Ghali, strategia del sorriso di F. P.

Ghali, strategia del sorriso Ghali, strategia del sorriso «La Folgore sta lavorando bene» ma prepara un dossier anti-Italia NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Ieri l'Onu era tutta squisitezze nei confronti dell'Italia, ma allo stesso tempo ha annunciato che sta predisponendo un rapporto per il Consiglio di Sicurezza sulla condotta del contingente italiano in Somalia: nel dossier saranno elencati tutti gli episodi in cui il generale Bruno Loi non avrebbe adempiuto ai compiti affidatigli dall'Unosom. Kofi Annan, quello che mercoledì aveva detto cose terribili su Loi che non ubbidiva agli ordini, è tornato sull'argomento per dire che l'ufficiale italiano è un «valoroso», che le sue parole sono state «troppo gonfiate» e che il suo rispetto per i soldati italiani rimane «enorme». Il portavoce ufficiale di Boutros Ghali, Joe Sills, ha detto che «in tutti i modi vogliamo appianare le divergenze» e che «il contributo dell'Italia in Somalia e in altre zone di crisi è molto rilevante». Ma Sills ha anche dato una notizia: che fra Boutros Ghali e Beniamino Andreatta c'è stata un'altra conversazione telefonica, durante la quale il ministro degli Esteri italiano ha «confermato il generale sostegno dell'Italia all'operazione dell'Orni in Somalia». Tuttavia, sul contenuto di quella telefonata c'è un'indicazione diretta che mostra un'aria molto meno dolce. Un cronista della «Bbc» ha chiesto a Ghali se avesse «fatto le scuse all'Italia». Ghali ha risposto brusco: «Non ho fatto le scuse a nessuno». Ufficialmente buoni, insomma, ma sostanzialmente ancora molto ostili alla «ribellione» italiana sul modo di operare in Somalia. E la prova forse più concreta è stata la strana vicenda di una conferenza stampa annunciata e poi annullata di James Jonas. Costui è un altro vice di Ghali, incaricato di curare gli affari politici. In mattinata aveva annunciato di volere incontrare i giornalisti per spiegare tutte le attività politiche che l'Onu svolge sul problema Somalia, paralle- lamente alle operazioni militari. In pratica si trattava di dimostrare che chi accusa l'Onu di «sparare e basta» (e ormai a dire questo non c'è solo l'Italia, ieri molti giornali americani avevano commenti simili a quelli dei giornali europei e del «New York Times» di mercoledì, ed anche Jean Kirkpatrick, ex rappresentante all'Orni di Reagan, ha detto le stesse cose). Era una risposta «indiretta» che l'Onu voleva dare, per ribadire che le accuse sono ingiustificate. Ma all'ultimo momento quella conferenza stampa è stata rinviata, forse ad oggi, e la sensazione è stata che l'Onu volesse mettere a punto qualcosa di più «corposo» da dire. Tuuo viò sembra dimostrare che comunque, sia pure attraverso queste vie tortuose, il «confronto» fra le due tesi continua a svolgersi, e all'Orni ci si comincia a chiedere perché mai non abbia ancora trovato i suoi canali naturali. Il Consiglio di Sicurezza, cioè il «governo» dell'Orni, quello che a suo tempo ha deciso l'intervento in Somalia e ha dato ai Caschi Blu le direttive cui attenersi, continua stranamente a tacere. Fino a ieri non risultava neppure convocato, e il fatto che non senta il bisogno di dire la sua su una cosa come la controversia fra il comando dell'operazione e uno dei Paesi che vi contribuiscono di più è a dir poco bizzarro. Ma allo stesso tempo diplomatici e osservatori si chiedono come mai da parte dell'Italia non siano stati compiuti i passi necessari perché a quella discussione si arrivasse. Alla domanda se la rappresentanza italiana avesse chiesto al Consiglio di Sicurezza di riunirsi (unico modo di trasformare le dichiarazioni di fuoco che si fanno a Roma in un concreto atto di politica internazionale), ieri era impossibile rispondere. L'ambasciatore Fulci è in Italia e gli altri diplomatici sono assenti. Così, mentre l'Italia si trova a vivere uno dei momenti più caldi della sua politica estera, l'immagine che proiettava all'Onu era quella del deserto. [f. p.]