Novalesa 20 anni di «ora et labora»

Invitato alle celebrazioni anche il presidente Scalfaro: si spera in un suo intervento per i restauri dell'abbazia Invitato alle celebrazioni anche il presidente Scalfaro: si spera in un suo intervento per i restauri dell'abbazia Novalesa, 20 anni di «ora et labaro» / benedettini festeggiano il ritorno dall'esilio Vivono in solitudine, ospitando i pellegrini che cercano momenti di preghiera e meditazione. Fedeli alla regola dell'«ora et labora» di San Benedetto, dall'alba al tramonto alternano le orazioni al lavoro: sono i monaci benedettini dell'abbazia di Novalesa, che in questi giorni escono dal loro isolamento per festeggiare, fino al luglio '94, il ventennale del loro ritorno al monastero, avvenuto il 14 luglio 1973 dopo un «esilio» di 120 anni. I monaci hanno invitato alle celebrazioni il Presidente della Repubblica, nel cui intervento sperano anche per accelerare i restauri del complesso religioso. I benedettini erano stati cacciati dall'abbazia nel 1855, per effetto delle «Leggi Siccardi» che decretarono la confisca degli edifici religiosi a vantaggio dello Stato. Il priore Giovanni Lunardi: «Il nostro monastero, fondato nel 726, ha conosciuto in più di 1200 anni distruzioni e saccheg¬ gi, alternati a periodi di splendore. Nel 1862 l'edificio fu messo all'asta e trasformato in una casa di cure idroterapiche. Nel 1880 divenne residenza estiva del Convitto Nazionale Umberto I, nel 1971 ha rischiato di trasformarsi in un albergo. Due anni dopo, l'abbazia è stata acquistata dalla Provincia». Il 14 luglio 1973, tre giorni dopo la solennità di San Benedetto, tornarono a Novalesa quattro benedettini partiti dal monastero di San Giorgio a Venezia: «Quando sono arrivati qui, si sono messi le mani nei capelli. Il monastero era ridotto a un rudere: nelle notti di pioggia dormivano con l'ombrello aperto sul letto». In vent'anni i monaci sono saliti a 11, tra i quali due novizi. Vivono poveramente dei frutti del loro lavoro: tre monaci restaurano libri antichi per conto dell'Archivio di Stato e della Biblioteca Reale. Due sono addetti al recupero di arredi sacri, con un paziente lavoro di trasporto di ori e ricami antichi su tessuti nuovi. Altri due religiosi si dedicano all'informatizzazione della biblioteca, che conserva tra i suoi 32 mila volumi un minuscolo codice, le cui pagine hanno la superficie di un centimetro quadrato, con le lettere di Galileo Galilei. Uno bada all'orto e a allevare conigli, e tutti quanti, a turno, si dedicano alle faccende domestiche. Quando non lavorano, cantano lodi o pregano il Signore. La tv è permessa solo dalle 13,30 alle 14, ma il priore non la guarda da tre anni: «Non ho tempo. Qui c'è sempre tanto da fare». Dal '73, sono state restaurate tre delle quattro cappelle, parte della chiesa dei santi Pietro e Andrea e dell'ala occupata dalle celle dei monaci. «Il chiostro, la biblioteca, la chiesa e l'ala Sud dice il priore - sono fortemente degradati, servono miliardi. Alcuni fondi sono stati stanziati dalla Crt, altri dalla Soprintendenza, ma i lavori vanno a rilento. Abbiamo invitato a farci visita il Presidente della Repubblica, cui abbiamo chiesto una conferenza su San Benedetto a chiusura delle celebrazioni. Se verrà, forse prenderà anche provvedimenti per accelerare i lavori». Per festeggiare il ventennale, al monastero è in corso una mostra sulla storia dell'abbazia. Punti forti nel calendario di festa, il 30 novembre e l'8 dicembre, poi la ricorrenza di Sant'Eldrado a marzo '94, chiusura per la solennità di San Benedetto l'I 1 luglio del prossimo anno. Giovanna Favro Il priore del monastero benedettino Giovanni Lunardi «I nostri religiosi sono tornati qui nel 1973 dopo la cacciata a metà del secolo scorso in seguito alla legge Siccardi»

Persone citate: Galileo Galilei, Giovanna Favro, Giovanni Lunardi, Scalfaro, Siccardi, Umberto I

Luoghi citati: Novalesa, Venezia