Scrittrici battaglia di stile

20 polemica. Carmen Covito attacca la critica Grazia Cherchi: «Premia chi usa ciliegine lessicali» Scrittrici, battaglia di stile Meglio Gadda o il linguaggio tv? IROMA E signore incrociano le armi: la scrittrice Carmen i Covito, autrice del best-sel 41 ler La bruttina stagionata, attacca la narratrice e critica Grazia Cherchi, rea di aver portato sull'altare, con una recensione entusiastica sull'Unità, un'esordiente, Laura Pariani, che - secondo quanto scrive la Covito sul Giornale di domenica 11 luglio - avrebbe il solo merito di essere «nata vecchia». E cioè di usare, nella sua opera prima Di corno o d'oro (Sellerio), un linguaggio pieno di «ciliegine lessicali», di praticare un pessimo «sperimentalismo regionalista» e di far il verso, in sostanza, al «solito Gadda buono per tutte le stagioni». La Pariani, in sostanza, nei suoi racconti ha usato un mix di italiano e di dialetto milanese, aggiungendoci persino qualche pizzico di spagnolo quando parla delle vicende di un emigrato in America Latina. Per la Cherchi si è trattato di un «felice impasto», per la sua sfidante di «antiquariato populista e folclorico». Carmen Covito se l'è presa anche con un'altra scrittrice alle prime armi, la siciliana Silvana Grasso, imputata di «impasti barocchi» e di «lingua artificiale» nelle Nebbie di ddraunara (La Tartaruga) che ha vinto il Premio Mondello, opera prima. Come reagisce la Cherchi alle obiezioni dell'autrice della Bruttina! Non ha alcun dubbio e difende la Pariani a spada tratta: «Altroché bozzettismo da Albero degli zoccoli come sostiene la Covito! D libro della Pariani è eccellente. E continuerò a consigliarne a tutti la lettura: per esempio, l'ho segnalato a Lalla Romano, che è una lettrice esigente. Lo ha definito "straordinario". Ma non è solo l'uso del dialetto che sorprende. E' l'impiego dell'italiano misto allo spagnolo: ne esce uno spaccato di società contadina che se fosse stato narra¬ to in italiano corrente avrebbe perso il suo pathos». E la Grasso, a sua volta, replica indispettita: «Vivo a Gela, sono più vicina all'Africa che all'Italia e non mi interessano le polemiche. Alla Covito vorrei dire solo una cosa: sono stata scoperta da Cesare Garboli che ha trovato nella mia scrittura un ascendente in Landolfi, non in Gadda». Paradossale, comunque, la conclusione del ragionamento della Covito: per fortuna che la tivù è riuscita negli ultimi decenni a creare una lingua italiana viva di fronte alla quale vengono smascherati gli sperimentalismi deteriori, i linguaggi di plastica e gli esordienti vecchi. «Ha ragione la Covito - sentenzia l'editrice della Tartaruga Laura Lepetit -, ci vuole un po' d'aria fresca per smitizzare i critici santoni come la Cherchi. Per quel che riguarda la mia autrice, la Grasso, è meglio che sia stata accu¬ sata di essere un'imitatrice di Gadda che non una nipotina di Busi, come è capitato alla Covito». Walter Pedullà non ritiene che oggi ci troviamo, nel linguaggio letterario contemporaneo, di fronte ad un eccesso di regionalismo: «Che ben ven- gano - sostiene il critico - le energie periferiche. Sono la linfa più vitale quando la lingua nazionale tende a inaridirsi. Negli Anni Ottanta ci siamo trovati a confrontarci con un fenomeno di anemia linguistica, con uno stile molto uniforme e poco caratterizzato. Fortunatamente esiste in letteratura un movimento simile a quello della sistole e della diastole. C'è un'alternanza delle scelte degli scrittori: è tornato il momento dello sperimentalismo come quello della Grasso». Sostenitore entusiasta delle Nebbie di ddraunara della scrittrice siciliana è Giampaolo Rugarli: «Sono racconti splendidi e tenibili, parlare di Gadda è fuori luogo perché la Grasso è ancorata alla realtà della sua terra. Ma non è certo una narrazione regionale. Tutto il contrario». Alle scrittrici che finiscono nel bozzettismo o in una lingua fuori del tempo la Covito, poi, contrappone infine l'opera di un'altra esordiente: Un'americana a Parigi, raccolta di racconti firmati con lo pseudonimo, ispirato alla canzone dei Beatles, di Elinor Rigby. Un libro che la Covito definisce «esilarante e raffinato». E questa volta è la Cherchi a far polemica con l'autrice della Bruttina: «Questi racconti sono veramente deludenti. La scrittrice, che è sicuramente un'italiana, rifa il verso a molti autori inglesi e americani tra cui Dorothy Parker. E' un falso che lascia veramente indifferenti: come un mobile '700 rifatto oggi». Come si difende l'autrice di Un'americana a Parigi che continua a voler mantenere l'anonimato? «Facendo a meno del realismo a mio parere si coglie meglio la realtà - dice la sedicente Elinor Rigby -. Io mi considero una scrittrice umorista e nei miei racconti c'è l'influenza della Clifford Barney, e di Twain, tra gli altri. Li ho presi a modello poiché gli scrittori italiani non li amo molto. Trovo molto fiacca la nostra lingua letteraria: l'unico che si salva è Busi. Non piaccio alla Cherchi? Pazienza, con i libri è come nella vita. Ci sono incontri fortunati e altri no». Mirella Serri recensione entuà, un'esordiente, e - secondo quano sul Giornale di o - avrebbe il solo «nata vecchia». E a sua opera prima (Sellerio), un lin«ciliegine lessican pessimo «sperinalista» e di far il , al «solito Gadda stagioni». da Cesare Garboli che ha trovato nella mia scrittura un ascendente in Landolfi, non in Gadda». Paradossale, comunque, esordienti vecchi. «Ha ragione la nalismo: «Che ben ven- Fra Grazia Cherchi, a sinistra, e Carmen Covito, è lotta per stabilire che cosa vale oggi in letteratura

Luoghi citati: Africa, America Latina, Gela, Italia, Parigi