Garofano torno in Italia

Successo per Di Pietro e il suo pool in trasferta a Ginevra Successo per Di Pietro e il suo pool in trasferta a Ginevra Garofano; torno in Italia II manager verrà estradato oggi GINEVRA DAL NOSTRO INVIATO Una notte, una sola e monsieur Garofano Giuseppe, ospite in una cella asettica della prigione ginevrina di Champ Dollon si è tolto ogni dubbio: un soggiorno, magari breve, in una sgangherata e poco accogliente galera italiana è preferibile a una sosta in un carcere straniero. Per la verità, ad una tappa a San Vittore aveva già pensato e l'altro ieri, quando è sceso dall'aereo della British Airways, stringeva in mano una «36 ore» con 3 kit del detenuto modello. Inutile contrattare, e così Garofano ha accettato di tornare in Italia: un successo per il pool di «Mani pulite» accorso in forze a Ginevra. Ci speravano molto, i giudici italiani, nel buon senso di Garofano, tanto che sull'aereo partito da Linate alle 8,25, Di Pietro aveva mormorato: «Sì, spero proprio di portarmelo in Italia». E il colonnello della Finanza Giuliano Montanari aveva aggiunto: «Se accetta, lo portiamo via subito». Totale buona disposizione: dai difensori Luca Mucci, di Monza, e Marc Bonnant, di Ginevra, Garofano aveva ricevuto quell'unico consiglio. Perché, della sua buona disposizione si sarebbe certo tenuto conto durante l'inchiesta. E poi, era inutile puntare i piedi, tanto, prima o poi, l'estradizione sarebbe stata accordata. Ma non è stata una mattinata serena. A qualcuno Garofano è apparso furibondo per l'arresto. Inoltre, i magistrati italiani, che si eran fatti precedere l'altro giorno da una richiesta di rogatoria, hanno informato l'imputato che si indagava non soltanto sui 250 milioni con i quali l'ex presidente della Montedison ha foraggiato la de, ma anche su altri reati: corruzione, reati societari contro la pubblica amministrazione. Era disposto Garofano a rispondere anche ai nuovi quesiti, o una volta in Italia avrebbe fatto opposizione? «Accetto», assicurava l'imputato. Dunque, linea di difesa morbida. «E' vero, l'ingegner Garofano si è detto disposto a rispondere a ogni domanda», conferma l'avvocato Mucci. Ma dove ha trascorso la latitanza il finanziere più ricercato della Penisola? «Ma a Londra, sempre a Londra, dove, se no?», risponde Mucci, aggiungendo che Garofano sottolinea di non aver ricevuto alcunaiuto da parte dell'Opus Dei, come qualcuno aveva sospettato. «Ha sempre viaggiato con il suo passaporto: gliel'ho consigliato io di fare così, anche se aveva con sé la carta d'identità», dice Mucci. E proprio quando ha porto al gendarme il passaporto, l'altro pomeriggio, Garofano ha capito di essere finito in una trappola. Le guardie di frontiera, infatti, davano ai documenti un'occhiata molto distratta, ma quando si son trovati fra le mani il documento con la foto del paffuto «cardinale», l'interesse è salito all'improvviso. Il legale lascia intèndere di sospettare un grosso imbroglio: insomma il tiro mancino di qualcuno e, forse, si sente anche un po' responsabile. E' lei la causa del¬ l'arresto? «In un certo senso. Sono stato io a dirgli di incontrarci a Ginevra: Ero stufo di andare a Londra e dovevamo ancora mettere a punto alcuni dettagli. Certo, lo aspettavano». «Ma no, ma no. E' stata una semplice coincidenza», ribatte l'altro difensore, Marc Bonnant. Sorride con ironia, veste blazer blu e pantaloni grigi, inappuntabile quando si sistema sulla sella dello scooter. Aggiunge: «E' andata così, è stata un'intuizione. E' vero, non vengono controllati tutti i passaporti, esiste un elenco dei ricercati. Ed è così che quell'intuizione ha fatto scoprire Garofano». Mattinata piena per Bonnant: mentre Mucci correva all'alba al carcere di Champ Dollon per incontrare Garofano, Bonnant si presentava alla Chambre d'Acusation per un'udienza importante del processo sul buco da 5 miliardi di franchi imputato a Florio Fiorini. I giudici dovevano decidere sulla richiesta dell'accusa sul prolungamento della carcerazione. Anche in questo caso la posizione di Bonnant non è stata rigida e del resto Fiorini ha detto di non voler far dichiarazioni. Così rimarrà in galera almeno fino al 15 ottobre. Brutto segno, perché è la quarta volta che gli vengono allungati i tempi di detenzione. Ma Bonnant non se l'è presa, è salito al secondo piano, nell'ufficio del giudice istruttore Cassinelli dove lo attendevano Antonio Di Pietro, Francesco Greco e Italo Ghitti. Erano le 10,30, come da programma. Cassinelli ha aperto l'atto istruttorio: molto tesa, anzi nervosa, come non le era mai accaduto, dice chi la conosce bene. Tutto concluso, come da programma, alle 13,30. Quindi la dichiarazione dei difensori: «L'ingegner Garofano verrà consegnato alla giustizia italiana». La procedura è semplice: la polizia svizzera accompagna il detenuto fino alla frontiera di Domodossola. Al confine, trasbordo su un'auto blindata arrivata da Milano ieri mattina e rimasta in attesa a Champ Dollon. Quando avverrà tutto questo? Probabilmente già questa mattina. E poi? E poi gli interrogatori, dice l'avvocato Mucci. Quando? «Presto. Conoscendo Di Pietro, non credo che si dovrà aspettare la prossima settimana». Vincenzo lessandoti Giuseppe Garofano