«Ho ucciso Giampiero perché sono malato»

Cronaca Delitto nell'ex manicomio: si costituisce l'assassino «Ho ucciso Giampiero perché sono malato» Lo sorreggono due agenti, sale con difficoltà le scale della questura. «Tutto bene Carlo?» gli domanda un funzionario. Lui sorride, gli occhi fissi a terra: «Sì, anche il giudice ha capito che non sto bene, che sono malato in testa; e ha promesso che non mi manderà in carcere ma in ospedale». Carlo Di Meo ha 38 anni: ha confessato di aver ucciso la scorsa sera a Collegno, in un padiglione dell'ex ospedale psichiatrico, Giampiero Mollo, 50 anni. Lo ha convinto ad entrare nella vasca da bagno, poi lo ha soffocato, gli ha stretto al collo il flessibile della doccia. «L'ho fatto perché sto male, da mesi nessuno mi guarda». Sembrava il «giallo del manicomio»: è invece amara storia di due persone, prigioniere della malattia che si portano dietro fin dalla nascita. Aveva telefonato lui stesso per dare l'allarme. Prima ai carabinieri: «Andate a cercare un morto nella vasca». Poi alla polizia. La voce di Di Meo è registrata: «Sentite, vi devo dire una cosa. Ieri sera ho fatto una stupidaggine. Ho ammazzato una persona. Sono un ammalato, una malattia mentale. Sono già stato in manicomi criminali. L'ho affogato, gli ho stretto al collo il cordone della doccia». La voce ha un forte accento dialettale: «Il corpo è dentro l'ospedale di Collegno. Ho paura di essere trattato male. Mi costituirò, ma prima devo uccidere due o tre persone». Queste due telefonate hanno portato carabinieri e polizia tra quei padiglioni che ospitano ancora ammalati gravi. Il corpo di Mollo era nella vasca piena d'acqua. A terra alcuni indumenti femminili e una multa, con il nome di Di Meo: era stato sorpreso su un tram senza biglietto. Quel foglio, la testimonianza di altri ammalati («Abbiamo visto un ex ricoverato»), certi particolari forniti dallo stesso Di Meo nella telefonata («Sono stato in un manicomio criminale»), hanno portato alla sua identificazione. E, racconta il vicequestore Salvatore Longo, capo della sezione omicidi, «abbiamo scoperto che da mesi trascorreva le giornate girando da un centro all'altro, il Cottolengo, la Caritas, le suore di via Nizza. Abbiamo seguito questo suo peregrinare». Carlo Di Meo (difeso dagli avvocati De Sensi e Chendi) si è costituito. Alle 21 si è fermato accanto ad una volante in servizio davanti alla Sinagoga, in via San Pio V: «Sono l'assassino che cercate». In questura ha raccontato frammenti della sua vita: «Ero piccolo, mia mamma è andata via di casa. Mio papà mi picchiava. Sono finito in un istituto, poi in manicomio». Ai magistrati, il dottor Corsi e la dottoressa Trovati, ha parlato di Giampiero Mollo: «Lo conoscevo, siamo stati in ospedale assieme». Mollo era un oligofrenico, incapace di intendere e di volere. «Gli ho passato attorno al collo il cordone della doccia». Poi, ancora gli occhi fissi a terra: «Dottoressa per favore non mi metta in una cella. Ho paura del buio». Ezio Mascarino Carlo Di Meo (a sinistra) ha confessato di aver ucciso Giampiero Mollo: «Sono stato in alcuni manicomi: ho fatto una stupidaggine»

Luoghi citati: Collegno