Con i «parà» aspettando la vendetta

Il comando dei Caschi blu chiede reparti antiterrorismo. Recuperati i corpi dei reporter uccisi Il comando dei Caschi blu chiede reparti antiterrorismo. Recuperati i corpi dei reporter uccisi Con i «para», aspettando la vendetta Aria di attentati in risposta all'attacco dell'Orni MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO L'accesa polemica tra Roma e Washington sul ruolo del contingente italiano in Somalia potrebbe sfociare nel ritiro dei nostri soldati da Mogadiscio. «Esiste la possibilità», si limita ad affermare il ten. col. Gianni Fantini, portavoce del comando di Italfor, e lascia intendere che ogni decisione in tal senso esula ormai dall'ambito militare per ricadere nel campo politico. Spetterà alla diplomazia, in particolare all'inviato della Farnesina Enrico Augelli, assente da Mogadiscio da oltre tre settimane, di ricucire i rapporti slabbrati con il comando di Unosom e di rinsaldarne i contenuti la cui interpretazione discorde ha inquinato il clima di collaborazione all'interno della palazzina che ospita il vertice dei caschi blu. Ligio agli ordini trasmessi dal ministro della Difesa Fabbri e dal capo di stato maggiore dell'esercito il generale Bruno Loi ha accuratamente evitato di incontrare gli inviati della stampa italiana. Niente dichiarazioni ufficiali, nemmeno quelle ufficiose da carpire al volo sulla scalinata dell'ambasciata italiana. Ed il buon Fantini deve sudare sette camicie per sgusciare via dalle domande imbarazzanti che gli rivolgiamo a raffica. Come valutate l'attacco americano dell'altro ieri? «Non siamo in grado di effettuare l'analisi in quanto al di là delle fotografie aeree del sito bombardato non si conosce ancora l'elenco dei morti». Eppure la Somali National Alliance ha già distribuito i nominativi delle vittime... «Li confronteremo con i dati in possesso di Unosom». Infine sorvola sullo sgarbo americano di non aver preannunciato l'operazione alla sala radio di Ibis. Inutile insistere tuttavia a proposito del necrologio pubblicato dal bollettino del movimento di Aidid. Le discrepanze sulle informazioni raccolte a caldo dopo il blitz balzano subito all'occhio. Manca infatti qualsiasi ammissione di morte violenta di esponenti della cosiddetta ala dura della fazione Haber Ghidir: non compare ad esempio il nome di Abdullah Dolo Dolo, braccio destro del generale, mentre abbondano invece commossi riferimenti alla «tragica scomparsa» di intellettuali, politici e leader religiosi della stazza dello sceicco Mohamed Iman Aden che di recente era stato chiamato a consulto dall'ammiraglio Jonathan Howe, rappresentante del segretario generale delle Nazioni Unite Boutros Ghali, per discutere la pacificazione di Mogadiscio. Howe dal canto suo non intende incrociare le spade con Fabbri quando sostiene che «ogni posizione è benvenuta ma noi continueremo ad agire sulla linea del mandato del Consiglio di sicurezza ed è quella che intendiamo portare avanti». Poi le congratulazioni tardive: «Sono contento che gli italiani abbiano ripreso il checkpoint Pasta». Lista addomesticata quindi, di evidente sapore propagandistico che si evince anche dalla differenza nel computo delle vittime civili. Che sarebbero 73, oltre a 234 feriti, nella versione fornita dalla Sna rispetto alle 18 ammesse da Unosom. Intanto si è rifatta viva la stazione radio clandestina di Mogadiscio Sud, rasa al suolo il 17 giugno dai Cobra americani, che ha invitato la popolazione a scendere in piazza per scatenare «la guerra santa contro gli infedeli». La solita retorica insomma mitigata questa volta dalle parole di rammarico rivolte al «barbaro massacro» di 4 fotoreporter però condite da una plateale menzogna. Ad ucciderli, scrive l'organo di Aidid «Xog-Ogaal», sarebbero stati gli americani. Ieri i corpi straziati di Hansi Kraus dell'Ap e di Os Mayna della Reuter sono stati ricuperati e trasportati nella sala ardente allestita presso l'ospedale svedese. Per noi giornalisti rimasti in città circolare diventa sempre più precario poiché le scorte armate rifiutano spesso di accompagnarli ed il transito al chilometro quattro resta «off limits». Diradati pure i passaggi delle pattuglie multinazionali che preferiscono transitare su percorsi ritenuti sicuri. Stando a voci non controllate, il generale Cevik Bir, comandante turco di Unosom, avrebbe sollecitato l'invio urgente di speciali squadre antiterrorismo da sguinzagliare nelle zone del centro ad alto potenziale di rischio. Ci si chiede inoltre quale sarà l'assegnazione strategica dei 4000 soldati indiani attesi entro la fine del mese. Potrebbero sostituirsi al dispositivo italiano di Moga Nord qualora i nostri dovessero venire spostati ma è soltanto un'ipotesi. Di certo per il momento passa in secondo piano la diatriba sull'ingresso di un alto ufficiale italiano nel comando integrato diretto dal generale Usa Thomas Montgomery. Non per nulla il portavoce Fantini ha spostato l'accento sulla necessità di affiancare piuttosto l'ammiraglio Howe con un nostro rappresentante diplomatico. Un'idea, dicono ad Unosom, «tutta da verificare». Come pure lo è d'altronde l'eventuale risposta di rappresaglia da parte dei 1500 miliziani di Aidid decisi a vendicare la perdita del loro esecutivo politico. Alcuni emissari del generale avrebbero preso contatto con i notabili di numerosi quartieri allo scopo di censire le armi a disposizione nei depositi clandestini che erano sfuggiti ai rastrellamenti dei giorni scorsi. E non si esclude che proprio questa notte i ribelli facciano affluire dalla boscaglia, con il favore dell'oscurità, l'arsenale gelosamente custodito di mortai, lanciarazzi e cannoncini da 105 per effettuare una serie di attentati. I bersagli purtroppo non mancano visto che gli accampamenti alleati sono a tiro di chiunque. Piero de Garza rolli Sostenitori di Aidid mostrano il cadavere di un compagno ucciso [fotoansa]

Luoghi citati: Mogadiscio, Roma, Somalia, Unosom, Usa, Washington