«Stato, concorrente sleale» di Francesco Bullo

Parla Carlo Bava, presidente dei piccoli imprenditori torinesi Parla Carlo Bava, presidente dei piccoli imprenditori torinesi «Stato, concorrente sleale» Salari, il sì vince ma è lite sugli integrativi SujmSSSì ROMA. Non preoccupano i sindacati le «bocciature», all'accordo sul costo-lavoro, in alcune grandi aziende. Il «sì», infatti, sta riscuotendo schiaccianti successi. Nella giornata che ha registrato un prevalere dei «no» alla Fincantieri di Genova, alla Sevel di Pomigliano e alla Fiat di Cassino (57,4% contro, 42% a favore), in quasi tutti i posti di lavoro continua a prevalere a larga maggioranza il «sì». Secondo i dati diffusi dalla Cgil nazionale ieri i voti favorevoli sono stati il 71,59% contro il 22,42% di contrari e il 6,06% di astenuti. Questi gli ultimi dati per regione (fra parentesi la percentuale dei «sì»): Basilicata (91,36%), Calabria (93,48%), Emilia (72,65%), Lazio (69,39%), Liguria (70,37%), Lombardia (63,95%), Marche (85,28%), Piemonte (67,17%), Puglia (83,69%), Sardegna (73,04%), Sicilia (96,86%), Toscana (72,58%), Campania (87,11%). TORINO. L'ingegner Carlo Bava, presidente dei «piccoli» dell'Unione Industriale di Torino, il 22 luglio passa le consegne, ma in quest'ultima settimana del suo mandato non tira i remi in barca e non va in vacanza. «Sono i problemi sul tappeto che non conoscono la "chiusura per ferie"» risponde. L'accordo a tre (sindacati, governo, imprese) sul costo-lavoro è però stato raggiunto e, seppur con qualche eccezione, anche le assemblee di fabbrica lo stanno approvando. Quali sono allora i problemi? Alla vigilia dell'intesa le riserve della piccola-media industria erano molte. Vi sentivate emarginati. Mandaste anche un duro segnale alla Confindustria. Domanda: non è cambiato nulla? «L'accordo non soddisfa nessumo, ma come tutti i compromessi non lascia sul campo vincitori e vinti, ma solo un alone di insoddisfatti». Che cosa vi preoccupa? «E' una cornice che va riempita. Dipende con che spirito lo si fa. Semplifico. La generalizzazione degli integrativi nella piccola impresa sarebbe una rovina: prolifica la conflittualità permanente. Il sindacato è fondamentale, ma o producia¬ mo reddito insieme, aziende e lavoratori, o si privilegia la "distribuzione del reddito". Mi domando: quale reddito se non c'è più?». Un problema di busta-paga? «Non ci sono margini di tenuta: la piccola impresa è scarsamente capitalizzata, rapinata dalle banche, penalizzata da costi crescenti. C'è l'impegno del governo a fiscalizzare parte degli incrementi salariali. Quanto? Quando lo sapremo daremo un giudizio». E i contratti interinali? «L'affitto di manodopera va bene, l'insegna la Francia. Ma come? Siamo a un altro rinvio di decisoni. E c'è il rischio che riguardi solo alti profili professionali: non toccano la piccola impresa e servono ben poco a creare maggior occupazione». L'accordo, anche fosse il migliore, non è tutto. Avete un problema di soldi. «E' vero. La crisi di liquidità rischia di inchiodare il sistema produttivo». Un ritornello: abbassare i tassi? «Senz'altro, ma non basta. Anche se il tasso di sconto scende, le banche fanno pagare oltre il 50% in più del tus, raschiando le ultime risorse del sistema produttivo. Risorse che di questo passo rischiano di assottigliarsi sempre più. C'è una vasta fascia di "piccoli" che vede compromesso il reddito d'impresa e si sta mangiando il capitale». Allora volete più soldi dalle banche? «La questione non si risolve solo con più credito, ma trasferendo i finanziamenti dal breve al medio-lungo termine. Come favorendo l'investimento delle famiglie nelle imprese; un primo passo c'è stato: l'approvazione dei fondi chiusi. Ma il vero nodo è la concorrenza sleale dello Stato che drena risparmio alle famiglie, alle imprese, al "sistema Italia" con una valanga di titoli: Bot, Cct, Btp, eccetera, sono una toppa per i debiti dello Stato, ma non creano certo ricchezza né posti di lavoro». Dobbiamo fare anche i conti con l'Europa... «Sì. E le imprese rischiano nuovi vincoli all'italiana». Cioè? «Direttive Cee che l'Italia ha "dimenticato" di recepire, come quella del marchio sui macchinari, col risultato di penalizzare il prodotto italiano rispetto alla concorrenza europea. O le direttive che Roma "interpreta" in modo burocratico e bizantino». Un esempio? «Sicurezza degli impianti. Nessuno la contesta, ma qui si sta studiando un sistema che comporta vincoli burocratici pesantissimi e difficili da rispettare. E' un po' come il "740": la maggioranza della gente è pronta a pagare le tasse, ma vorrebbe capirci qualcosa». Francesco Bullo A sinistra un'immagine di uno sciopero In alto Carlo Bava

Persone citate: Carlo Bava, Salari