Craxi: un malavitoso non può giudicarmi di Augusto Minzolini

Craxi: un malavitoso non può giudicarmi Craxi: un malavitoso non può giudicarmi ATTACCO ALDCVAIRO AROMA LL'IMPROWISO, sull'onda della disperazione che ormai regna nei vecchi palazzi della politica, anche l'ultima arma, forse la più letale, ha fatto la sua comparsa in Parlamento: la guerra del sospetto tra parlamentari. Ad inaugurare questo nuovo capitolo ci ha pensato ieri pomeriggio Bettino Craxi. Obiettivo: il democristiano Gaetano Vairo, presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere, cioè dell'organismo che l'altro ieri ha respinto la richiesta di Bettino Craxi di essere prosciolto dalle accuse per il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Arma utilizzata: un documento anonimo che accusa il parlamentare de di «frequentare ambienti malavitosi». Il batti e ribatti di parole infuocate comincia intorno alle 17 di ieri e si svolge naturalmente sulle agenzie di stampa che trasmettono le dichiarazioni dei duellanti fino a sera. Craxi usa un linguaggio pesantissimo: «Mi trovo - dice l'ex segretario socialista - in grave imbarazzo, vorrei essere certo che nessuno possa giudicarmi nientemeno che dall'alto delle sue frequentazioni malavitose. Già ho parlato della cosa due mesi fa e intendevo riferirmi al fatto che molti deputati ed io stesso eravamo stati messi a conoscenza di una nota contenente affermazioni e fatti gravi che nell'insieme configuravano attorno all'onorevole Vairo relazioni e frequentazioni con esponenti di clan malavitosi. Una nota di cui Vairo era a conoscenza, ma non ha ritenuto in questi mesi di smascherare una manovra calunniatrice... Per questo, temo di essere giudicato da chi non ha tutti i titoli per farlo». Dopo venti minuti arriva la replica di Vairo, accompagnata da un'attestazione di stima del presidente dei deputati de Gerardo Bianco. Il presidente della «giunta» giudica l'uscita di Craxi alla stregua di un «messaggio mafioso», dice che l'ex segretario del psi «moribondo e disperato ha perso la testa» e si rammarica della «brutta fine fatta da chi era il primo governatore italiano (l'espressione è sua, ndr) e uno statista». Entrando nel merito delle accuse, Vairo precisa di aver querelato per calunnia gli autori di un documento da cui è stato tratto molto del materiale riportato nella nota in questione e aggiunge che sulla base della sua denuncia quattro persone già sono state arrestate. In privato, poi, il parlamentare de si lascia andare anche ad altre valutazioni: «Ora debbo decidere - spiega - sull'opportunità di denunciare lo stesso Craxi o meno, ma non voglio accanirmi contro di lui. Non capisco questo suo atteggiamento. Lui chiedeva di re¬ spingere l'autorizzazione a procedere contro di lui, ma anche la decisione della giunta di richiedere altri chiarimenti ai giudici milanesi dovrebbe andargli più che bene. Proprio non lo capisco...». Un'ora e arriva la controreplica di Craxi. «L'onorevole Vairo - dice l'ex segretario del psi - ha rilasciato una dichiarazione che è solo inutilmente offensiva contro la mia persona. Di certo non serve a to- gliermi dalla posizione di grave imbarazzo nei suoi confronti nella quale mi sono trovato e mi trovo». Alle 21 di ieri sera la valanga di parole ingiuriose, di accuse e di controaccuse si esaurisce. Sul campo rimangono un presidente della giunta per le autorizzazione a procedere, Vairo, sospettato da un parlamentare di avere rapporti con la malavita; e un parlamentare, Craxi, sospettato di utilizzare delle accuse infamanti per condizionare le scelte degli organismi che lo debbono giudicare. L'episodio, aldilà di tutto, è la rappresentazione dell'atmosfera avvelenata in cui il Parlamento è avvolto. C'è la disperazione degli «inquisiti» che si sentono perduti e sono pronti a tutto pur di salvarsi. C'è il calcolo politico, se non elettorale, che spesso condiziona l'atteggiamento dei partiti anche su argomenti delicati e di principio quali sono quelli che riguardano la legiferazione in temi di giustizia. Così, tutto si trasforma in una guerra tra bande, in uno scontro di parti e, naturalmente, visto che la posta in gioco è alta (la posta per molti è addirittura la galera) più si va avanti e più si utilizzano tutti i mezzi, anche quelli meno leciti. E in questa giungla sta succedendo davvero di tutto: Craxi e Vairo si lanciano accuse al vetriolo e il pidiessino Giovanni Correnti si dimette, in polemica con il suo partito, da relatore del disegno di legge che dovrebbe regolamentare in maniera più restrittiva la custodia cautelare. Infatti, dopo i moniti dell'Associazione nazionale magistrati contro quel provvedimento, Correnti ha perso l'appoggio del suo partito. E lui, avvocato di lungo corso, non può che ritirarsi schifato per quello che sta avvenendo. «La verità - dice amareggiato - è che anche nel pds si decide guardando soprattutto a quel pugno di voti che si possono conquistare. Del resto non frega niente a nessuno. Ormai nel Parlamento decide la lobby dei giudici e nel pds la corrente dei giudici. E chi se ne frega se siamo alla barbarie, se ogni giorno vengono arrestate 100 persone, quello che contano sono i voti non i principi. A me non importa degli indagati del palazzo, ma della gente comune che è del tutto indifesa. Eppoi io ho accettato di fare politica perché credo in alcuni principi, credo nello Stato di diritto. E quello che sta avvenendo, il modo con cui vengono trattati argomenti così delicati, mi rattrista». Augusto Minzolini Gaetanò Vairo democristiano presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio