Tanta voglia di lottizzazione di Augusto Minzolini

Tanta voglia di lottizzazione Tanta voglia di lottizzazione Ipeones da «Un cattolico alla direzione» VIALE MAZZINI E IL PALAZZO ROMA. Ore 17, il consiglio di amministrazione della Rai elegge il primo presidente dell'azienda della fase del «dopo-lottizzazione». Ore 19 e 40: da Montecitorio parte un telegramma per il nuovo «numero 1» di viale Mazzini a firma di un deputato de, Giuseppe Torchio. «E' stupefacente - vi si legge - che nel giorno dell'insediamento del nuovo consiglio d'amministrazione il Tg3 della sera si sia collegato in diretta con Italia Radio - emittente del pds - nella cui sede Occhetto rispondeva in diretta ai pidiessini di Radicofani... Il buon giorno si vede dal mattino». Non solo. Basta fare due passi in Transatlantico per incontrare il de che reclama il direttore generale «cattolico» per controbilanciare il laico Demattè. «E' chiaro spiega l'ex ministro Remo Gaspari - che adesso il direttore generale deve essere della nostra area, altrimenti sarebbe scorretto. A me queste nomine che hanno fatto non piacciono. L'importante, comunque, è che la Rai sia neutrale se no facciamo un'altra codificazione. Non possiamo mica andare avanti sempre alla stessa maniera, visto che per noi il problema è uno solo: quelli che mettono i comunisti o come si chiamano ora, i pidiessini, fanno sempre i comunisti; quelli che, invece, mettiamo noi fanno i pappamolle». No, proprio non c'è niente da fare, anche nella Rai e sulla Rai del «dopo-lottizzazione» i discorsi non cambiano. L'andazzo, insomma, rischia di rimanere lo stesso. Negli attuali partiti, o in quelli che stanno venendo alla ribalta per sostituirli, c'è un riflesso condizionato che li porta a porre una sola domanda ogni qualvolta si parli di Rai: a noi cosa tocca? Nessuno ne è immune, né i vecchi de, né i nuovi; né i vecchi comunisti, né il nuovo pds; né i vecchi socialisti, né i nuovi socialisti. Per non parlare, poi, della Lega: appena vinte le elezioni a Milano Bossi non ha trovato di meglio che reclamare il Tg3 per i suoi. Forse è vero: la «lottizzazione» fa parte del codice genetico della Rai. Al massimo possono cambiare gli aggettivi che vengono accomunati ai nomi del «lottizzato»: una volta andavano di moda, ad esempio, i presidenti psi e i direttori generali de; adesso, invece, è quasi una legge non scritta quella che vuole accanto al «laico» Demattè un direttore generale cattolico. I nomi che circolano per la successione a Pasquarelli si attengono rigidamente alla «regola»: si parla di Gianni Locateli!, amico di Mino Martinazzoli, di Emmanuele Milano, con una carriera in Rai all'ombra della de e ora a Tmc, di Corrado Guerzoni, già collaboratore di Aldo Moro e, infine, di Giuseppe Zaccaria, ex consigliere d'amministrazione in quota de. E, naturalmente, la nuova «regola», o meglio la nuova dizione della vecchia regola, non manca di suscitare polemiche. Solo che sono polemiche che vengono utilizzate a fini, si potrebbe dire, «lottizzatori»: ad esempio, il pidiessino Fabio Mussi non manca di criticare la candidatura di Locatelli alla direzione generale, «perché - dice - sanno tutti che è un de». Poi, però, quando si tratta di fare un nome alternativo non ha di meglio che proporre il nome di Guglielmi, attuale direttore della terza Rete, quella cioè di orientamento «filo-pidiessino». In altre parole l'obiettivo rimane lo stesso: far fuori Locatelli per mettere un nome «amico». Così, di fronte a tutto questo, anche nel «giorno» in cui i partiti dovrebbero uscire di scena a viale Mazzini, c'è chi non ha nessun imbarazzo a reclamare la poltrona del direttore generale per un «democristiano». «E perché non dovrei farlo?» chiede, ad esempio, il de Agazio Loiero: «Dovete mettervi in testa che la "lottizzazione" è la Rai». Ma è proprio così? Davvero la «lottizzazione», o meglio, la voglia di un'«appartenenza» o di una «copertura politica», pervade lo stesso modo di essere di quell'azienda e di chi vi è dentro? Certo per il passato, anche quello recente, non ci sono dubbi: l'expresidente, Pedullà, per fare un esempio, non ci ha pensato due volte sei mesi fa a firmare il documento dei ribelli psi quando ormai Craxi era finito. E per il futuro? Vittorio Orefice, da 40 anni alla Rai, non ha dubbi. Seduto in Transatlantico accanto al deputato de, Romeo Ricciuti, prevede: «Vedrete, alla fine non cambia niente. Anche per i nomi dei prossimi direttori dei Tg, saranno seguite le vecchie regole, al massimo cambieranno gli orientamenti interni. Per il Tgl si sta dando molto da fare il notista, Federico Sciano, vicino alla sinistra de. Al Tg3 mi dicono che si muove molto Italo Moretti». Un nome che fa sbalordire il povero Ricciuti, che commenta: «E pensare che quello l'ho raccomandato io tanto tempo fa al povero Malfatti, per farlo entrare in Rai». Augusto Minzolini E Mussi (pds) boccia Locatelli: «Tutti lo conoscono è democristiano» Orefice: «Alla fine nulla cambierà» Da destra l'ex ministro Remo Gaspari deputato de e Vittorio Orefice giornalista delTgl

Luoghi citati: Italia, Milano, Radicofani, Roma