Bergkamp: l'Inter è fatta per me

Pellegrini vara una squadra da scudetto e indica in Milan e Juve le rivali da battere IL RADUNO DELLA REGINA D'ESTATE Pellegrini vara una squadra da scudetto e indica in Milan e Juve le rivali da battere Bergkqmp: lfInter è fatta per me «Mi spiace per laJuve, ma la mia scelta è giusta» MILANO. Che strano effetto l'Osvaldo incravattato. E Zenga, con quegli occhialini psichedelici, da discoteca, e un similcodino, ma proprio «ino». Il raduno di una grande squadra, e l'Inter lo è, soprattutto dopo quel popò' di mercato, assomiglia sempre più al varo di una portaerei. Poco importa che il rito si compia all'asciutto, e il mare sia solo di folla. Stabilire quanti tifosi siano accorsi alla cerimonia, non è facile: c'è chi dice 2000 abbondanti (un vigile interista) e chi 1500 scarsi (un vigile milanista). L'albergo è pattugliato e transennato. Il sole, ferocemente a picco. Inter-Inter urla il popolo quando i giocatori si affacciano sul terrazzo, benedicenti e raggianti. I cori d'attesa coinvolgono il Marsiglia, i primi insulti della stagione sono tutti per il Milan. Bergkamp e Jonk si guardano negli occhi: oh my God, oh mio Dio. E' un'Inter da scudetto. Dei titolari, manca Sosa, in Uruguay per le qualificazioni mondiali: rientrerà a settembre. Ci sono, in compenso, Pancev e Shalimov. La società sta facendo di tutto per darli via, ma loro niente, da qui non ci muovia¬ mo. Bagnoli: e se fosse un segno d'attaccamento? Ernesto Pellegrini arriva che sono già tutti in sala. «Colpa» della causa intentatagli dal fratello Giordano, per il controllo della Pefin, la finanziaria di famiglia: ennesima udienza, ennesimo rinvio. Il presidente sollecita un minuto di silenzio in memoria di Alberto Zardin, il giornalista della Gazzetta dello Sport scomparso a maggio, grande interologo, e poi prende per le corna la nuova stagione. Non ha lo stile devastante di un Bossi, e neppure quello accademico di un Berlusconi. Ha il timbro di un placido fiume, e non di un Mississippi in piena. Indica nel Milan la squadra «ancora» - da battere, invita a non fidarsi della Juve, «che cerca abilmente di nascondersi», sprona i tifosi ad abbonarsi, declama le virtù che ama: umiltà, serietà, entusiasmo. Un drappello di olandesi circonda Jonk e soffoca Bergkamp, scortato da mamma e papà. «Mi spiace per la Juve dichiara Bergkamp -, ma resto dell'idea di aver scelto la squadra più adatta alle mie caratteristiche». Zenga, da parte sua, comunica il ritorno in video (su Odeon), prenota la nazionale insieme con Ferri - «Bagnoli è il mio veicolo per arrivare a Sacchi» -, promuove la pay-tv ma ne boccia l'orario («demenziale la sera della domenica: e d'inverno?») e pronuncia quella parola che tutti, per scaramanzia, nascondono: scudetto. La novità dell'Inter è la panchina lunga, la rosa ampia, quell'odore di polvere da sparo che, come insegna il Milan, accompagna i forzati del turn over. La lista distribuita ai giornalisti fissa il numero dei titolari a 21. Bagnoli lascia aperte tutte le porte: «Ho sempre pensato che, in condizioni normali, fosse pericoloso avere troppi giocatori. Trovo invece che, di fronte a un calendario così fitto, sia doveroso. Campionato, Coppa Italia, Coppa Uefa, nazionali: ci aspettano dieci mesi di fuoco». Schillaci fiuta il vento e confessa: «Spero di continuare a far parte di questo gruppo». L'allenatore, in effetti, non ne è sicuro al cento per cento. Ma intanto se lo tiene. In attesa di Sosa, proprio Totò potrebbe fungere da prima punta: lui, o Pancev, o Fontolan. Il quale Fontolan potrebbe pure mascherarsi da fluidifi- cante, laddove, per il momento, non è rimasto che Tramezzani. Di sicuro, Bergkamp opererà da attaccante aggiunto. E il progetto del doppio centrale, Manicone-Jonk, non esclude la difesa a 5: parola del mister. La filosofia dell'Osvaldo non è mai banale: «L'anno scorso era facile parlare di miglioramenti, vista la stagione fallimentare dalla quale l'Inter era reduce. Ma quest'anno, dal momento che siamo arrivati secondi, migliorarsi significa arrivare primi. L'Oscar del mercato lo assegno al Parma. Vedo molto bene anche la Juve, con quel Dino Baggio sempre più vicino a Tardelli e l'altro, Roberto, a Platini, e la Lazio. Il Milan? Lo considero pari a noi, anche perché, se vincesse il terzo scudetto di fila, comincerebbe a rompere le scatole». Mentre Dell'Anno accetta il paragone con Suarez «solo sul piano dei (pochi) capelli», Bagnoli chiosa così il suo blitz di giugno allo stage azzurro di Sacchi: «Più sai, più hai da dare». Ieri pomeriggio, prima sgambata ad Appiano. La regina d'estate ha fretta. Roberto Beccantini A Lillehammer, per i Giochi invernali 1994, c'era il progetto di usare nelle mense olimpiche, piatti di amido di patate, da fare poi mangiare ai maiali. Opposizione dell'industria norvegese, impreparata a questa produzione, e scelta di piatti in carta riciclabile. Manca il parere dei maiali, ma chissà se avevano domande da porci. A destra lo schema di gioco della nuova Inter; Bergkamp è contento: questa è la squadra per me

Luoghi citati: Italia, Lazio, Lillehammer, Milano, Uruguay