Un para

Un para Un para «Al pastificio è andata così» MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Nel punto più caldo di Mogadiscio, all'inizio della strada imperiale, verso Nord, in un'area fortemente controllata da Aidid, abbiamo incontrato il comandante del checkpoint: si chiama Paolo Ricco, ha 30 anni, è bresciano, è capitano nella Folgore. E' l'uomo che comandava, lo scorso 2 luglio, il 15° battaglione dei para protagonista della drammatica operazione Canguro 11, nata come un rastrellamento e finita con la strage dei nostri ragazzi. Anche Ricco è stato ferito, con un proiettile di striscio, dopo avere coraggiosamente tenuto a bada i somali per tre ore. Ora racconta: «Siamo rimasti bloccati con tre carri armati, in una imboscata certamente preorganizzata, sotto il fuoco di fucili, mitragliatori Kalashnikov e poi anche cannoni anticarro. Abbiamo preso quasi subito un razzo, quello che ha ferito mortalmente Pasquale Baccaro. Il para è entrato quasi subito in coma, ma è rimasto lì con noi per quasi tre ore, prima che il Col Moschin riuscisse a spezzare l'accerchiamento. Il sergente Paolicchi ed il sottotenente Millevoi sono invece morti mentre stavano ac-orrendo in nostro soccorso». «Dopo tre giorni ci hanno mandato a riprendere il checkpoint Ferro, dopo una settimana eravamo di nuovo a Pasta. Ho dovuto convincere i miei uomini con parole molto ferme a tornare in zona. Loro hanno compreso». La battaglia del pastificio ha comunque, ancora, qualche «buco nero», che nemmeno Ricco sa chiarire: «Tre ore sotto il fuoco nemico, intrappolati vicino ai nostri carri, sono state un inferno, e sono state troppe. Ci siamo spesso chiesti perché i rinforzi non siano arrivati prima e soprattutto perché l'elicottero Mangusta, che era sulla zona in volo radente, non abbia sparato. Forse temeva di colpire noi, ma il suo aiuto sarebbe stato prezioso, forse decisivo». Aggiunge poi altri particolari, sinora non noti: «A combattere siamo stati in pochi perché su altri carri c'era gente che si è defilata, e che si è poi limitata a passarci le munizioni, quando noi le abbiamo finite». Poi racconta di una nostra mitragliatrice pesante Browning «che i somali ci hanno sottratto in combattimento e che ora potrebbe spararci addosso». E adesso? «Adesso cerco di fare il mio dovere. La gente somala è brava gente, ma purtroppo si lascia manovrare, quindi è pericolosa», [a. e]

Persone citate: Aidid, Browning, Millevoi, Moschin, Paolicchi, Paolo Ricco, Pasquale Baccaro, Pasta

Luoghi citati: Mogadiscio