TROPPI INDIZI, SMASCHERATA LA SIGNORINA RIGBY di Nico Orengo
TROPPI INDIZI, SMASCHERATA LA SIGNORINA RIGBY TROPPI INDIZI, SMASCHERATA LA SIGNORINA RIGBY LTORINO E sarebbe piaciuto farsi passare per una telefonista, una dolce signorina I Sip, lei, la torinese che sotto il beatlesiano pseudonimo di Elinor Rigby ha scritto i racconti di Un'americana a Parigi, pubblicati da Baldini & Castoldi. L'aveva confessato a Natalia Aspesi, dicendole che ha quarant'anni e che lavora alla Sip e che l'anonimato era dovuto al suo voler tenere «separata la mia vita professionale da quella di scrittrice». Ma il segreto questa volta è durato poco, troppi indizi la «signorina Rigby» ha seminato in città: vetrine stracolme di librerie amiche, richieste ad americanisti per una eventuale presentazione del suo libro, una festa, poche sere fa, in un vecchio e famoso locale «alternativo», gli Imbianchini, ai piedi della collina. E poi uno, soprattutto, che, secondo la sua ingenuità, avrebbe dovuto garantirle l'anonimato: il suo vero nome sotto le spoglie di traduttrice, Margherita Giacobino. Invece è proprio lei, Margherita Giacobino, stipendiata Inps, Elinor Rigby alias Sarah Blumenfield. Già perché il vero nome della falsa scrittrice Rigby è Blumenfield. Insomma a Margherita Giacobino deve piacere molto Pessoa e il suo gioco sugli eteronimi, deve piacere il gioco della maschera e del travestimento almeno quanto piace all'agenzia editoriale di Grandi & Vitali e alla Baldini & Castoldi che, non paghi dell'Anoni¬ mo de La Rivolta, l'hanno prontamente appoggiata e pubblicata. I racconti della finta Signorina Sip, ma la Giacobino ci abita vicino alla Sip, si svolgono in un universo completamente femminile, un mondo americano, anche se da certi errori di strade si direbbe che l'autrice non sia mai stata a New York, innamorato dell'Europa con capitale la Parigi di Gertrud Stein e le promenade di Nizza. Donne che si amano e s'inseguono, che litigano e si adorano, Anaìs Nin e Vita Sackyille West più tutte le languorose e pantere di tanto cinema americano Anni 30 e 40, una' galleria di clichés letterari, un remake di spettacolo dove non c'è ombra di nuovo, ma tutto è allegramente e divertentemente «riservito» con abilità postmoderna. C'è humour, ironia e parodia in queste storie «lesbiche», dove l'universo maschile è marziano e la «tappezzeria letteraria» tanta e cara al gruppo satirico Aspirina, con cui la Giacobino lavora. Ma basterebbero almeno un paio di racconti, «Un'americana a Parigi» e «Sesta Strada», dove una ragazza chiusa in una cabina telefonica attende l'assalto finale di un maniaco, per dire della Giacobino che ha un piglio fresco nel raccontare e che se avesse meno preoccupazioni di mascherarsi e di dare un taglio meno «scrittriciamericane-di liberazione-fernminista» potrebbe diventare un semplice e sensibile scrittore del comico. Nico Orengo
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