di riaccostarmi al re dei beni rifugio, il quale, se ha da tempo abdicato a questi titoli, è pur sempre quello che storicamente simboleggia la ricchezza, agli occhi di tutti. I lettori noteranno che non ho citato le quotazioni dell'oro in once e in dollari, dato, come ho detto e ripetuto fino alla noia, il comportamento del dollaro sui mercati dei cambi, da oltre vent'anni, e cioè da quando il Tesoro degli Usa ha ufficialmente abdicato (un altro «re» decaduto) al suo compito fondamentale, perno del Sistema monetario mondiale nato dagli accordi di «Bretton Wóods» del 22 luglio 1944, una ricorrenza che andrebbe commemorata. Il compito, cioè, di convertire in oro i dollari detenuti dalle banche centrali degli altri Paesi aderenti al Sistema e che eventualmente li avessero presentati per la conversione. E, questo, è un comportamento che non ispira fiducia. Anche perché la «hot money», la moneta calda, in cer ca di occasioni speculative, che gira nel mondo non si calcola più a centinaia di miliardi (di dollari), come ai tempi del compianto Rinaldo Ossola, il quale già negli Anni Settanta ne aveva paura, nella sua veste di presi dente del «Club dei sostituti» dei grandi Paesi dell'Occidente, ma in migliaia di miliardi. Si pensi che, secondo stime della Bri, la Banca dei Regolamenti Interna zionali di Basilea, all'inizio del '93 il totale del finanziamento internazionale netto ammontava a qualcosa come 4940 miliardi di dollari (pari, al cambio attuale, a circa 7 milioni 830 mila miliardi di lire). Con questa enorme palla di neve alle spalle (non tutta in dol lari, ovviamente, ma in buona parte), pronta a trasformarsi, se le circostanze lo consigliassero oppure lo provocassero, in una valanga, il cambio in oro della moneta Usa, lungi dal poter ricostituire, nel breve tempo, il perno del sistema mondiale, è destinata, ancora a lungo, ad essere un «perno libero», fuori del suo alloggiamento, causa di turbamenti profondi a se stessa e alle altre valute. Per tornare all'oro, ma in grammi, non in once, e valutato in lire italiane, non in dollari, non c'è dubbio che chi l'acquistò a 22 mila lire il grammo, non oggi, ovviamente, ma nel 1980, sul finire, cioè, della «grande corsa» all'oro di quei tempi (e, qualcuno lo avrà ben acquistato, a quei livelli, altrimenti lassù le sue quotazioni non sarebbero giunte), a un prezzo pari alle 60 mila lire correnti nel '93, non avrà ancora finito di strapparsi i capelli. Ma chi lo avesse acquistato negli ultimi 15 mesi incomincerà a fregarsi le mani, perché dal 30 aprile il prezzo dell'oro è aumentato del 48%, da 13.501 a 20.005 lire il grammo (quotazione a Milano del 13 luglio '93). In un momento in cui i rendimenti dei titoli di Stato scendono, alle nuove aste e sui mercati (e, probabilmente, continueranno a ridimensionarsi anche se non fino al rendimento di 1 punto reale per i Bot, come abbiamo sentito l'altra sera in Tv, in un consesso di esperti veramente a ruota, più che libera, uscita dal perno, come il sistema dollaro-oro, in questo momento, dicevamo, il risparmiatore si guarda attorno con maggiore attenzione. E sull'oro il suo sguardo può tornare à posarsi. La Banca dei regolamenti Internazionali ci dice che la produzione occidentale del metallo è stata di 1840 tonnellate nel '92, con un aumento del 3,6% sul '91, già notevole ma, tutto considerato, assai scarso, rispetto agli altri grandi numeri del mondo occidentale. Ma osserva che «la forte domanda destinata ai consumi (per usi industriali e oreficeria) e il rinnovato interesse per l'oro a fini di investimento, ne hanno fatto bruscamente salire il prezzo che a metà maggio '93 aveva quasi raggiunto i 382 dollari l'oncia, il più alto livello degli ultimi 28 mesi». Da parte nostra, guardiamo ai prezzi in lire, che toccano le 20 mila lire il grammo, sia pure in lire 1993, ma non per questo non interessanti, in ogni caso più facili da paragonare con quelli di altri impieghi «finanziari». Si ha come l'impressione che il cessare della grande alluvione inflazionistica e il ritorno a una forbice assai meno divaricata tra tassi nominali e reali porti nuovamente alla ribalta il nobile metallo. Mario Salvatorelli

Persone citate: Rinaldo Ossola, Voto

Luoghi citati: Basilea, Italia, Milano, Torino, Usa