Con l'estate si squaglia la Russia

Frana indipendentista contro il progetto costituzionale del Presidente Frana indipendentista contro il progetto costituzionale del Presidente Con Pestate si squaglia la Russia // sindaco: Mosca alla fame MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Anche la Siberia meridionale en-* tra in campo contro il centro moscovita. Ieri le tre piccole Repubbliche di Aitai, di Tuvà e di Khakazia hanno dichiarato la costituzione di un'alleanza al fine di «rafforzare la propria sovranità statale all'interno della Federazione di Russia». La slavina autonomistica assume, di giorno in giorno, proporzioni sempre più vistose. Le Repubbliche rispondono alla mossa delle Regioni, che rivendicano il diritto di «salire di status». Le une e le altre si contrappongono al governo centrale, che non sa che pesci pigliare per frenare la parata delle sovranità. L'intera Russia è in ebollizione. I primi a scatenare l'ondata erano stati, ima settimana fa, i conterranei di Boris Eltsin. La Regione di Sverdlovsk (capoluogo Ekaterinburg) si era proclamata Repubblica. Subito imitata, qualche giorno dopo, dalla Regione di Vladivostok, autoelevatasi al rango di «Repubblica di Primorie» (come dire: Repubblica della Costa). Celiabinsk, sul versante occidentale degli Urali, non ha perso tempo e ha fatto altrettanto. Arrivando comunque dopo la Regione di Vologdà. E si annunciano anche le Repubbliche di Tomsk e Krasnojarsk, entrambe siberiane. Nel frattempo la Repubblica di Jakutia minaccia di proclamare lo stato d'emergenza economica per fare fronte all'assenza di investimenti statali. Il che significa, tra l'altro, che oro e diamanti dell'estremo Nord potrebbero presto prendere la via dei mercati occidentali senza fare più sosta a Mosca. Perfino le piccole entità autonome dei Khanti-Mansij e degli Jamalo-Nenetsij hanno fatto sentire ieri la loro voce in segno di protesta per essere trattate da Mosca come vacche da mungere (ma nella stessa città del Cremlino la situazione è tale che ieri il sindaco Yuri Luzhkov ha spedito una lettera urgente al primo ministro Cernomyrdin per segnalare la drammatica carenza di generi alimentari nella città: «Ogni rinvio di misure per rifornirci di cibo potrebbe avere conseguenze gravissime alle quale sarebbe poi difficile porre rimedio», scrive il primo cittadino della capitale «sfruttatrice»). Nessuno afferma, per ora, di voler «uscire» dalla Federazione (salvo quelli di Tuvà, che dichiarano di stare esaurendo la pazienza), ma è ormai evidente che l'avvenire costituzionale della Russia dipenderà dalla soluzione di questa disputa. L'assemblea costituzionale voluta da Eltsin si è rivelata una mossa poco saggia. Doveva servire per mettere definitivamente fuori gioco il Parlamento centrale, per liquidare l'arcinemico Ruslan Khasbulatov. Eltsin e i suoi consiglieri erano convinti di ottenere l'alleanza dei «soggetti della federazione» contro il Soviet supremo concedendo loro più vaste autonomie, sempre meno conciliabili, peraltro, con l'idea di uno Stato «unico e indivisibile». Il gioco sembrava valere la candela. E' accaduto invece che il progetto costituzionale è servito come detonatore per far esplodere i dissensi tra il centro e le periferie, composte di soggetti in linea di principio «tutti uguali» rispetto al centro, ma divisi in «Repubbliche» (entità etniche) e «territori» (entità amministrative a prevalenza o totalità russa). Per giunta dotate le prime di una propria costituzione, propri organi statali, propria legislazione, proprio sistema di tassazione etc, mentre i secondi rimarrebbero soltanto interlocutori amministrativi del potere centrale. L'assemblea costituzionale ha potuto dunque approvare a grande maggioranza il progetto di nuova costituzione voluto da Eltsin, ma si è trattato della classica vittoria di Pirro. Peggio, la votazione di un'assemblea «docile» e opportunamente «selezionata» non ha potuto nascondere la mancanza di unanimità. E le defezioni dei 62 astenuti e dei 63 contrari nascondono molto di più di un 20% di dissensi. Quasi tutte le Repubbliche - è tra queste il Tatarstan, il Bashkortostan, la Jakutia - hanno detto no a una costituzione che, a loro giudizio, non garantisce la sovranità dei «soggetti». Naturalmente si tratta di illusioni. Né Repubbliche, né Regioni possono realisticamente sopravvivere fuori della Federazione russa. Ma il punto è un altro. La diaspora ha già superato i confini etnici e coinvolge i russi di Siberia, di Karelia, degli Urali. Un potere centrale debole e litigioso invita tutti a cercare soluzioni indipendenti. Per questo la Russia si disgrega, come si disgregò l'Urss. Giuliette Chiesa Tre Repubbliche reclamano «più sovranità» E altre sei giocano al rilancio Il presidente Boris Eltsin incontra sempre nuovi intoppi nel costruire la «sua» Russia

Persone citate: Boris Eltsin, Cernomyrdin, Eltsin, Giuliette Chiesa, Ruslan Khasbulatov, Yuri Luzhkov