Pace tra l'Onu e l'Italia Loi rimane di Angelo Conti

Ma ai nostri soldati a Mogadiscio è affidato il duro compito di riconquistare il pastificio Ma ai nostri soldati a Mogadiscio è affidato il duro compito di riconquistare il pastificio Pace tra l'Onu e l'Italia: Loi rimane C'è un patto segreto tra Roma e l'ammiraglio Howe MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Salvato dall'affetto della gente. L'Onu ha rinunciato alla richiesta di avvicendare il generale Bruno Loi, considerato «colpevole» di eccessiva indulgenza verso i ribelli somali per avere preferito la trattativa alle armi nella riconquista di Pasta. La conferma è arrivata ieri sera quando l'ambasciatore Maurizio Moreno, vicecapo di gabinetto del ministero degli Esteri, ha spiegato di non avere trattato questo argomento nel corso dell'incontro avuto al comando Unosom con esponenti Onu, fra i quali l'ammiraglio Howe, il più deciso - sino all'altro giorno - a chiedere la testa di Loi. Nella tenda-convegno dell'ambasciata, proprio mentre da lontano giungeva l'eco di una esplosione (una bomba a mano deflagrata fra le mani di due ragazzi a poche decine di metri dalla nostra rappresentanza), Moreno ha sostanzialmente ribadito che Loi resta al suo posto e che le forze italiane resteranno a Mogadiscio, almeno sino alla scadenza naturale dei rispettivi mandati (che per Loi è il 5 settembre). Si è trattato probabilmente di un accordo politico: l'Onu ha capito la fermezza dei nostri, ed ha probabilmente chiesto di non fare apparire come una vittoria italiana (quale essa è) la conferma del generale della Folgore. Il «macchine indietro» è stato dunque dato in silenzio, con buona pace di tutti. E' dunque un successo della nostra diplomazia, che si era trovata schiacciata fra la perentorietà della richiesta Onu e il moto popolare di simpatia, scaturito in Italia verso que- sto generale dagli occhi chiari che, quando può, preferisce parlare e non sparare. Certo, lo si sarebbe potuto difendere meglio, ed intorno a lui continua a respirarsi una certa solitudine (l'ambasciatore per gli affari somali, Augelli, ha da tempo lasciato Mogadiscio e non c'è incredibilmente tornato neppure dopo la morte dei nostri militari), però Loi sembra poter comunque trarre forza da chi gli sta vicino, il suo Stato Maggiore ed i suoi uomini. Moreno ha discusso ieri, prima insieme al vicecapo di Stato Maggiore Mario Buscemi, poi da solo, anche alcuni aspetti correlati alla ripresa della cooperazione con la Somalia: «Abbiamo colto i presupposti per poterla riprendere ad un buon livello, ma ci è indispensabile anche la collaborazione delle altre forze delle Nazioni Unite. La nostra struttura organizzativa, che era stata ritirata a Nairobi dopo gli ultimi avvenimenti, tornerà presto a Mogadiscio». In margine alla giornata da segnalare anche un nuovo momento di tensione fra il comando italiano e la fazione di Ali Mahdi, che controlla la zona centrale della capitale. Il foglio quotidiano vicino ad Aidid, lo Xog Ogal, ha infatti riportato ieri di un incontro, che sarebbe avvenuto venerdì, fra ufficiali italiani ed emissari di Aidid. Immediata la replica degli uomini di Ali Mahdi che si sono presentati alla nostra ambasciata per chiedere conferme (che non sono arrivate) e spiegazioni nonché per protestare per un atteggiamento che sostengono essere «capace di legittimare la tattica sanguinaria di Aidid». In altre parole, secondo loro, non si dovrebbe mai trattare con chi spara. Intanto al Checkpoint Pasta, ieri, è stata una giornata calda, con il tentativo delle nostre truppe di occupare il pastificio dopo una lunga, sfibrante, inutile trattativa. La Folgore voleva quella costruzione, dove si annidano una cinquantina di persone, fra cui miliziani di Aidid, ma volevano soprattutto la torre del silos, per farne un punto di osservazione. Per ottenerli si sarebbe dovuto sparare, e si è preferito rinunciare, almeno per il momento. I cecchini, intanto, sono sempre più numerosi a Mogadiscio. Sparano da settori controllati dal generale Aidid verso l'aereoporto, verso il comando Unosom, anche contro auto in transito che, per qualche ragione, si ipotizza siano collegate all'attività del contingente alleato. Piuttosto carenti nella mira, i cecchini somali non hanno fatto sinora danni irreparabili. Ciò nonostante preoccupano i vertici della forza americana, la più bersagliata. Così, nei giorni scorsi, alcuni elicotteri hanno compiuto rilevamenti telemetrici a volo radente per individuare il punto dal quale sono partiti, recentemente, numerosi colpi di fucile verso il campo Usa: una villetta a due piani, una volta elegante, ora diroccata. Poi è scattato il blitz, ma i marines non hanno trovato nessuno. In terra solo alcune scatole di munizioni, vuote. A scanso di equivoci, però, è stata ugualmente scelta una cura radicale: la casa è stata rasa al suolo. Da lì i cecchini non spareranno più. Angelo Conti Gli americani abbattono una casa «Covo di cecchini» Un marò del San Marco a Mogadiscio. A lato, Ciampi