«Coperto» addio di Edoardo Ballone

La storia non fa paura Ristoranti: si comincia dopo le vacanze «Coperto», addio Una voce solo italiana Si dice che a Torino nascano le grandi idee che, prima o poi, emigrano e vengono applicate in altre città della Penisola. Stavolta sta accadendo il contrario. Il 6 luglio, duecento ristoranti di Roma hanno abolito il «pane e coperto», una voce del menù che incuriosisce i turisti stranieri (specialmente i tedeschi che il pane, al loro Paese, se lo pagano a pezzo) e che da sempre è mal sopportata dal consumatore italiano. L'iniziativa, annunciata dal presidente dei ristoratori romani, Giorgio Bodoni, è piaciuta anche ai torinesi: così ieri Bruno Libralon, titolare dell'Antica Zecca di Caselle e presidente dell'Unione Regionale Cuochi Piemontesi, ha dichiarato: «Sono d'accordo con quelli di Roma e anche nel mio locale, dal primo settembre scomparirà dal menù la contrastata voce "pane e coperto". Sono certo che anche i miei colleghi, almeno nella maggioranza, mi seguiranno. E come presidente dell'Urcp cercherò di convincerli». Dunque, due parole che da sempre caratterizzano la ristorazione italiana e che nel resto d'Europa sono inesistenti stanno per essere cancellate dal menù. Resistevano ufficialmente dall'800.1 ristoranti le avevano messe nel conto a fianco di carne, pesce, verdura e frutta come retaggio di un'abitudine seicentesca: quella di entrare in osteria già con il proprio cibo per farlo scaldare e consumarlo. L'oste, da parte sua, metteva a disposizione il pane, le tovaglie e le posate, cioè «il coperto». Usanza che è diventata consuetudine e poi pedaggio sino ai giorni nostri. «Pedaggio davvero anacro- nistico che è giusto togliere ribadisce Ugo Massaglia del Galantòm di Fiano e presidente dell'Associazione Cuochi Torinesi -, solo in Italia c'è questa voce, senza contare che al cliente resta pure da pagare il cosiddetto "servizio", cioè il cameriere che dovrebbe essere, come spesa, a carico del ristoratore». A Torino sono pochi quelli che includono nel conto anche quest'altra voce. Uno è Carlo Bagatin, dei «Due Lampioni», che però promette: «Anch'io la abolirò, o meglio in effetti l'ho già fatto forfettizzandolo sul prezzo totale». Tra coperto e servizio molti ristoranti appesantiscono il conto di un buon 20-30 per cento. Basti pensare che persino le pizzerie, che usano i tovaglioli di carta, fanno pagare 1500-2000 lire il coperto e la cifra sale a 6000-8000 in alcuni ristoranti blasonati. Assurdo. «Sì, sarà assurdo, ma attenzione alle facili filosofie» puntualizza Moreno Grossi, patron della Nuova Smarrita di piazza Carlo Alberto, uno dei ristoranti più «in» di Torino e anche fra i più cari (sulle 90100 mila). Perché si scomoda la filosofia? «Perché è giusto abolire il coperto, e io lo farei anche da domani, ma che dire poi del ricarico? Sparisce la voce, ma i costi restano, e allora perché io dovrei rimetterci?». Come dire che il requiem per il «pane e coperto» si trasformerà in un'alleluja per chi vorrà «ricaricare» il prezzo del pranzo e della cena: e il ricarico per una cifra che se ne va potrebbe significare, per bene che vada, nessuna diminuzione dell'esborso complessivo da parte del cliente. Se non addirittura un aumento. Staremo a vedere. Cataldo Marcone, della trattoria «Baffo», è in un certo senso il portavoce dei locali a buon mercato: «Sì, cancelliamo pure il coperto, ma da me se vengono tre operai per mangiare solo tre panini e per giunta mi sporcano le tovaglie, io dove lo metto 'sto ricarico?». Edoardo Ballone Libralon (sin.) con Renato Vai dell'Antica Zecca il primo ristorante che abolirà il «coperto» da settembre

Persone citate: Bruno Libralon, Carlo Bagatin, Cataldo Marcone, Giorgio Bodoni, Libralon, Moreno Grossi, Renato Vai, Ugo Massaglia

Luoghi citati: Europa, Fiano, Italia, Roma, Torino