«Sfido la morte amando un sieropositivo»

«Sfido la morte amando un sieropositivo» E' stata battezzata «Sindrome di Samo», vittime principali le donne con problemi psicologici «Sfido la morte amando un sieropositivo» Si diffondono i casi di partner sani che rifiutano le precauzioni BOLOGNA. Lei, Paola, ha 28 anni, è figlia di un avvocato e lavora come infermiera in un ospedale della provincia di Bologna. Lui, Gianni, ne ha 31, è tossicodipendente, è stato qualche mese in carcere per furti e scippi e due anni fa ha scoperto di essere sieropositivo. L'anno scorso Paola e Gianni si sono conosciuti in un centro sociale, dove lei opera come volontaria, e si sono innamorati. Paola sa fin dall'inizio della sieropositività di Gianni, ed è ben cosciente che anche lei può contrarre il virus dell'Aids. Eppure, i due non usano alcuna protezione durante i rapporti sessuali. Anzi, in una seduta di psicoterapia, lei ha detto: «Non voglio usare il preservativo perché ho paura di offenderlo. E poi non mi importa se mi infetto da lui, l'importante è che lo amo. Tanto, un giorno o l'al- tro tutti moriremo, e io voglio morire con lui». Questo atteggiamento, un misto di eroismo, incoscienza e autolesionismo, è stato battezzato «sindrome di Samo», dal nome dell'isola greca di Samo dove esisteva un lebbrosario nel quale, grazie ad un editto «rivoluzionario», non era vietato il matrimonio tra lebbrosi e gente sana. La denominazione «sindrome di Samo» è stata ideata da Carlo Lazzari, un giovane medico psicologo dell'Istituto malattie infettive dell'università di Bologna, che sul tema ha pubblicato un articolo sull'ultimo numero di «Fm», rivista scientifica spedita a tutti i medici italiani. Lazzari, che fra l'altro collabora anche con il telefono verde Aids della Regione Emilia- Romagna, da anni segue centinaia di coppie eterosessuali stabili, con donna sana e uomo sieropositivo, che sono informati sulla possibilità di contagio, ma che hanno comunque rapporti sessuali non protetti. Come Paola e Gianni, nomi di fantasia per una storia vera. E come i protagonisti del film «Le notti selvagge», opera prima e ultima del regista Cyril Collard, morto di Aids a 35 anni nel marzo scorso. Una storia autobiografica, in cui il protagonista, interpretato dallo stesso Collard, è un bisessuale sieropositivo che fa l'amore, oltre che con molti «prostituti», anche con una ragazza diciassettenne e con un giocatore di rugby, senza metterli al corrente della sua condizione. I due amanti del protagonista, rivali tra loro, rifiutano poi ogni protezione anche quando vengono a sapere della sieropositività del partner. Se la trama del film è estrema, il fenomeno delle coppie eterosessuali «miste» che sfidano il fantasma dell'Aids è invece in continua crescita. «Ed è un fenomeno tipicamente italiano - spiega Lazzari durante una pausa dal lavoro -, tanto che quando intervengo ai congressi internazionali i colleghi stranieri si mostrano un po' stupiti. Dopo centinaia di collo¬ qui con le coppie che hanno questo problema, ormai ho constatato che la donna è solitamente di buona famiglia, con educazione medio-superiore o universitaria, e ha una spiccata predisposizione all'aiuto verso gli altri. In genere è maestra, infermiera o assistente sociale, ed è impegnata nel volontariato. Il partner, invece, proviene da famiglia povera, è tossicodipendente, ex detenuto, disoccupato. La ragazza ha sofferto di depressione e ha vissuto rapporti conflittuali con la famiglia, specie con il padre che spesso è assente o morto. Insomma, ha vissuto dei vuoti affettivi, e nell'amore per un sieropositivo trova la possibilità di vivere un sentimento oltre la vita. Sa che rischia di ammalarsi di Aids, ma così vuole dimostrare di essere capace di un amore a prova di tutto». Più raramente capita che sia sieropositiva la donna, e in questo caso l'uomo sieronegativo che non vuole usare il preservativo manifesta una «sindrome di onnipotenza»: «Io non mi ammalo perché ho dei linfociti forti», è una delle spiegazioni raccolte da Lazzari, così come «voglio sfidare la morte». La cura? «Con le singole coppie portiamo avanti programmi di psicoterapia - continua Lazzari - e cerchiamo di dare informazioni sul sesso sicuro. Ma per arginare il pericolo di diffusione dell'Aids per contagio eterosessuale è necessaria una informazione diversa, e all'intera popolazione. Insomma conclude - non è vero lo spot "se lo conosci lo eviti". Per evitare l'Aids bisogna non avere crisi esistenziali o depressioni. Perché in questi casi la scelta di avere rapporti a rischio con sieropositivi diventa un suicidio al rallentatore». Roberta Castellano «Niente preservativo si offenderebbe» Uno psicologo bolognese pubblica uno studio Una scena del film «Notti selvagge» opera prima e ultima del regista Cyril Collare), morto di Aids a 35 anni nel marzo scorso

Persone citate: Carlo Lazzari, Collard, Cyril Collard, Cyril Collare, Lazzari, Roberta Castellano

Luoghi citati: Bologna, Emilia, Romagna