Rai nei Tg è guerra di successione di Raffaello Masci

Scatta il «Totodirettore» dopo l'ultimatum di Demattè: molti i nomi per tre poltrone Scatta il «Totodirettore» dopo l'ultimatum di Demattè: molti i nomi per tre poltrone Rai, nei Tg è guerra di successione E scoppia il caso Maglie ROMA. Tutto è cominciato con l'insediamento del nuovo Consiglio di amministrazione e con la richiesta del neo-presidente Claudio Demattè ai direttori dei tg di rimettere il mandato. Ora alla Rai la tempesta infuria. Le dimissioni di Albino Longhi dal Tgl, quelle annunciate di Alberto La Volpe dal Tg2 (che intanto ha chiesto e ottenuto la testa di Maria Giovanna Maglie, corrispondente dagli Stati Uniti) e le resistenze di Alessandro Curzi al timone del Tg3 hanno posto a tutte le redazioni il grande interrogativo: ((A chi finiremo in mano?». La redazione più turbolenta appare quella del Tgl, che ancora non è riuscita a metabolizzare le rivalità scoppiate nell'ultimo periodo del principato di Vespa. Gli scenari di massima sono due, con ampi risvolti intrinseci. Il primo prevede una soluzione esterna. Per mettere fine ai duelli di corridoio, arrivi una personalità «di prestigio» scelta al di fuori del corpo redazionale. Il nome più gettonato, in questo caso, sarebbe quello del direttore del Tg5 Enrico Mentana. Si tratterebbe di una rentrée che qualcuno vede però come un «Rambo 2, la vendetta», con tutti gli inconvenienti del caso. L'ipotesi Mentana comunque sarebbe vincente nel caso che la direzione generale andasse ad un altro illustre «ex», Emmanuele Milano. Altra candidatura esterna potrebbe essere quella di Piero Angela, un ex-interno assurto a un ruolo di indiscussa autorevolezza. Il secondo scenario prevede invece la soluzione interna. Si fa il nome di Gianni Raviele, uno dei «tre saggi» nominati da Longhi, se la scelta cadesse su di lui si potrebbe parlare di un «rinnovamento nella continuità». Un'altra cordata, quella tradizionalmente legata alla sinistra de, sosterrebbe invece Federico Sciano. Anche per lui si parla di un eventuale abbinamento ad una direzione generale affidata a Roberto Zaccaria. Intorno al nome di Sciano ci sarebbe anche una corrente di opinione favorevole sostenuta tra gli altri da Lilli Gruber e da Paolo Giumella, redattore capo con ambizioni di vicedirettore. Quanto al Tg2 il nome che circola di più è quello di Livio Zanetti, già direttore dell'Espresso e ora alla guida del Grl. Ma tra l'attuale direttore che prende tempo («Me ne andrò quando sarà nominato il nuovo direttore generale», ha dichiarato La Volpe) e la redazione l'armonia si è fortemente incrinata, tanto che le controversie si risolvono a cannonate. Il fuoco è stato aperto ieri da Maria Giovanna Maglie., corrispondente dagli Stati Uniti, ed esponente di spicco della corrente interna che si riconosce nel vicedirettore dimissionario Giuliana Del Bufalo: «Il Tg2 è una palude piena di opportunisti che stanno cercando di riciclarsi cambiando bandiera ha detto in un'intervista che apparirà sul prossimo numero delì'Europeo -. Al Tg2 si è formato un asse tra pidiessini mediocri e socialisti ex beneficati». Tutta colpa di La Volpe? Insinua l'intervistatore: «Se sono comparse tante facce di pidiessini - replica la Maglie - qualcuno deve averlo ordinato». L'artiglieria del direttore assediato ha replicato per le rime: alle 19,34, l'Ansa ha battuto la notizia che Alberto La Volpe aveva tolto «la collega Maghe dalla palude» revocandole l'incarico di corrispondente. E siamo giunti alla non-vacante direzione del Tg3. Ieri - parlando a due manifestazioni pubbliche del pds e di Rifondazione - il recalcitrante direttore Sandro Curzi ha ribadito di non essere interessato a sgombrare. Il senso del suo pensiero è stato riassunto da una nota del suo tg: «Non difendo una poltrona - ha detto Curzi - ma la mia testa. Chiedo piuttosto che il lavoro del Tg3 sia giudicato non in "pacchetti" di lottizzatoli più o meno pentiti. Abbiamo lavorato credendo nella necessità di una rigenerazione della Repubblica e per conquista¬ re quella democrazia compiuta che sola può garantirci nel futuro dalle degenerazioni della partitocrazia». Più che una dichiarazione, Curzi ha fatto un proclama che, detto alla buona, vorrebbe suonare così: non siamo della solita pasta di cui sono fatti gli altri, chi vuole giudicare giudichi il nostro lavoro e non stia lì a chiedere la mia testa solo perché va di moda la ghi- gliottina. Demattè è avvisato. Comunque quando Curzi capitolerà lascerà il trono ad un naturale Delfino che il totodirettore riconosce in Corradino Mineo. La stessa dinastia però avanza anche la candidatura interna «di prestigio» di Michele Santoro, leader popolare e «direttore d'immagine». C'è anche però una scuola di pensiero che vuole rompere con il passato e che riconosce l'antiCurzi in Roberto Morrione. Questo è il vespaio nel quale vorrebbe mettere le mani il nuovo presidente Demattè. Forse per lui sarebbe meglio avventurarsi in decisioni meno rischiose, come quella - operata ieri - di fare a meno di sei stenografi. Già più pericolosa appare la mossa successiva: la chiusura della Rai Usa. Oggi è domenica: la battaglia di viale Mazzini riprende domani. Raffaello Masci II neo-presidente della Rai Claudio Demattè

Luoghi citati: Roma, Stati Uniti