Sinistra e stellette coro di colombe di Maria Grazia Bruzzone

Da Caligaris e Pintor no alla linea dura Migone: tradito lo spirito umanitario Sinistra e stellette, coro di colombe Militari e Manifesto contro le «potenzeprepotenti» UN PARTITO DELLA PACE ON più filo Usa, non più condannati dalla Storia a rispettare il diktat degli Amerikani. A scoprirlo oggi sono addirittura le forze armate. E il caso Somalia rivela improvvisamente la «strana alleanza» fra pacifisti e generali, sinistra e destra. Uniti non più soltanto davanti alle bare dei «nostri ragazzi massacrati a Mogadiscio», non più solo in nome della Patria, riscoperta proprio mentre il sentimento nazionale sembra cadere a brandelli, ma intorno alla critica all'Onu «egemonizzato dai più forti», come scriveva l'altro ieri sul Giornale il generale Caligaris, in difesa del generale Loi. In un fondo curiosamente vicino a quello pubblicato il giorno dopo dal Manifesto, firmato da Luigi Pintor. «Noi, proprio noi già timidi e condiscendenti nei rapporti con l'estero, oggi duelliamo con due potenze mondiali: l'Onu e gli Stati Uniti», scrive Caligaris, be- nedicendo il dissenso sulla missione Onu in Somalia che apre la crisi. E criticando il comando delle Nazioni Unite «che in realtà è americano per interposta persona», e la sua «voglia di attacchi dall'aria, tipica degli americani, non certo dell'Orni». Parole quasi speculari a quelle di Gian Giacomo Migone. Che sull'Unità prende di mira la strategia di radere al suolò interi quartieri e conclude chiedendosi se «in questo come in altri casi l'Onu possa restare in balia degli umori della maggior potenza militare, impegnandosi in guerre con modalità che ne contraddicono la finalità». E i pacifisti? Ecco l'altra sera a Pegaso che Caligaris riespone le sue tesi (in verità un po' mitigate nei confronti degli Usa) sulla necessità di rivedere i rapporti di forza nell'Onu e nel Consiglio di Sicurezza. E il cattolico Raniero La Valle a dargli ragione, ammettendo che sì, l'Onu non può fare la guerra «ma quando ci si impegna in operazioni di polizia internazionale per portare la pace, poi bisogna essere conseguenti». E il sogttosegretario alla Difesa Patuelli a plaudire. L'Italia ci sta, manda i suoi uomini ma respinge i diktat e vuol dire la sua perché ha un interesse nazionale da difendere che in questo caso è quello della missione «moderata» del generale Loi. Sembra quasi lo spirito di Sigonella. O l'entusiasmo per il generale Angioni, l'eroe della spedizione a Beirut, dove ce la cavammo con onore ma senza fare (e ricevere troppi danni). Ma il generale degli alpini Carlo Jean, docente alla Luiss e già consigliere militare di Cossiga, non si stupisce. Di quella «comune voglia di patria» che cresceva e soppiantava «la voglia di ecumenismo» scriveva già nel 1989, nel suo libro «Morte e riscoperta dello Stato nazione in Italia». «L'ideologia ecu- menica teorizzava il superamento delle nazioni in nome dell'Imperò Mondiale dei saggi e dei buoni che insieme alla Chiesa avrebbero portato la pace perpetua», scriveva. Adesso pacifisti e comunisti si accorgono che l'Onu può fare la guerra e si riconvertono a posizioni più realiste, scoprendo l'interesse nazionale che non è fatto solo di convenienza materiale ma di valori comuni. E la politica estera non è più una variabile dipendente da quella interna, ma diventa una questione in cui de¬ stra e sinistra possono riconoscersi intorno alla patria, all'umanità, al rispetto della persona umana e dei diritti degli altri. Falco Accame, generale anche lui ma ben più a «sinistra», per quel che vale ormai la parola, non è d'accordo. E la difesa del generale Loi e il «grande abbraccio» antiamerikano di oggi li vede in una prospettiva molto più strumentale e contingente. «I pacifisti che non vogliono i Cobra sembrano oggi d'accordo coi militari perché entrambi vogliono modificare i rapporti di forza nell'Onu», sostiene. Ma a suo parere è la posizione di Loi ad essere falsa. «Quel che bisognerebbe sapere è quali accordi tra le parti hanno preparato il terreno alle nostre truppe. Se in Libano ce la siamo cavata è perché, come ripeteva Andreotti, c'erano stati contatti politici giusti. Ma allora non avevamo un comando superiore a cui rispondere. Mentre nel Golfo i contrasti vennero a galla, e il voltafaccia dell'ammiraglio Buracchia fu clamoroso». Maria Grazia Bruzzone Da Caligaris e Pintor no alla linea dura Migone: tradito lo spirito umanitario Luigi Pintor e Giulio Andreotti Luigi Caligaris e La Valle

Luoghi citati: Beirut, Italia, Libano, Mogadiscio, Somalia, Stati Uniti, Usa