Dalla Cambogia con carta bollata dall Australia con la frusta

Notte in tv per cinefili nevropatici lettere AL GIORNALE Dalla Cambogia con carta bollata, dall'Australia con la frusta Il mio scoop con i Khmer rossi Scrivo in riferimento all'articolo apparso su La Stampa di sabato 10 luglio, dal titolo «Dalla Cambogia con furore». Terzani ha ragione. Il «mitico» Edgar Snow riuscì laddove altri colleglli fallirono. Lungi dal paragonarmi al mitico Snow, ho detto e ripetuto che devo il mio «scoop» solo a un minimo di iniziativa - che certe «old hands» spesso non hanno - e a molta fortuna. Non sono più bravo di Terzani e dei suoi colleghi: semplicemente, accetto gli inviti. Mi risulta che anche Tiziano ne abbia ricevuto uno dai Khmer rossi, prima ancora di me, e che l'abbia declinato dicendo «mica sono matto, quelli mi vogliono ammazzare». Raggiungere i Khmer rossi è molto più facile di quel che sembri. Non c'è riuscito solo Pio d'Emilia del Manifesto (insieme con due colleghi giapponesi), ma anche Luisa Vastani, di 7V Sorrisi e Canzoni*. Quanto al «verdetto», cui accenna Di Robilant nel suo pezzo, non c'è bisogno di aspettare l'istituzione del tribunale internazionale dei giornalisti. Basta attendere la sentenza del tribunale di Zurigo, dove mi sono rivolto per tutelare la mia dignità professionale e denunciando il collega Johannes von Dohanny, della Weltwoche, per diffamazione. Terzani non l'ho ancora denunciato: c'è ancora qualcuno interessato a pubblicare le sue ispirate analisi dell'Asia, ma non a seguirlo in questa villanissima, e personale, polemica. Al Corriere e allo Spiegel l'hanno mandato a quel paese, esattamente come ha fatto il direttore del Manifesto, Pintor. Pio d'Emilia, Tokyo Punizioni corporali per alunni svogliati Sul numero del 10 luglio de La Stampa è apparso un articolo riguardante l'uso ancora piuttosto diffuso e approvato delle punizioni corporali in Inghilterra. Vorrei far presente che in un altro Paese di tradizione anglosassone, l'Australia, tale uso è tutt'oggi comune nelle scuole pubbliche. Mia sorella vive da anni in Australia e ha una figlia quindicenne. Nella scuola da lei frequentata a Brisbane vige l'uso di frustare davanti alla classe riunita gli studenti colpevoli di scarso rendimento o indisciplina. Anche mia nipote tempo fa è stata punita con dieci colpi di frusta per aver trasgredito al divieto di fumare nella scuola. Tali metodi, che troppo facilmente oggi vengono giudicati brutali e umilianti, penso siano indispensabili per inculcare nei giovani il senso della disciplina. Paola Lombardi, Vercelli Anche ai preti servono le coccole Ho letto con interesse l'intervista fatta al professore sacerdote Piero Balestro (La Stampa del 7 luglio) sull'utilità «di farsi le coccole per vincere le nevrosi»... Fa sempre piacere constatare questo anche quando il tutto viene recepito dall'ambiente ecclesiastico con qualche secolo di ritardo (Sigmund Freud insegna). Avendo fatto alcuni anni di riformatorio seminaristico assieme, pur sapendo che si tratta di un discorso parziale, vorrei chiedere al prof. Balestro se questo aspetto delle coccole serve soltanto per i laici o non sia altrettanto utile anche per il clero. Possibile che in pratica a questa categoria, ufficialmente, sia riservato solo l'abbracciare i lucernari in cemento di Italia 61 o il dover portare il sacrestano in un cinema a luci rosse dove c'è l'arresto per atti osceni...? (Vedi il caso recente d'un povero parroco di una borgata di San Mauro Torinese). Lo so! Lo so che il clero non è tutto qui!... Ancora: il prof. Balestro circa il contenuto «aperto» del suo li- bro afferma che i superiori ecclesiastici hanno più intelligenza di quello che noi si possa pensare. Perché allora Piero Balestro non potrebbe scrivere pubblicamente anche qualcosa di specifico sulla uguale assoluta necessità delle coccole per il clero? Magari pubblicare il tutto nelle stesse Edizioni Paoline come il suo libro attuale? Con la serena liberalità