Roma di Fabio Martini
Roma Roma Cè maretta nel clan diMariotto Fini sogna lo scontro con Rutelli ROMA. In questi giorni di vigilia il più inquieto di tutti è lui, «Manone». Con le sue mani affusolate e la voce pastosa da mezzobusto, Alberto Michelini da qualche giorno si aggira accigliato per le viuzze del centro di Roma e ripete a tutti: «Chi può negare che potrei essere un buon candidato per diventare sindaco?». Già, ma così non la pensa il suo grande amico Mariotto Segni. Non ha ancora avuto il coraggio di dirglielo in faccia, ma in cuor suo il capo di Alleanza democratica ha già scelto Francesco Rutelli come candidato alla scalata del Campidoglio. Il buon Alberto non se la prende col capo e si sfoga con Cesare San Mauro, il segretario romano dei «Popolari», colpevole di aver organizzato un referendum di due giorni tra i fans di Segni. Il risultato brucia: Rutelli è di gran lunga il preferito dai «Popolari» di Roma come futuro sindaco: il 56,5% è per il ragazzo col motorino e appena l'I 1,2% è per Michelini. E lui, l'eterna promessa della politica romana, accusa: «Un referendum inutile e non autorizzato da Segni». E infila il suo ago di veleno: «Si sa che San Mauro è amico di Rutelli e punta a fare il vice-sindaco...». E così, alla prima vera prova, si rompe l'immagine idillica che ha sempre circondato il clan Segni, tutti d'amore e d'accordo con il loro leader. Ecco, questo è soltanto l'anti¬ pasto delle elezioni romane di autunno. Una battaglia che si preannuncia zeppa di trabocchetti, di colpi bassi, di «pasquinate». Ma intanto il terremoto che ha colpito la vecchia politica si fa sentire anche nella città eterna, nella città del Papa, nella città che è stata per 30 anni democristiana, per 9 comunista e per 3 anni in mano al Caf e al suo proconsole Carraro. E la novità è che i vecchi partiti non riescono a trovare un candidato, neanche a pagarlo. La de brancola nel buio, il psi spera di non essere trattato da appestato dal clan Rutelli. E anche la Lega sta lì sospesa, senza sapere cosa potrà combinare: il Carroccio sogna di sbarcare a Roma, fa la corte a Gianfranco Funari, ma il funambolo nicchia, prende tempo e rinvia la scelta. E così, l'unico aspirante sindaco sceso in campo, il verde Rutelli, marcia in carrozza, già da un mese fa la trottola per Roma, dichiara, presenzia, si sbraccia. E nella foga, gli capita di fare anche quelche stecca. Un mese fa ha annunciato: «Dalle ore 17 del 16 giugno inizierò un digiuno a staffetta contro l'uso della forza pubblica negli sfratti». E quel digiuno a singhiozzo un po' io un po' te - è stato liquidato così dal prefetto Vitiello: «La situazione degli sfratti è la stessa da anni, ma evidentemente Rutelli aspira a diventare sindaco...». E se il prefetto l'ha liquidato come un neofita in cerca di pubblicità, il missino Teodoro Buontempo, un veterano delle battaglie in Campidoglio, è ancora più esplicito: «Si vede che Rutelli da consigliere comunale è stato uno dei grandi assenteisti e non sa che gli sfratti a Roma non si bloccano con una sortita pubblicitaria. Altrimenti dovrebbe digiunare fino a morire...». E che gaffe quella marea di manifesti affissi abusivamente in tutta la città col nome di Rutelli a caratteri cubitali. «Non è ancora neppure candidato - dice il democristiano Publio Fiori - e già imbratta Roma con i suoi manifesti...». Ma intanto Rutelli fila come un treno ad alta velocità e il vero enigma riguarda la de. Di nomi nell'ultimo mese ne sono circolati tanti. Il presidente del Censis De Rita (la risposta: «No, grazie...»), il generale Angioni (che nei prossimi giorni incenererà in gran segreto il segre¬ tario missino Fini), il ministro Ronchey, Francesco Cossiga. E anche il direttore del Messaggero PendinelH, un'ipotesi a sorpresa dell'ultima ora che ha indotto Mino Martinazzoli ad una precisazione: «Tra i nomi che mi sono stati suggeriti, di area democristiana e non, da Fellini a Subbia, da Ronchey ad Angioni, c'era anche quello di Pendinelli, che mi è stato proposto del tutto all'insaputa dell'interessato». Per ora un gran fumo senza arrosto, una nebbia fitta dalla quale, alla fine, potrebbe spuntare la figura di Silvia Costa, bella donna, di polso, la risposta moderata al ragazzo col motorino. E, intanto, chi si gode lo spettacolo dell'impotenza democristiana è il segretario missino Gianfranco Fini, che potrebbe scendere in lizza, con la speranza di arrivare ad uno spettacolare ballottaggio con Rutelli, un gran bel tonificante per gli eredi del duce. Fabio Martini
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