«Il generale non si tocca» di Angelo Conti

«Il generale non si tocca» «Il generale non si tocca» Visita-lampo di Buscemi a Mogadiscio MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Il generale Loi continuerà a comandare le forze italiane in Somalia. Lo ha ribadito il sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito, Mario Buscemi, che è giunto ieri mattina a Mogadiscio per incontrare il comandante della Folgore. Con un perentorio «il problema del ritiro del generale Loi non si pone neppure» ha sgombrato il campo ad ogni dubbio. Per l'ufficiale di cui gli americani avevano chiesto la rimozione ha usato parole di altissima stima: «Per lui proviamo sentimenti di apprezzamento e di ammirazione sia per come ha saputo guidare i suoi uomini, sia per come ne ha tenuto alto il morale. Abbiamo totale fiducia in lui». Ed ha aggiunto che la sua sostituzione era stata chiesta «in un momento di evidente emozione». Sul futuro del contingente italiano, Buscemi è stato un po' meno perentorio: «Non è stata configurata, al momento, alcuna possibilità concreta per un ritiro od un ridimensionamento». La questione sarà comunque ogget- to di un incontro che stamane il generale Buscemi e l'ambasciatore Moreno avranno qui a Mogadiscio, nella sede del comando dell'Unosom, con l'ambasciatore dell'Onu, ammiraglio Howe, spesso un falco nelle dichiarazioni anti-italiane. Sarà il momento di analizzare, nel dettaglio, i cosiddetti «scenari alternativi». Sui difficili rapporti con le due maggiori fazioni somale, quelle di Aidid e di Ali Mahdi, il sottocapo di Stato Maggiore è stato molto lucido: «Ognuna delle due vorrebbe i nostro aiuto per annientare l'altra, mal interpretando il nostro ruolo qui. Così entrambe ora ci rimproverano il nostro buon senso, la nostra voglia di mediare». Sugli scontri militari Buscemi sottolinea che «quella del 2 luglio era una situazione tragica: abbiamo avuto tre perdite, potevano essere di più. Militarmente abbiamo reagito al meglio, limitando al minimo i danni». E in futuro? «Se si spareranno addosso, non regaleremo caramelle». La guerriglia, i colpi di arma da fuoco che si registrano ogni notte, l'ostilità crescente non sembrano preoccupare: «Se nelle nostre strade italiane circolassero costantemente carri armati stranieri, qualche colpo lo rimedierebbero di sicuro». Piuttosto c'è da fare i conti con la mentalità dei somali, ormai troppo abituati alla guerra: «La morte viene accettata con leggerezza. Qui fa parte del quotidiano. A questa gente bisognerà insegnare ad amare di nuovo la vita». Buscemi, insieme a Loi, ha poi effettuato un lungo giro dei punti caldi di Mogadiscio centro. In pieno assetto di guerra, lo abbiamo accompagnato. Le autoblindo, controllate da un elicottero Al 29 Mangusta armato di missili Tow in volo radente, si sono fermate più a lungo nel quartiere Pasta, proprio di fronte al punto dove sono stati uccisi i tre militari italiani. Buscemi si è brevemente intrattenuto con i paracadutisti della Folgore, avvolti nei giubbotti antipallottola resi pesanti anche dal sole battente, scambiando qualche impressione sulla disposizione dei cavalli di frisia e dei sacchi di sabbia. I para hanno spiegato di essere in una postazione delicatissima (proprio sulle colline lì intorno si radunano ed operano i miliziani di Aidid), ma di mantenere un apparente buon rapporto con la gente: «Il vero problema - hanno poi spiegato ai giornalisti - è che non ci possiamo fidare. Chi ci sorride adesso, fra due ore potrebbe spararci addosso». Nei quartieri Ferro e Sinai (controllati da Ali Mahdi) sono intanto comparse scritte contro il nostro contingente: «Loi vigliacco», «Italian colonial power». Dalla gente è partito qualche «viva», qualche altro «amici» ma anche alcuni poderosi «ci avete rotto il c...», in perfetto dialetto trasteverino, poco apprezzato retaggio dei trascosri coloniali. Buscemi non li ha sentiti ed ha anche visto una sola delle scritte anti-Loi, riportando dunque «un'impressione soddisfacente» sull'ordine in città. Ieri pomeriggio, il leader degli Abghal, Ali Mahdi, il principale oppositore di Aidid, ha convocato una conferenza stampa nel suo bunker sulla collina di Mogadiscio. E' stata l'occasione per un richiamo, anche se cauto, agli italiani: «La risoluzione 837 dell'Onu va applicata nella sua integrità, anche dagli italiani. Le trattative di Loi per riprendere Pasta hanno illuso Aidid, che ora si sente più forte, proprio per essersi seduto al tavolo della trattativa». La giornata a Mogadiscio è stata contrappuntata da fre¬ quenti sparatorie. Nella notte i militari italiani hanno dovuto respingere, a colpi di mitragliatore, alcune persone non identificate che si avvicinavano alle piste del vecchio aeroporto di Moganord, ma l'episodio più grave è avvenuto alle 14, ancora nella zona del pastificio dove un'autocolonna americana, scortata da para della Folgore, è stata fatta segno a sassaiola. Gli americani hanno risposto con colpi di arma da fuoco: un somalo è stato ferito in modo grave. Anche un sottufficiale italiano è finito all'ospedale, colpito ad un piede da un colpo partito accidentalmente. Peggio è andata ad un bambino somalo, in condizioni critiche per essere stato travolto da una nostra autoblindo. Una nota colorata. Da ieri gli elmetti dei nostri uomini sono tornati ad essere azzurri. Era dall'inizio dell'operazione che si cercava di ovviare ad un inconveniente tecnico che ne rendeva impossibile la riverniciatura. Si è così optato per una calotta in tela e da ieri anche gli italiani sono di nuovo «caschi blu». Angelo Conti Il sottocapo di Stato Maggiore generale Mario Buscemi ieri ha visitato il contingente italiano a Mogadiscio