esposta nelle sue pagine non dovrebbe il prof. Balestro essere logicamente e pubblicamente d'accordo che una donna, amata da un sacerdote, abbia diritto di vivere a del sereno le straordinarie emozioni dei suoi occhi allorché incrociano quelli del suo lui? Pur avanti negli anni, vi giuro che si tratta di straordinari adolescenti che sanno amare come se fosse la prima volta. Sono già ottomila in Italia. Orbitano attorno a una loro libertaria associazione «sulla strada». Il 18 agosto si incontreranno a Alcobendas, a dieci chilometri da Madrid, con movimenti analoghi internazionali. Saranno lì per difendere e accudire la loro e altrui iniziata serenità affettiva. Personalmente l'anno prossimo resterò in attesa anche degli ultimi che le lettrici del giornale riusciranno a conquistare. Come? E' semplice... Basta iniziare con una apparentemente innocente coccola. Rodolfo Percelsi, Torino Due conti sul paradosso lei Accingendomi a pagare l'Ici, ho fatto, come si dice, mente locale al problema, e ho trovato quanto segue. 1) Lo Stato dapprima assegna a un immobile una rendita catastale, diciamo per esempio L. 2.000.000. 2) Poi stabilisce che il valore dell'immobile è pari a 100 volte la rendita catastale, quindi nel 1 caso dell'esempio 200 milioni di lire. Ciò significa anche, inversamente, che la rendita immobiliare è valutata all' 1% del valore. 3) Una volta stabilito questo, viene introdotta un'imposta annua, l'Ici appunto, del 5 per mille (ma potrebbe essere anche maggiore) sul valore dell'immobile, cioè pari al 50% della rendita catastale! Poiché su questa rendita grava già l'Irpef - con aliquota non determinabile a priori perché dipende dal cumulo dei redditi, ma comunque difficilmente inferiore al 20-25% - in effetti lo Stato preleva sulla rendita immobiliare, come da esso stesso valutata, più del 70%. Ora ciò, oltre a essere paradossale nella forma, è anche iniquo nella sostanza. E' vero che le rendite catastali sono notevolmente inferiori alle rendite effettive, e quindi un moltiplicatore di 100 per arrivare al valore dell'immobile può essere giustificato. Ma l'uso di un moltiplicatore unico presuppone che le rendite catastali siano tutte sottovalutate nella stessa misura percentuale, e questo non è vero. Mentre sono di certo assai sottovalutate per gli immobili situati in posizione centrale nelle grandi città, 10 sono assai di meno nelle periferie e nei piccoli Comuni, e talvolta (per es. per immobili molto mal ridotti) possono perfino risultare maggiori di quelle effettive. Ancora una volta dunque abbiamo un provvedimento fiscale che incide alla rovescia: quanto più l'immobile è modesto tanto più l'Ici incide sulla sua rendita effettiva; quanto più l'immobile è lussuoso e di pregio tanto minore è l'incidenza dell'Ici. Pietro Manes, Milano 11 «fiume» ringrazia Di Pietro Il fiume andrà al mare malgrado le reti e le bombe per imbrigliare e intorbidire le acque e fare del fiume un infimo stagno per una iolce vita di alligatori, pirana e sanguisughe. Il fiume andrà al mare, e nessun «Caronte», dolente per la sua genia, ora alla gogna, salverà i mistificatori, gli usurpatori e i saccheggiatori delle nostre virtù e dei nostri affanni. Il fiume andrà al mare, anche se uno di loro fa appelli contriti per ignorare le leggi e altri si en tusiasmano o nicchiano sornioni a questi stentorei appelli per salvare i fratelli-compagni. Il fiume andrà al mare, perché il fiume siamo noi, il popolo ita liano, che con la coscienza dello spirito perverso, omesso e utopico della sua classe politica, ha sconfitto e travolto: sicari, carnefici, demagoghi e megalomani Né con canti di sirene né sotto mentite spoglie, mai più risali ranno il fiume. Il fiume dice grazie a Di Pietro, a Borrelli e a tutti loro. Non si dolgano del gracchiare sconcio o del dito alzato di uno e di alcuni, è solo un ultimo atto osceno di una casta maledetta che non vuol morire, anche se ormai non è più di questo mondo. Mendes Leoni Bocchi Marola (La Spezia)